Greta capo delle BR. Questa scritta ironica, postata di recente su Facebook, centra il punto nodale emerso dopo le manifestazioni del 15 marzo. Abbiamo visto che cortei enormi, in maggioranza composti da giovani, hanno sfilato lungo le strade di grandi aree metropolitane. Eventi in varie città hanno portato all’attenzione la questione ambientale, dopo che tale tema era scomparso dalle grandi istanze popolari in seguito alla crisi economica del 2007. La pacifica protesta di Greta ha riportato tali tematiche al centro dell’attenzione mediatica. Questo è di per sé un bene. Siamo in un momento cruciale per la sopravvivenza del pianeta, come è stato conosciuto per generazioni dall’essere umano. Nel momento in cui tutti parlano di Antropocene, il genere umano rischia l’effetto isola di pasqua ed una sua estinzione, dopo aver affrontato sconvolgimenti climatici, sociali, politici ed economici di non facile previsione. Greta Thunberg, grazie alla sua intelligenza, solleva con forza la questione affermando che è il momento di agire. Ma agire cosa vuol dire? Vuol dire mettere in pratica stili di vita che comportino individualmente delle scelte che vanno a modificare le normali abitudini di vita?
Parlo del consumo di carne, dell’inquinamento da plastica, del consumo dell’acqua, dello smodato uso di pesticidi, del muoversi a piedi, in bici, con i mezzi pubblici. Scelte che, applicate in massa, cambierebbero molte cose ma non inciderebbero più di tanto, se è vero che 100 multinazionali sono responsabili del 70% dell’inquinamento globale. Oppure seguire l’esempio riportato nel film “La Donna Elettrica“, pellicola islandese anarchico/individualista, di una sensibilità e semplicità rara di questi tempi.
Serve fare una ulteriore analisi. Oltre al doveroso cambiamento degli stili di vita individuali occorre porre la questione su quanto afferma Matteo Lupoli su Effimera. E’ necessaria una connessione tra i movimenti di critica ecologista e altri movimenti come quello operaio o studentesco, che hanno un’antica tradizione in Europa e negli Stati Uniti. Le lotte ambientali stanno crescendo a dismisura su tutto il pianeta e coinvolgono tutti gli stati nazione, come si può vedere da questo atlante. I sindacati confederali, per esempio, hanno criticato la questione – come successo nei casi dei petrolchimici o dell’ILVA di Taranto – sostenendo l’idea malsana che l’industria porti lavoro. Solo di recente a Taranto sono apparsi dei manifesti in cui si afferma meglio morti di fame che di cancro. Facendo crollare questo mortale nesso sostenuto dai confederati. Proprio oggi a Roma si è tenuta la marcia per il clima contro le grandi opere inutili. Il problema però non sono esclusivamente le grandi opere inutili, come il Tav etc, ma anche e sopratutto la moltitudine di opere locali finalizzate alla cementificazione del territorio, alla sua fantomatica urbanizzazione, alla sua distruzione e gentrificazione. Realizzate a spese dei cittadini, che si vedono alzare le tasse a fronte di un calo evidente della qualità dei servizi pubblici a favore di servizi a pagamento. A questo punto la domanda è semplice: siete sicuri che il problema del clima siano i soli comportamenti individuali e non il capitalismo? Siete sicuri che la green economy sia l’unica non soluzione offerta dal capitalismo?
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