Difensori della Sacra Proprietà e Hoplofobici. Il noioso teatrino della legittima difesa

da Photostream (foto)mobilitazioni & altro

Il seguente articolo è stato pubblicato su Umanità Nova numero 13 anno 99

Una buona parte del dibattito pubblico italiano degli ultimi mesi è stato impostato sui temi riguardante la legittima difesa e la diffusione di armi tra la popolazione civile. Già durante la campagna elettorale permanente degli ultimi anni la Lega Nord aveva posto al centro della sua propaganda la questione della difesa armata della proprietà privata; successivamente c’è stato l’ondata di polemiche, molto pretestuose, in merito alla ricezione della direttiva europea 477 ed infine il dibattito in merito alle modifiche della legge sulla legittima difesa, con il suo veloce corollario polemico in merito a un disegno di legge firmato da una settantina di senatori leghisti che, secondo alcuni, faciliterebbe l’acquisto di armi.

Per comprendere il senso di questo dibattito riteniamo sia necessario dare uno sguardo complessivo dei diversi temi che da esso emergono, senza rincorrere la sparata sensazionalista di questo o quel ministro o di personaggi francamente imbarazzanti del mondo pacifista; uno sguardo, quindi, che permetta di cogliere aspetti indicativi della situazione sociale.

Di là dei dati che indicano un continuo calo dei delitti gravi contro la persona, è palese che la “percezione della sicurezza” sia del tutto sbilanciata verso l’idea che i crimini gravi siano in aumento e che orde di banditi aspetterebbero il probo cittadino dietro l’angolo per rapinarlo. Da anni ripetiamo come questa situazione sia stata ricercata e voluta dalla classe dominante: non staremo quindi ad approfondire l’argomento.

In questo la propaganda leghista – ma anche di Fratelli d’Italia e di altri partiti – va a parlare al suo elettorato di riferimento, commercianti, piccola borghesia, pezzi delle aristocrazie operaie, piccoli e medi industriali, latifondisti, portando due messaggi a cui questo pubblico è sensibile:

1) La proprietà privata è sacra. Chi ammazza difendendo la proprietà va sostenuto anche se ammazza a sangue freddo un ladro disarmato: questi ha attentato alla sacralità della proprietà e quindi il suo sangue ricadrà esclusivamente su di lui.

2) I cambi avvenuti, sia in modo graduale che in modo traumatico, negli ultimi decenni hanno portato a una maggiore concentrazione di capitale in oligopoli facendo perdere centralità a quei settori della borghesia che si poggiavano sulle piccole e medie industrie e sul commercio al dettaglio. La figura del pater familias borghese, a capo di una piccola industria o proprietario del negozio a conduzione familiare e con pochi dipendenti, è stata ampiamente contestata nel corso dei decenni ed ha bisogno di essere rassicurata nel potersi raffigurare come figura eroica in lotta contro il mondo moderno. Il potersi rappresentare come maschio alfa, detentore del diritto di vita e di morte su chi attentata l’origine della sua posizione sociale, cioè su chi attentata alla sua sacra proprietà, rassicura.

Di fronte a questo poco importa che la legge sulla legittima difesa voluta dalla Lega impatti ben poco da un punto di vista pratico, sempre che regga in sede di Corte Costituzionale quando un magistrato solleverà una qualche eccezione di costituzionalità. Sul piano simbolico è passata e quell’elettorato di riferimento si sente, appunto, rassicurato nella sua posizione sociale. Viene riaffermata la sacralità della proprietà privata, per altro ben sancita da tutto il corpo normativo e dalle stesse regole sociali, e, ancora una volta, gli idoli di legno possono trionfare e le vittime umane cadere. Questo è quel che importa.

A poche ore di distanza dall’approvazione di questa legge si potevano vedere alcuni quotidiani online produrre titoli allarmati su come la Lega si preparerebbe anche a rendere più facile l’acquisto di armi, deregolamentando le armi con potenza tra i 7,5 e i 15 joule e rendendole di libera vendita. I titoli, e spesso gli articoli, sono stati volutamente impostatati in modo scorretto: si sta parlando di armi a aria compressa, quindi quasi esclusivamente con il tiro sportivo e che hanno un potere offensivo minore rispetto a un pugno ben piantato da un soggetto allenato. Si potrebbe ipotizzare che dietro vi sia il tentativo di aprire un mercato verso una serie di strumenti di difesa meno che letali che sfruttano l’aria compressa per lanciare dei proietti in gomma dura, strumenti di difesa sulla cui stessa efficacia abbiamo moltissimi dubbi per ragioni tecniche su cui non è il caso di dilungarsi, che però troverebbero di certo un buon mercato a causa dell’insicurezza percepita. Ovviamente nessuno ha analizzato questo dato, nonostante fosse evidente leggendo una delle principali testate della stampa di settore, ovvero la rivista Armi & Tiro, ma molti han preferito disegnare scenari apocalittici in cui si otterrà un AK-47 con i punti della spesa del supermarket.

Riportiamo la notizia in quanto permette bene di vedere il livello di polarizzazione raggiunto su questo dibattito. Già quando nell’autunno scorso è stato portato a termine l’iter di ricezione della direttiva europea 477 sulla regolamentazione del possesso di armi da parte della popolazione civile la stampa progressista, da la Repubblica fino al Manifesto, il quale nonostante riporti la dicitura “quotidiano comunista” non è che la costola sinistra della socialdemocrazia, si è messa a strillare su presunti scenari statunitensi alle porte.

Non staremo ad analizzare qua la situazione americana, già ampiamente analizzata in molti articoli[1] pubblicati negli ultimi anni e su cui riteniamo chiuso il dibattito ma è necessario rifocalizzarci su alcune questioni. Intanto la ricezione della direttiva 477 è una questione estremamente tecnica ed una sua disanima approfondita è abbastanza inutile per chi non sa la differenza tra un’arma semiautomatica ed un’automatica, gli iter di importazione di armi costruite all’estero, il funzionamento del Banco di Prova Nazionale o che cosa si intenda per armi demilitarizzate. La direttiva, al contrario di quello che molti hanno scritto, non ha assolutamente facilitato l’acquisto di armi da parte di privati, anzi per quando sia stata recepita in modo poco restrittivo rispetto ad altri paesi ha imposto alcuni ulteriori paletti, ma ha in parte razionalizzato il corpo di regolamenti, giurisprudenza e leggi che normano il settore. L’unica facilitazione che appare ad un’analisi della legge è la possibilità di comunicare l’acquisto, da parte di un soggetto già titolato, tramite Posta Elettronica Certificata senza doversi recare presso gli uffici delle questure, in tendenza con la telematizzazione della pubblica amministrazione.

Si potrebbe pensare che questa idiosincrasia per le armi da parte della stampa progressista e di molti elettori della sinistra sia semplicemente volontà di dare addosso all’avversario che sarebbe a favore della diffusione indiscriminata di armi da fuoco.[2] In realtà, come già scrivevamo a novembre 2017 nell’articolo “La social-misantropia” pubblicato su Umanità Nova:[3]

“(…) La sinistra liberale avendo fallito nella sua strategia riformista, da decenni e non da ieri, per portare migliori condizioni di vita alla classe lavoratrice ed essendo diventata parimenti responsabile della devastazione della vita di centinaia di milioni di proletari (…) si trova a essere la frazione sinistra del capitale. In questo – facciamo finta di credere alla buona fede di certi soggetti politici – finisce per individuare problemi sbagliati o secondari, amplificarli e proponendo soluzioni che portano da un maggiore controllo sociale, cullando l’illusione di poter cambiare qualcosa rispetto alle ferree logiche del capitale una volta giunta al potere. (…) Avendo fallito nei propri fini dichiarati queste componenti [la sinistra-sinistra istituzionale ed i derivati centristi del riformismo] finiscono per farsi rappresentanti elettorali di frazioni dominate di classe dominante e di pezzi della piccola borghesia nonché di lavoratori dei servizi pubblici, sopratutto legati al mondo della cultura e dei servizi alla persona, le componenti della cosiddetta società civile. Avendo fallito ed essendosi convinte che il problema è rappresentato dal fatto che l’uomo sarebbe ontologicamente cattivo e non un prodotto storico, passano dalla social-democrazia alla social-misantropia: allora via con tiritere sulla necessità di più stato, più leggi, più controlli, più polizia – possibilmente direttamente introiettata negli individui – lamentele su quanto fanno schifo i poveri, che sono così maleducati ed altre amenità. Il problema non sarebbero allora le strutture sociali ma gli individui che sarebbero naturalmente pervertiti – contraddizione in termini, tra l’altro – e su cui è necessario operare una raffinata opera di disciplinamento. (…)”

Non è quindi questione di malafede se soggetti come Beretta, il presidente dell’OPAL e tra le figure di spicco del pacifismo italiano, che porta per ironia della sorte lo stesso cognome della famiglia di industriali delle armi di Gardone Val Trompia ed i suoi tristi emuli si mettono a lanciare strilli di orrore all’idea che circolino delle armi al fuori dei corpi armati dello stato. Certo, se glielo si chiede diranno che sono a favore di una qualche forma di disarmo delle forze armate ma, rimanendo nell’ambito del pacifismo borghese, essi vivono in una profonda contraddizione che non sono in grado di risolvere ma solo di elidere, non comprendendo che il punto non è il disarmo ma la necessità di smantellare la gerarchia sociale ed abolire il valore di scambio (per farla breve). L’hoplofobia[4] dell’ala sinistra del capitale è tutta già scritta nella sua storia, ovvero nella storia della sua falsa coscienza e del suo opportunismo, allo stesso modo in cui la voglia del piccolo borghese di farsi giustiziere della notte è scritta nella sua parabola discendente di ridicola figura messa in crisi non da immaginari banditi ma dalla ferrea logica del capitale.

NOTE

[1] Innanzi tutto: http://www.umanitanova.org/2015/10/20/la-propaganda-alla-prova-dei-fatti/ e http://www.umanitanova.org/2016/01/13/la-propaganda-alla-prova-dei-fatti-2/ oltre a http://www.umanitanova.org/2018/03/11/militarizzazione-sociale/ e http://www.umanitanova.org/2018/05/13/la-marcia-del-vittimismo/ .

[2] in realtà tutta la storia delle leggi italiane sul controllo delle armi, partendo dalle leggi giolittiane sul porto di coltello, è basata sulla necessità di rendere più difficile la detenzione di armi a soggetti che non diano sufficienti garanzia di lealtà verso lo stato: nella concessione di licenze di detenzione, porti d’arma ad uso sportivo o venatorio, per non parlare dei porti per difesa personale, è lasciata ampia garanzia alle questure che possono dare dei dinieghi anche senza che il richiedente abbia commesso alcun reato o sia sotto indagine ma in base a informazioni “sommariamente raccolte” ed informative di polizia. La base legislativa è il TULPS fascista che addirittura concede ai prefetti la possibilità di sequestrare preventivamente tutte le armi nel territorio di competenza in caso di “gravi turbamenti dell’ordine pubblico”: la formula è volutamente vaga e le successive integrazioni sono date dalle leggi emergenziali degli anni settanta e da una confusa giurisprudenza. Da un punto di vista dei dati non si può, in qualsiasi discussione su questo tema, tenere conto del fatto che il numero di armi possedute da privati in Italia sia andato aumentando quasi costantemente mentre altrettanto costantemente è calato il numero di omicidi con armi da fuoco, in tendenza con quello che è successo in buona parte del mondo.

[3] http://www.umanitanova.org/2017/11/07/la-social-misantropia/

[4] Fobia patologica delle armi.

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I pirati della pubblicità ovvero come sovvertire la pubblicità

 

Noi organizziamo solo il detonatore: l’esplosione libera dovrà scapparci per sempre, e scappare a qualsiasi altro controllo” (L’Internationale Situationniste)

Si è talmente immersi nella promozione e pubblicità che non la vediamo, la accettiamo incondizionatamente, senza riflessione e senza opposizione. Le multinazionali invadono i nostri spazi, occupano strade, muri, palazzi e pezzi di cielo con messaggi ridondanti e miranti a soddisfare quelli che loro reputano i nostri bisogni.
Riprendersi questi spazi significa, letteralmente, impossessarsi dei cartelloni, dei manifesti, delle strade e di tutti quei luoghi che le società pubblicitarie e le multinazionali hanno tolto alle comunità. Lasciandoci spettatori passivi in mondo spettacolarizzato.
Occorre quindi sviluppare un sabotaggio.
In questo modo il Subvertising, letteralmente il sovvertimento della pubblicità, con il Brandalism, il vandalismo del brand, sono delle forme di ribellione artiatiche e politiche di ripresa degli spazi. Strumenti che come teorizzava Guy Debord, permettono al proletariato di ritornare ad essere elemento attivo e non passivo in questa società dello spettacolo.
Da consumatori di merce a individui.

Giorno 4 Maggio alle ore 18,30 Hogre, Illustre Feccia e Brandalism ne parleranno insieme al Gruppo Anarchico Chimera presso il Teatro Coppola.

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Né Maduro Né Guaido. Per la Libertà

Giorno 12 Aprile alle ore 18:30, il Gruppo Anarchico “Cieri” di Parma organizza “Né Maduro Né Guaido. Per la Libertà” presso la sede di Via Testi, numero civico 2.

L’obbiettivo è ovviamente informare su quanto sta accadendo, senza le strumentalizzazioni delle destre e la retorica fuori dal mondo degli antimperialisti rituali.
Per infomare, abbiamo deciso di dare la parola a due compagni di Catania che hanno approfondito la questione, producendo un documento molto interessante sulla formazione del chavismo nella particolare storia del Venezuela, sotto il profilo politico ed economico.
Oltre a questo, se la repressione e i continui blackout di un sistema economico ormai collassato lo permetteranno, daremo la parola a compagne libertarie venezuelane, in collegamento skype.
Inoltre, presenteremo la campagna internazionale di appoggio ai libertari venezuelani.

E’ una serata molto coraggiosa, purtroppo ne vediamo poche sull’argomento per paura di rompere cliches o risultare “impopolari” (?), tenendo conto dei dogmatismi imperanti, ma non è ovviamente una serata “neutra”: noi abbiamo una linea, molto trasparente. Ma è senza dubbio, come tutte le nostre iniziative, una serata onesta e libera: noi non ci schieriamo per partito (appunto) preso, per dogmi o per interesse, ma portiamo avanti riflessioni e ci basiamo su esse. Sicuramente sarà una serata ben più libera delle conferenze stampa nelle ambasciate USA o negli incontri pure nostrani con consoli e ambasciatori legati al regime bolivariano, momenti di propaganda e nient’altro.
A noi argomentazioni sulle presunte conquiste sociali del bolivarismo non fanno nessun effetto: dai treni in orario del duce alle adunate di Hitler alle parate di Stalin alle case di Fanfani, sappiamo ben separare fatti da propaganda.
Il dato attuale è che, come le ricette neoliberiste, pure il socialismo di stato è fallito, politicamente, eticamente ed economicamente, e i risultati li paga il popolo.
E francamente, ci chiediamo dov’è il “socialismo” quando abbiamo elite che prosperano e il popolo alla fame, quando il potere si regge sui militari e la repressione; quando intere fette di territorio sono svendute a multinazionali.
Ci chiediamo dov’è l’antimperialismo se guarda solo, a comando, agli USA e non vede analoghi imperialismi feroci russi, cinesi, ecc.
Ci chiediamo quando un popolo può e deve insorgere, se non quando è alla fame o costretto ad emigrare.

Noi ci poniamo domande, che nessuna retorica ci impedirà di farci.

Per cui, siamo certi che ci saranno compagni ed amici che non condivideranno il taglio dell’iniziativa, ma se ci conoscono e sono nostri , appunto, compagni ed amici, sanno già come la pensiamo e non ci sarà nessuna sorpresa; ai campioni del dogmatismo e dell’insulto invece non risponderemo perchè non ci interessa questo livello.

Il nostro faro di riferimento resta sempre la libertà, e ogni nostro piccolo grande sforzo va in quella direzione. Sempre.

Interverranno:
– Una compagna del Periodico “El Libertario”
– Due compagni del Gruppo Anarchico “Chimera” Catania
– Una attivista de “Valle por Gargantas libertarias”

 

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Catania: stupro e ipocrisie

Una diciannovenne americana viene stuprata a Catania da tre ragazzi. Il mainstream locale e nazionale si buttano a capofitto sulla notizia, riportando come la ragazza vittima dell’abuso sessuale abbia chiamato disperatamente il 112 – venendo bloccata dai suoi aggressori – e anche un suo amico – venendo bellamente ignorata.
Come ben sappiamo, il linguaggio giornalistico è spettacolarizzato e sensazionalistico in modo da vendere meglio il prodotto scritto, ottenere visualizzazioni sulle piattaforme virtuali e scatenare una serie di reazioni da parte dell’utenza.
Vendere, controllare e monitorare le sensazioni: il linguaggio giornalistico non è altro che una delle tante forme del linguaggio del dominio.
Nel caso della ragazza stuprata, le istituzioni, il giornalismo e la sua utenza presentano costei come vittima (un essere impotente, passiva, debole e da compatire) e l’atto subito (lo stupro) come un’eccezione in un luogo (Catania) considerato civile.
Le parole usate sono pregne di violenza (sessuale, sociale e culturale), atte a giustificare una protezione verso le donne (in realtà controllarle e dominarle) ed evitare il problema: il patriarcato.
Come rappresentazione del potere, il patriarcato eleva il potere maschile/dell’uomo come assoluto e considera la donna e altre individualità (omosessuali, lesbiche, transessuali, transgender, intersex, queer, migranti etc) degli esseri inferiori, buoni per procreare e lavori di cura (le donne), curare tempestivamente (omosessuali, lesbiche e (chirurgicamente) intersex) e/o da trattare come male assoluto (transessuali, transgender, queer e migranti).
Benché vi siano state delle aperture da parte del dominio formato “diritti civili” o “quota rosa” verso alcune di queste individualità, in realtà nulla è cambiato.
Il sistema di poteri al cui interno vi è il patriarcato si basa:
-sulle regole in cui l’individuo gli concede la propria libertà e sicurezza per un supponente “benessere”;
-sulle morali ed etiche utili a dividere e controllare gli individui;
-su un’economia dove tutto è merce o reificazione.
Ed ecco come vengono giustificate gerarchie, abusi e coercizioni. Il sistema di poteri, perciò, non risolverà il problema ma, anzi, lo mantiene in vita e giustificherà sempre determinate azioni come “eccezioni” e presentando le sopravvissute come “vittime”.
Il caso della ragazza stuprata o, per esempio, della bidella che stalkera una docente a Milazzo, vengono messe dal linguaggio dominante sullo stesso piano, trovando il plauso dell’utenza (spesso maschile).
Perchè questo? Perchè si vuole mettere sullo stesso piano la violenza maschile e quella femminile, nascondendo (ed esaltando anche) la mascolinità tossica – un’attitudine patriarcale dove il genere mascolino è visto come violento, non emotivo, sessualmente aggressivo o “attivo” -, giustificando costrutti culturali quali le identità “maschile” e “femminile” e gli stereotipi di genere.
Per districarci dal patriarcato e da ogni forma di potere e autorità, dobbiamo:
-smontare i nostri privilegi che danneggiano altr*, ascoltando, relazionando e aiutando coloro che hanno maggiori probabilità di essere danneggiat* dal patriarcato e dal capitalismo (migranti, individualità transessuali e transgender, lavoratrici e lavoratori, sottoproletari*);
-demistificare qualsiasi tentativo di giustificare o mantenere il sistema di poteri;
-esplorare sistemi di responsabilizzazione tra individui, uscendo fuori dagli schemi manettari regalateci da anni di propaganda forcaiola e antimafiosa istituzionale.
Alla ragazza sopravvissuta allo stupro va la nostra piena e totale solidarietà.

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Greta capo delle BR

Greta capo delle BR. Questa scritta ironica, postata di recente su Facebook, centra il punto nodale emerso dopo le manifestazioni del 15 marzo. Abbiamo visto che cortei enormi, in maggioranza composti da giovani, hanno sfilato lungo le strade di grandi aree metropolitane. Eventi in varie città hanno portato all’attenzione la questione ambientale, dopo che tale tema era scomparso dalle grandi istanze popolari in seguito alla crisi economica del 2007. La pacifica protesta di Greta ha riportato tali tematiche al centro dell’attenzione mediatica. Questo è di per sé un bene. Siamo in un momento cruciale per la sopravvivenza del pianeta, come è stato conosciuto per generazioni dall’essere umano. Nel momento in cui tutti parlano di Antropocene, il genere umano rischia l’effetto isola di pasqua ed una sua estinzione, dopo aver affrontato sconvolgimenti climatici, sociali, politici ed economici di non facile previsione. Greta Thunberg, grazie alla sua intelligenza, solleva con forza la questione affermando che è il momento di agire. Ma agire cosa vuol dire? Vuol dire mettere in pratica stili di vita che comportino individualmente delle scelte che vanno a modificare le normali abitudini di vita?
Parlo del consumo di carne, dell’inquinamento da plastica, del consumo dell’acqua, dello smodato uso di pesticidi, del muoversi a piedi, in bici, con i mezzi pubblici. Scelte che, applicate in massa, cambierebbero molte cose ma non inciderebbero più di tanto, se è vero che 100 multinazionali sono responsabili del 70% dell’inquinamento globale. Oppure seguire l’esempio riportato nel film “La Donna Elettrica“, pellicola islandese anarchico/individualista, di una sensibilità e semplicità rara di questi tempi.
Serve fare una ulteriore analisi. Oltre al doveroso cambiamento degli stili di vita individuali occorre porre la questione su quanto afferma Matteo Lupoli su Effimera. E’ necessaria una connessione tra i movimenti di critica ecologista e altri movimenti come quello operaio o studentesco, che hanno un’antica tradizione in Europa e negli Stati Uniti. Le lotte ambientali stanno crescendo a dismisura su tutto il pianeta e coinvolgono tutti gli stati nazione, come si può vedere da questo atlante. I sindacati confederali, per esempio, hanno criticato la questione – come successo nei casi dei petrolchimici o dell’ILVA di Taranto – sostenendo l’idea malsana che l’industria porti lavoro. Solo di recente a Taranto sono apparsi dei manifesti in cui si afferma meglio morti di fame che di cancro. Facendo crollare questo mortale nesso sostenuto dai confederati. Proprio oggi a Roma si è tenuta la marcia per il clima contro le grandi opere inutili. Il problema però non sono esclusivamente le grandi opere inutili, come il Tav etc, ma anche e sopratutto la moltitudine di opere locali finalizzate alla cementificazione del territorio, alla sua fantomatica urbanizzazione, alla sua distruzione e gentrificazione. Realizzate a spese dei cittadini, che si vedono alzare le tasse a fronte di un calo evidente della qualità dei servizi pubblici a favore di servizi a pagamento. A questo punto la domanda è semplice: siete sicuri che il problema del clima siano i soli comportamenti individuali e non il capitalismo? Siete sicuri che la green economy sia l’unica non soluzione offerta dal capitalismo?

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Resoconto e alcune considerazioni a caldo sul Friday for Future a Bologna (15/03/2019)

È una giornata molto calda oggi a Bologna, quasi a voler restare in tema con i contenuti del “Fridays For Future” lanciati dalla sedicenne svedese Greta Thunberg.
Per chi ancora non si fosse imbattuto in questo nome, Greta Thunberg è una ragazzina con la sindrome di Asperger che negli ultimi mesi è diventata un vero e proprio fenomeno mediatico, partecipando a conferenze ( TedTalk e simili ) in cui l’obiettivo è quello di portare ad una sensibilizzazione di massa sulle sorti del pianeta.
Il risultato ottenuto fino ad ora è stato quello di dar vita a diverse manifestazioni internazionali ed eterogenee tenutesi contemporaneamente nella giornata odierna.
Tra le città coinvolte appunto anche Bologna.
Intorno alle nove del mattino, Piazza Maggiore è già gremita di gente: moltissimi gli studenti delle superiori – che costituiscono la massa del corteo – e ingente la presenza della polizia.
Cartelli e striscioni sono estremamente variegati: si va da generiche richieste di cambiamento a giochi di parole, più o meno spiritosi, che prendono di mira i leader mondiali (con un immancabile Trump sbeffeggiato).
È stata rispettata la richiesta degli organizzatori di non portare bandiere di partito, sebbene la presenza di un gruppo con le bandiere no tav abbia dato adito a qualche contestazione durante il momento degli interventi. Ma su questo torneremo dopo.

In generale il livello di politicizzazione espresso dai cartelli è piuttosto basso. Il carattere è quello di una manifestazione molto cittadinista ed eterogenea.
D’altronde tutto questo è chiaro sin dalla descrizione dell’evento, in cui si chiede semplicemente alla classe politica di tutti gli Stati di “fare qualcosa” contro il cambiamento climatico.

Pochi individui isolati hanno tentato di collegare la mobilitazione per il clima ad altre questioni: un paio di ragazze esponevano cartelli femministi (Smash the patriarchy not the climate), mentre qualche gruppetto vegano un po’ più nutrito, ma comunque esiguo rispetto al resto del corteo, ha collegato il cambiamento climatico alla questione degli allevamenti animali lanciando alcuni slogan in cui vengono accostati ambientalismo ed anticapitalismo.
Il corteo procede in maniera ordinata, sebbene la testa sia riuscita a deviare dal percorso stabilito.
Tra gli slogan citati vi sono quelli delle lotte contro il TAV e la TAP.
Intorno a mezzogiorno e mezzo il corteo torna al luogo di partenza e lì iniziano gli interventi.
Se in un primo momento gli interventi sono pacifici e abbastanza generici nelle loro richieste (utilizzare le rinnovabili, basta con i combustibili fossili e tutto il consueto frasario ambientalista) l’atmosfera inizia a farsi un po’ più calda quando alcuni manifestanti chiedono che le bandiere e i cartelli no-tav vengano rimossi in quanto associati ai partiti (in particolare al Movimento 5 stelle).
Un ragazzo invita i manifestanti ad unirsi l’indomani ad una mobilitazione per i Prati di Caprara.
Nel frattempo un gruppetto di persone appartenenti al gruppo no-tav cerca di entrare nell’aula consiliare del comune ma viene bloccato dalla polizia e messo fuori dalla porta.
Da qui in poi, complice anche un impianto audio non proprio efficiente, gli interventi sono stati un po’ confusi per via dei diverbi e degli attacchi verbali che si sono susseguiti.
In particolare il gruppo no-tav contestava tanto, per quanto ho potuto capire, la presenza di Legambiente per essere andata a braccetto con il comune e l’intervento al microfono dell’assessore Marco Lombardo del Partito Democratico.

La contestazione è proseguita poi in un faccia a faccia tra Lombardo ed alcuni ragazzi a causa del sostegno del Partito Democratico alle grandi opere.

Tirando le fila del discorso: ho deciso di partecipare al corteo per curiosità, sebbene avessi già un pregiudizio riguardo il suo grado di politicizzazione proprio per via del carattere estremamente eterogeneo e, soprattutto, cittadinista (o interclassista).
La presenza di alcuni gruppi politici contestati dal resto dei manifestanti per via dei discorsi legati ai temi di classe e di sfruttamento (umano e animale) portati in piazza è stata l’unica nota positiva in un contesto tutto sommato monotono.

 

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Intervista a un compagno del collettivo Bida – Autogestire i social

Tratto da Photostream (foto)mobilitazioni & altro

Questa intervista apparirà sul numero 9 anno 99 di Umanità Nova

Presentiamo di seguito l’intervista/discussione avuta con un compagno del collettivo Bida,‭ ‬un collettivo bolognese che si occupa di tecnologie dell’informazione in un’ottica anarchica e libertaria,‭ ‬con l’intento di fornire strumenti alla portata di tutti per uscire dalla gabbia che il capitale ha creato intorno a questi strumenti,‭ ‬imbrigliando il portato rivoluzionario di queste tecnologie.‭ ‬Da quasi un anno il collettivo Bida gestisce,‭ ‬tra i vari servizi,‭ ‬un’istanza di Mastodon,‭ ‬un social network,‭ ‬simile a Twitter più che a Facebook,‭ ‬decentrato,‭ ‬basato sulla federazione di istanze autonome e autogestito.‭ ‬Il progetto è accessibile all’indirizzo mastodon.bida.im

Domanda:‭ ‬Per prima cosa:‭ ‬cosa è Mastodon,‭ ‬come funziona e come è nato il vostro progetto.

Mastodon è un software nato da uno sviluppatore tedesco,‭ ‬Eugen‭ “‬Gargon‭” ‬Rochko,‭ ‬che si era stancato delle dinamiche abusive,‭ ‬cioè la presenza di omofobi,‭ ‬razzisti e fascistoidi,‭ ‬che si erano sviluppate su Twitter.‭ ‬È un software che ha avuto piuttosto successo,‭ ‬circa due milioni di utenti in due anni dalla nascita‭; ‬una delle caratteristiche principali è che da questo software è nata una comunità che si basa su una policy,‭ ‬una serie di regole di utilizzo antirazzista,‭ ‬antisessita e antifascista.

Abbiamo iniziato a ragionare su questo software partendo da questo motivo,‭ ‬noi facciamo parte,‭ ‬come collettivo Bida,‭ ‬del circolo anarchico‭ “‬C.‭ ‬Beneri‭” ‬di Bologna.‭ ‬Siamo nati come gruppo di lavoro che si occupava del server del circolo,‭ ‬abbiamo aiutato a crescere il circuito Rebal.‭ ‬Circa due anni fa,‭ ‬abbiamo iniziato a fare una serie di ragionamenti sui social network.‭ ‬Quello che vedevamo era che il movimento nella sua totalità,‭ ‬molti compagni e simpatizzanti,‭ ‬spingevano per l’utilizzo di social network commerciali,‭ ‬come Facebook.‭ ‬Sono discussioni che si sono avute sia nella mailing list del’Hackmeeting sia dentro il Circolo Berneri che dentro l’XM24‭; ‬da queste discussioni sono nati laboratori specifici e presentazioni di libri,‭ ‬come quello di Ippolita.‭ ‬Abbiamo cominciato a discutere,‭ ‬sia come collettivo Bida che come HacklabBO,‭ ‬l’hacklab presente in XM24,‭ ‬di possibili soluzioni e abbiamo individuato l’utilizzo del software Mastodon come una buona soluzione.

Questa piattaforma ci è sembrata la migliore soluzione tra i vari software disponibili per creare social network non commerciali,‭ ‬grazie alla comunità che si è formata sull’istanza principale,‭ ‬creata direttamente da Gargon.

A partire da quell’istanza,‭ ‬che è mastodon.social,‭ ‬sono nate molte istanze legate ai movimenti,‭ ‬in particolare a quelli LGBT e Queer.‭ ‬Abbiamo quindi deciso di creare anche noi un’istanza Mastodon qua a Bologna.

‭Domanda:‭ ‬Parliamo quindi di un progetto che funziona per istanze autonome,‭ ‬autogestite.‭ ‬Non è un social network classico,‭ ‬come Twitter o Facebook,‭ ‬dove invece tutto è centralizzato su dei server gestiti da un unico attore,‭ ‬commerciale,‭ ‬e in cui l’utenza non ha praticamente nessun potere‭ – ‬pensiamo,‭ ‬ad esempio,‭ ‬alla nuova policy calata dall’alto su Tumblr che ha fatto fuggire via migliaia di account legati al mondo LGBTQ‭ – ‬ma una federazione di istanze indipendenti tra di loro che decidono di condividere un progetto.

‭Ogni utente si iscrive a un’istanza e ogni istanza ha una sua policy,‭ ‬ha un suo manifesto,‭ ‬che fornisce delle linee su come stare in quell’istanza.‭ ‬Noi ci siamo ispirati molto alla policy di Indymedia Italia,‭ ‬adattandola a ciò che sono adesso i social network.‭ ‬È una policy che abbiamo visto che funzionava e funziona,‭ ‬una policy ragionata che si adatta anche ai tempi di oggi.‭ ‬Nel giro di un anno l’abbiamo testata e abbiamo visto che noi che amministriamo l’istanza bolognese con questa policy riusciamo tranquillamente a gestire le problematiche che in una qualsiasi comunità virtuale si vanno a creare.‭ ‬Una policy che permette di individuare fin da subito comportamenti inaccettabili da parte di razzisti,‭ ‬sessisti,‭ ‬molestatori in genere,‭ ‬ben strutturata e che permette di avere una vita abbastanza tranquilla dentro una comunità virtuale.

Il software,‭ ‬inoltre,‭ ‬in sé è molto stabile,‭ ‬sopratutto rispetto a software che volevano essere un’alternativa a facebook come diaspora.‭ ‬Noi come tecnici abbiamo visto che permette di gestire bene la comunità,‭ ‬permette di ricevere facilmente delle segnalazioni e avviare delle discussioni per risolvere le situazioni e attuare una descalation.

Domanda:‭ ‬Sui Social Network vi è un fortissimo accentramento di potere,‭ ‬dato dalla struttura capitalista degli stessi e al fatto che rispondono‭ ‬all’esigenza di mettere a valore l’esperienza su Internet delle persone.‭ ‬Progetti come Mastodon invece vanno in una direzione diametralmente opposta,‭ ‬tendono alla costruzione di percorsi federati,‭ ‬in cui ogni nodo,‭ ‬o istanza,‭ ‬è dotato di un’autonomia,‭ ‬è gestito dalla sua comunità.‭ ‬Esistono progetti per nuove istanze‭?

Da pochi giorni è nata l’istanza mastodon.cisti.org gestita dall’hacklab underscore di Torino.‭ ‬A Milano e Napoli ne stanno discutendo,‭ ‬a Jesi è nata un’altra istanza che utilizza però Pleroma‭ (‬snapj.saja.freemyip.com‭)‬,‭ ‬un’altra piattaforma di Social Network federati,‭ ‬e non Mastodon:‭ ‬c’è un certo interesse in giro.‭ ‬Nnoi speriamo che a breve nascano altre istanze,‭ ‬dislocate sui territorio,‭ ‬vere e proprie comunità locali.‭ ‬È un progetto questo che ha senso se nascono molte istanze,‭ ‬dislocate localmente.‭ ‬Noi come Collettivo Bida non vogliamo diventare un Facebook all’italiana,‭ ‬essere cioè il nodo centrale.

Domanda:‭ ‬il protocollo di comunicazione stesso alla base della federazione tra diverse istanze permette collegamento tra vari software,‭ ‬che forniscono servizi differenziati,‭ ‬dando la possibilità di uscire dalla gabbia del‭ “‬capitalismo delle piattaforme‭”‬,‭ ‬in cui invece degli attori in regime oligopolistico tentano di gestire l’intera vita online degli individui.

Noi stiamo parlando di Mastodon ma dovremmo,‭ ‬in effetti,‭ ‬parlare di ActivityPub,‭ ‬un protocollo che è usato anche da altri software come Pleroma,‭ ‬un social network simile a Mastodon,‭ ‬o da PeerTube,‭ ‬un software per piattaforme video federate o,‭ ‬ancora,‭ ‬Funkwhale,‭ ‬una piattaforma per la fruizione di contenuti musicali‭ ‬-‭ ‬che ricorda Spotify‭ ‬-‭ ‬ovviamente non commerciale.‭ ‬Il protocollo lo si può anche integrare in piattaforme come NextCloud,‭ ‬una piattaforma di data clouding che permette di non usare servizi commerciali come DropBox.

Si può creare una rete comune per potere avviare discussioni,‭ ‬integrando,‭ ‬tramite questo protocollo,‭ ‬software che svolgono diverse funzioni e di integrarli in modo federato,‭ ‬non gerarchico.

Domanda:‭ ‬Rispetto a un progetto come Indymedia,‭ ‬parlo di questo in quanto è il progetto che ho attraversato anche io per anni,‭ ‬che si concentrava sulla pubblicazione di notizie,‭ ‬Mastodon e le altre piattaforme basate su ActivityPub permettono di coinvolgere la sfera della vita multimediale di una persona online in modo molto più integrale

Una piccola premessa:‭ ‬noi quando abbiamo iniziato come collettivo avevamo l’idea di creare una sorta di Social Network legato all’informazione,‭ ‬molto vicino a Indymedia.‭ ‬Poi compagn‭*‬,‭ ‬ma anche‭ “‬persone normali‭”‬,‭ ‬hanno cominciato a iscriversi e dagli utenti stessi è emersa l’esigenza di usare il Social Network non solo per informazione,‭ ‬ma anche per pubblicare foto proprie,‭ ‬vendere la bicicletta,‭ ‬quindi di una piattaforma non legata esclusivamente all’informazione ma utilizzabile a‭ ‬360‭ ‬gradi.‭ ‬A quel punto noi come collettivo,‭ ‬un collettivo libertario,‭ ‬ci siamo resi conto che le esigenze erano altre rispetto a quelle a cui avevamo pensato inizialmente.‭ ‬C’è stato uno scambio di idee tra tecnici e non tecnici,‭ ‬ci siamo adattati alle esigenze di chi si era iscritto,‭ ‬andando a modificare quelli che erano stati gli intenti iniziali del Social Network.‭ ‬Non siamo andati a imporre la nostra visione ma abbiamo interpretato in modo dialettico il rapporto con gli utenti.

Domanda:‭ ‬Questo è un dato molto interessante che mostra come si possa uscire dalla gabbia della commercializzazione di internet che abbiamo visto,‭ ‬e subito,‭ ‬negli ultimi dieci anni,‭ ‬evitando modalità verticistiche.‭ ‬Bisognerebbe però anche cominciare a interrogarci sul creare progetti che permettano di uscire,‭ ‬oltre che dalle dinamiche dei social network commerciali,‭ ‬anche dalle gabbie imposte dalla gestione delle infrastrutture di accesso a Internet,‭ ‬che è gestita da attori completamente integrati nella struttura capitalista e statale,‭ ‬con tutto quello che ne consegue:‭ ‬banalmente la possibilità,‭ ‬per gli stati,‭ ‬di spegnere letteralmente Internet quando sono in corso mobilitazioni,‭ ‬o veri e propri moti insurrezionali,‭ ‬come è accaduto durante le Primavere Arabe,‭ ‬ma anche in Iran e a Hong Kong,‭ ‬o ancora come è successo poche settimane fa in Zimbawe.‭ ‬Progetti come Mastodon agiscono sul livello applicativo,‭ ‬possiamo dire,‭ ‬su quello che l’utente vede e usa,‭ ‬il sito web o il servizio,‭ ‬ma giocoforza lasciano da parte tutto quello che c’è dentro la‭ “‬scatola nera‭” ‬che per molti è Internet.

Questo è un dato molto interessante su cui bisogna lavorare.‭ ‬Per quanto ci riguarda come collettivo,‭ ‬ma anche come circolo,‭ ‬stiamo ragionando sulla creazione di infrastrutture della parte più bassa del livello ISO/OSI‭[‬1‭]‬,‭ ‬quella che gestisce l’accesso fisico alla rete e il modo in cui i pacchetti di dati girano su di essa‭; ‬supportiamo il progetto Ninux e qua al circolo abbiamo un’antenna e stiamo cercando di creare una rete mesh,‭ ‬ma è un progetto che per funzionare ha la necessità di vedere coinvolte più persone,‭ ‬o collettivi,‭ ‬per creare i nodi della rete.‭ ‬Ad esempio l’altro nodo della rete Ninux presente a Bologna è geograficamente troppo distante per delle reti che si basano su ponti radio in portata ottica.‭

Domanda:‭ ‬Una serie di progetti che possono permettere anche all’utente non particolarmente esperto da un punto di vista tecnico di utilizzare strumenti autogestiti e il più possibile fuori dalle logiche commerciali.‭ ‬Uscire quindi dalla prigionia delle piattaforme commerciali,‭ ‬spesso legati anche a strutture statali,‭ ‬penso a Facebook o,‭ ‬ancora peggio,‭ ‬a WeChat in Cina,‭ ‬probabilmente il progetto totalitario di più vasta portata dalla nascita di Internet a oggi.

‭Ovviamente noi come collettivo ci teniamo a dire che siamo fuori dall’idea‭ “‬Read The Fucking Manual‭” ‬-‭ ‬o RTFM,‭ ‬ovvero‭ “‬leggi il fottuto manuale‭”‬,‭ ‬modo di dire in modo spiccio per‭ “‬arrangiati a imparare come funzionano gli strumenti che usi,‭ ‬che non ci sarà sempre il tecnico a farti funzionare il computer‭” ‬-‭ ‬spesso molto cara a noi tecnici,‭ ‬quindi vogliamo che gli strumenti siano il più accessibili possibile.‭ ‬Ovviamente il discorso della‭ “‬consapevolezza tecnologica‭”‬,‭ ‬della capacità di autocostruzione,‭ ‬del Do It Yourself,‭ ‬rimangono importanti ma bisogna pure capire che se io voglio guidare un’automobile non devo essere per forza un meccanico.‭ ‬Non possiamo costringere le persone,‭ ‬per avere la‭ “‬dignità politica‭” ‬ad utilizzare uno strumento,‭ ‬a leggersi pagine e pagine di manuali.‭ ‬Bisogna creare di punti di incontro,‭ ‬altrimenti alla ricerca dello strumento perfetto si cade nell’immobilismo.‭ ‬Mastodon,‭ ‬e tutti i nostri progetti,‭ ‬non sono degli strumenti perfetti.

Non sono gli strumenti per fare la rivoluzione,‭ ‬non si può pensare di fare la rivoluzione con i mezzi tecnici e basta,‭ ‬ma sono strumenti che sono semplici da cui partire per avviare una critica.‭ ‬Altrimenti si lasciano praterie infinite a Facebook e similari,‭ ‬cosa che non aiuta.‭ ‬È bene tentare,‭ ‬prima di tutto,‭ ‬di appropriarsi degli strumenti e criticarli,‭ ‬capire le problematiche,‭ ‬cambiarli.‭ ‬Siamo sviluppatori,‭ ‬programmatori,‭ ‬tecnici,‭ ‬se qualcosa in uno strumento non ci piace lo modifichiamo per venire in contro alle esigenze della comunità che lo usa.

La forza di un sistema decentrato è proprio questa.‭ ‬Ogni istanza può modificare lo strumento pur rimanendo all’interno dell’universo di Mastodon,‭ ‬se ad esempio alla comunità di un’istanza non piace un particolare strumento del software lo può disattivare,‭ ‬o ne può inventare altri da integrare nel codice.


‬lorcon

Nota‭
[‬1‭] ‬la‭ “‬pila ISO/OSI‭” ‬è la rappresentazione multilivello di come vengono realizzate le connessioni tra apparati di rete.‭ ‬Ad esempio,‭ ‬semplificando al massimo,‭ ‬una pagina web,‭ ‬qualsiasi pagina web,‭ ‬è visibile all’utente a livello di applicazione‭ ‬-‭ ‬quello che vede sullo schermo‭ – ‬ma i dati che la compongono passano dal livello fisico‭ (‬cavi,‭ ‬onde radio,‭ ‬modi in cui vengono modulati i segnali‭)‬,‭ ‬al livello di datalink‭ (‬come vengono scambiati i segnali‭)‬,‭ ‬networking‭ (‬indirizzamento dei pacchetti‭)‬,‭ ‬trasporto‭ (‬segmentazione e riassemblamento dei pacchetti‭)‬,‭ ‬sessione‭ (‬la gestione dello scambio di dati‭) ‬e presentazione‭ (‬compressione e decompressione dei dati,‭ ‬crittazione‭)‬.‭ ‬Il processo avviene in direzione ascendente e discendente per ogni apparato che viene attraversato dai dati.‭ ‬I primi tre livelli sono gestiti dai provider in modo oligopolistico ma sono fondamentali per il funzionamento dell’intera struttura.

Per approfondire questi temi sempre su Umanità Nova abbiamo pubblicato:‭ ‬http://www.umanitanova.org/2018/11/18/anatomia-di-unintelligenza-artificiale/‭ ‬e http://www.umanitanova.org/2016/10/22/gli-arcana-imperii-delleconomia-dellinformazione/

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Messina: la patria come fumo agli occhi

La “terribile” scritta e la costernazione istituzionale

Verso la fine di Febbraio, il monumento alla batteria Masotto di Messina è stato adornato con la scritta “Fanculo la patria”, suscitando un coro di indignazioni.
Claudio Dispenzieri, presidente dell’”Associazione Nazionale Mutilati e invalidi di Guerra” sezione di Messina, dichiara che “evidentemente all’autore del gesto mancano le basi che sono il principio del sacrificio degli italiani che hanno dato la vita per il bene della Patria. Lo scempio commesso lede l’onore e la dignità di chi con grande spirito di abnegazione è stato gravemente ferito e caduto in guerra senza minimamente pensare che tra di loro ci sono anche i soldati che con il loro sacrificio hanno consentito anche all’autore di questo ignobile gesto, di poter essere libero”.
Cateno De Luca, attuale sindaco di Messina, decide di usare l’arma dei social network per scatenare il tipico tastierismo degli utenti, descrivendo tale deturpamento del monumento come un’offesa alla “memoria degli eroi che hanno perso la vita per consentirvi di nascere, e bestemmiare denota che siete degli ingrati e senza un briciolo di umanità !

La storia
Il monumento alla batteria Masotto era dedicato alla memoria degli ufficiali e soldati della Batteria siciliana del capitano Umberto Masotto, caduto nella battaglia di Adua il 1 marzo 1896. La costruzione del mito eroico dei battaglioni persi durante la battaglia di Adua fu sia un tentativo (fallito) per i governi italiani di frenare eventuali insurrezioni e rivolte (come successe in Lunigiana e in Sicilia nei primi anni ’90 dell’Ottocento) che esaltazione del colonialismo italiano come portatore di civiltà e progresso.
Messina, in quel periodo storico, era una città economicamente fiorente grazie alla posizione geografica – tanto che nei giorni dopo il terremoto del 28 Dicembre 1908 le autorità italiane e straniere (inglesi e russe in particolare) si prodigarono nel ristabilire l’ordine e salvare le carte delle società finanziarie finite sotto le macerie.
Per la sottoscrizione alla costruzione del monumento, il Comune di Messina e altri notabili della città e provincia raccolsero circa 12.300 lire nei primi mesi del 1899 e il 20 Settembre di quell’anno venne inaugurato.
L’avvento del fascismo a Messina portò all’esaltazione continua il sacrificio di Masotto e del suo battaglione. E la guerra di Etiopia (1935-1936) fu il coronamento di una propaganda durata quasi un decennio. L’occupazione di Adua del 6 Ottobre 1935 da parte del generale italiano Emilio De Bono venne accolta come un boato dal giornalismo locale messinese e reggino. La Gazzetta di Messina e delle Calabrie dell’8 Ottobre 1935 riportava come “la riconquista di Adua è stata giusto motivo di grandissima, di profonda esultanza ed auspicio sicuro della vittoria finale […], per Messina non poteva non assumere un particolare significato, determinando l’esplosione di giubilo nella quale domenica sera tutta l’anima del nostro popolo ebbe a rilevare ancora una volta l’èmpito del suo entusiasmo purissimo, la riconoscenza verso quanti, or è circa quarant’anni, seppero insegnare al mondo intero come si muoia per difendere l’onore della Patria. […] Adua nel 1896 fu e rimase lungo trentanove anni, la spina più dilacerante pel cuore di Messina; il ricordo più angoscioso ed anche più luminoso della infausta seconda campagna d’Africa; l’incubo più opprimente al quale anelava sottrarsi. […] Ecco perché i messinesi, ancora dopo parecchi giorni, esultano per la riconquista di Adua e coprono di fiori il bronzo che tramanda ai posteri i nomi benedetti di quanti appartennero alla Batteria Masotto, lasciando un esempio di cui la luce ideale è inestinguibile.
Ecco perché anche l’infanzia messinese si recava l’altra mattina, marzialmente inquadrata, al Giardino a Mare portando l’omaggio floreale al Monumento che splende come un altare; ed i vecchi, tra cui parecchi superstiti della sfortunata battaglia di trentanove anni addietro, hanno pianto le lacrime stillate dalla dolcissima commozione. […]
La propaganda fascista dell’epoca spinse su questa sorta di revanscismo, criminalizzando gli arbegnuoc (la resistenza etiope) e giustificando l’utilizzo dei gas tossici e le violenze perpetrate contro la popolazione locale.

Pietismo come arma elettorale
In un contesto di crisi sociale ed economica odierna e generalizzata, vi è una precisa volontà di difendere il progresso e la civiltà italiana – compresi i suoi prodotti. Fenomeni come Salvini, Di Maio, Conte e via dicendo, non sono altro che dei goffi tentativi di salvare una borghesia impoverita e inviperita.
Il militarismo italiano come bandiera della pace e umanità è un’arma propagandistica fortissima che tiene unita una buona parte della popolazione italiana.
Nel caso messinese, assistiamo all’utilizzo di tale arma da parte di De Luca che parla di spirito umanitario e di sacrificio. Chissà dove avesse queste due cose l’attuale sindaco messinese quando la scorsa estate usava i baraccati – sì, quegli abitanti che vivono, a distanza di un secolo, nelle baracche post-terremoto 1908 – contro i/le migranti (1).
In campo politico istituzionale tutto fa brodo. Pur di nascondere il futuro fallimento del comune, utilizzare i baraccati (appena sistemati nelle case popolari) come arma elettorale, tentare di portare avanti il progetto delle Zone Economiche Speciali (ZES) ed incentivare il settore turistico, certa gente farebbe carte false!

Note
(1) Su questa vicenda, De Luca afferma di aver chiesto “lo stato di emergenza al Governo ma intanto devo trovare il posto per loro e sono pronto a requisire mezzo mondo perché io non tengo 10mila famiglie sotto l’amianto, non voglio i bambini che giocano tra la fogna e i ratti. Per me questa gente ha la priorità rispetto ai migranti. Mi accuseranno di razzismo? Allora facciamo così, tolgo queste famiglie da lì e le metto in albergo e sposto i migranti nelle baracche. Sono disponibili a trasferire i migranti nelle baracche di Messina? Gliele do tutte […] L’Italia da sola non può assumersi l’onere di questo fenomeno. Se a Messina dovessero arrivare altri migranti dirò no. Anzi, metterò a disposizione le baracche, qualcuno mi deve dire perché un italiano può starci e un migrante no”.

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Parlare è difficile

Parlare è difficile, giudicare è facile. A proposito di violenze di genere e isolamento sociali

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Gruppo Anarchico Chimera e Teatro Coppola // Fumettibrutti presenta: “Romanzo esplicito”

Il gruppo anarchico “Chimera” ed il Teatro Coppola incontrano Josephine Yole Signorelli alias Fumettibrutti che ci parlerà della sua graphic novel “Romanzo esplicito” edita da Feltrinelli. L’inizio della serata vedrà in mostra le tavole dell’artista, seguirà una cena sociale e l’incontro con l’autrice .

Romanzo esplicito è la storia di un amore finito, che investe la vita passata e presente della protagonista. Un’autobiografia viscerale, con cui Josephine racconta particolari della sua adolescenza, l’incontro con un ragazzo importante e i momenti cruciali della loro relazione, fino alla rottura tra i due, con la fuga a Bologna della protagonista. Il tutto con squarci di vita vera, crudi e scioccanti, in cui il sesso diventa allo stesso tempo un apice e un baratro.

Josephine Yole Signorelli nasce a Catania nel 1991. Si trasferisce a Bologna dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Adottato il nome d’arte Fumettibrutti, attraverso fulminanti tavole autoconclusive dai riconoscibilissimi colori acidi, dai disegni essenziali e dai testi asciutti, diventa in pochissimi mesi il grande fenomeno del fumetto italiano in rete. Le sue pagine Instagram e Facebook sono seguitissime. Nel 2018 Fumettibrutti pubblica il suo libro di esordio “Romanzo Esplicito” per la neonata, ambiziosa Feltrinelli Comics.
Il volume raccoglie subito critiche entusiastiche. In occasione di Lucca Comics & Games 2018, viene presentato “Materia Degenere” pubblicato da Diabolo Edizioni. Nato da un’idea di Marco K Galli, è un’antologia di storie brevi di cinque interessantissime autrici, tra cui Fumettibrutti, che affrontando i vincoli e sfruttando le suggestioni proposte dall’ideatore realizzano cinque moderni, stralunati romanzi di genere.

Menù della cena sociale

1) Lasagna ragù di soia
2) pasta e fagioli
3) farinata di ceci con hummus
4) insalata mista di stagione.

5 euro con prenotazione obbligatoria all’indirizzo
cenafumettibrutti@discardmail.com

Il ricavato della cena sarà devoluto:
agli/alle arrestati/e dell’Operazione Renata in Trentino. Conto intestato a Bezerra Kamilla:
IBAN: IT04H3608105138216260316268
agli/alle arrestati/e dell’Asilo a Torino. Conto intestato a Giulia Merlini e Pisano Marco:
IBAN: IT61Y0347501605CC001185671.
al Comitato Abitanti Lorenteggio-Giambellino a Milano. Cassa di solidarietà intestazione a Bruno Di Benedetto
IBAN: IT58T0608533430000076000370BIC\SWIFT:CASRIT22

Durante la serata ci sarà una distribuzione di materiale cartaceo anarchico

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