Catania: stupro e ipocrisie

Una diciannovenne americana viene stuprata a Catania da tre ragazzi. Il mainstream locale e nazionale si buttano a capofitto sulla notizia, riportando come la ragazza vittima dell’abuso sessuale abbia chiamato disperatamente il 112 – venendo bloccata dai suoi aggressori – e anche un suo amico – venendo bellamente ignorata.
Come ben sappiamo, il linguaggio giornalistico è spettacolarizzato e sensazionalistico in modo da vendere meglio il prodotto scritto, ottenere visualizzazioni sulle piattaforme virtuali e scatenare una serie di reazioni da parte dell’utenza.
Vendere, controllare e monitorare le sensazioni: il linguaggio giornalistico non è altro che una delle tante forme del linguaggio del dominio.
Nel caso della ragazza stuprata, le istituzioni, il giornalismo e la sua utenza presentano costei come vittima (un essere impotente, passiva, debole e da compatire) e l’atto subito (lo stupro) come un’eccezione in un luogo (Catania) considerato civile.
Le parole usate sono pregne di violenza (sessuale, sociale e culturale), atte a giustificare una protezione verso le donne (in realtà controllarle e dominarle) ed evitare il problema: il patriarcato.
Come rappresentazione del potere, il patriarcato eleva il potere maschile/dell’uomo come assoluto e considera la donna e altre individualità (omosessuali, lesbiche, transessuali, transgender, intersex, queer, migranti etc) degli esseri inferiori, buoni per procreare e lavori di cura (le donne), curare tempestivamente (omosessuali, lesbiche e (chirurgicamente) intersex) e/o da trattare come male assoluto (transessuali, transgender, queer e migranti).
Benché vi siano state delle aperture da parte del dominio formato “diritti civili” o “quota rosa” verso alcune di queste individualità, in realtà nulla è cambiato.
Il sistema di poteri al cui interno vi è il patriarcato si basa:
-sulle regole in cui l’individuo gli concede la propria libertà e sicurezza per un supponente “benessere”;
-sulle morali ed etiche utili a dividere e controllare gli individui;
-su un’economia dove tutto è merce o reificazione.
Ed ecco come vengono giustificate gerarchie, abusi e coercizioni. Il sistema di poteri, perciò, non risolverà il problema ma, anzi, lo mantiene in vita e giustificherà sempre determinate azioni come “eccezioni” e presentando le sopravvissute come “vittime”.
Il caso della ragazza stuprata o, per esempio, della bidella che stalkera una docente a Milazzo, vengono messe dal linguaggio dominante sullo stesso piano, trovando il plauso dell’utenza (spesso maschile).
Perchè questo? Perchè si vuole mettere sullo stesso piano la violenza maschile e quella femminile, nascondendo (ed esaltando anche) la mascolinità tossica – un’attitudine patriarcale dove il genere mascolino è visto come violento, non emotivo, sessualmente aggressivo o “attivo” -, giustificando costrutti culturali quali le identità “maschile” e “femminile” e gli stereotipi di genere.
Per districarci dal patriarcato e da ogni forma di potere e autorità, dobbiamo:
-smontare i nostri privilegi che danneggiano altr*, ascoltando, relazionando e aiutando coloro che hanno maggiori probabilità di essere danneggiat* dal patriarcato e dal capitalismo (migranti, individualità transessuali e transgender, lavoratrici e lavoratori, sottoproletari*);
-demistificare qualsiasi tentativo di giustificare o mantenere il sistema di poteri;
-esplorare sistemi di responsabilizzazione tra individui, uscendo fuori dagli schemi manettari regalateci da anni di propaganda forcaiola e antimafiosa istituzionale.
Alla ragazza sopravvissuta allo stupro va la nostra piena e totale solidarietà.

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