Catania e Sicilia: tra capitalismo e cultura autoritaria dominante (Seconda Parte)

Prima Parte

 

Repressione poliziesca
A Catania, la Regione Sicilia ha stanziato 40 milioni di euro per la costruzione della Cittadella Giudiziaria. Questi soldi sono ripartiti in tale modo: 1,2 milioni per il 2018, 2 milioni per il 2019, 4 milioni per il 2020, 25 milioni per il 2021 e 7,8 milioni per il 2022.
Tale investimento è necessario, rivela la Regione Sicilia, per potenziare e snellire la macchina giudiziaria catanese e di buona parte della Sicilia Orientale nelle procedure processuali che riguardano i/le migranti e i sempre più crescenti reati contro la proprietà e di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le nomine di Alberto Francini a questore e di Roberto Saieva come procuratore della Corte d’Appello non sono casuali: in un territorio fortemente impoverito e divenuto terreno fertile per nuovi clan “criminali”, le forze dell’ordine e la magistratura devono agire in maniera tempestiva e veloce.
A conferma di questo, vi è la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Gennaio-Giugno 2017) dove, nelle pagine 90-96 e 285-302, vengono descritte minuziosamente le operazioni e come si muovono i clan criminali presenti sul territorio catanese.

Chiaramente la relazione semestrale non è una novità, in quanto i clan mafiosi di questo territorio affondano le loro radici fin dai primi del Novecento, potenziandosi successivamente con il fenomeno del settore dei servizi dalla fine degli anni ‘60. Di questo, basti vedere i lavori redatti dai compagni e dalle compagne anarchici/anarchiche locali di quel periodo.
L’aumento del controllo poliziesco porta i clan mafiosi a ritornare, secondo una certa narrazione storiografica, “alle origini,” ovvero nelle campagne e nei piccoli paesi dove le forze dell’ordine sono “disponibili” a scendere a compromessi.
Un esempio è l’operazione “Adranos,” dove sono stati arrestati membri del clan Santangelo (legato alla famiglia catanese dei Santapaola-Ercolano) e del clan Scalisi (legato alla famiglia catanese dei Laudani) tra Adrano e Biancavilla, paesi sul versante occidentale etneo.
I due clan, in nome degli affari, si erano spartiti il racket delle carni e del mercato ortofrutticolo, con la collaborazione di un poliziotto del commissariato di Polizia di Adrano.

Il sistema repressivo in città si muove su due piani: pratico e culturale.
Sul piano pratico si muove contro gli occupanti abusivi degli alloggi popolari e contro gli spacciatori; sul piano culturale si muove all’interno delle istituzioni (in particolare con la dirigenza dell’Università di Catania).

Parlando del piano pratico vediamo come per gli alloggi popolari, il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, insieme all’assessore alle infrastrutture Marco Falcone e al dirigente dell’Istituto Autonomo Case Popolari (Iacp) Fulvio Bellomo, abbia annunciato di voler chiudere l’ente e trasferire la competenza alle province.
Questi enti locali, oltre ad amministrare le case popolari, dovranno razionalizzare la gestione del patrimonio abitativo e provvedere al controllo degli immobili occupati, oltre che a sopperire alla mancanza di circa 40mila alloggi.

Il 9 Febbraio si è tenuta presso il municipio di Catania una riunione sull’emergenza abitativa, sui numerosi alloggi sfitti e sui buoni casa. La successiva riunione si terrà in Prefettura dove si affronterà l’argomento degli alloggi popolari occupati. Questo significa che la Prefettura, in combutta con la Questura e il Comune, butterà fuori le famiglie che occupano gli alloggi popolari, confermando le parole di due occupanti del Duomo in merito al fatto che i proprietari di casa non sono disposti ad accettare le famiglie sfrattate.

Nel caso degli spacciatori, invece, vediamo come il questore e i suoi uomini ne abbiano arrestati numerosi nel primo mese di insediamento del solerte funzionario di polizia.
Arrestare gli spacciatori non risolve il problema perché in questo territorio il lavoro cosiddetto legale viene pagato poco e nulla.
Il mercato delle sostanze stupefacenti è, quindi, in continua crescita grazie al suo essere estremamente versatile, alla sua capacità di adattarsi alle esigenze dei clienti e al riorganizzarsi rapidamente dopo una azione repressiva.

Sul piano culturale, all’interno dell’Università di Catania si sono tenuti tre convegni che, a nostro avviso, sono un indice di come nel territorio si voglia porre attenzione alla questione securitaria.
Nel convegno “Crimine organizzato e criminalità economica: stato dell’arte e prospettive future dopo l’introduzione del P.M. europeo” del 12 e 13 Gennaio, i magistrati presenti avevano avallato l’ipotesi di inasprire le pene contenute negli articoli contro i gruppi mafiosi.

Nel convegno “L’intelligence incontra l’Università” del 24 Gennaio, i docenti universitari e gli uomini legati ai servizi analizzavano i flussi migratori, la crisi migratoria, la cybersecurity e il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.

Per alcuni docenti universitari, la cyber security è un sinonimo di sicurezza e libertà, i progetti Permafab e Sicilia Integra hanno, invece, come obiettivo la creazione di personale qualificato nel campo agricolo e nel campo dell’accoglienza.

Per il resto dei relatori, viene evidenziato come la crisi migratoria sia un campanello d’allarme per la giurisprudenza dell’Unione Europea e la sicurezza dei paesi che ospitano masse di migranti.
Ed è da questo che Paolo Scotto Di Castelbianco, direttore della Scuola di formazione, Campus dell’Intelligence nazionale, e Alessandro Pansa, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), sottolineino come l’addetto alla sicurezza nazionale debba essere non solo attaccato ad un fortissimo senso di democrazia e alle istituzioni, ma anche capace di collaborare attivamente “alle eccellenze nazionali accademiche” per il “bene” del paese.

Pansa afferma che “l’alleanza strategica tra Accademia, mondo della ricerca e intelligence è un elemento indispensabile e fondamentale nell’esperienza fino a oggi fatta e il risultato è particolarmente positivo.
“La sicurezza nazionale,” dice Pansa, “è fondamentale per la tutela delle istituzioni, delle funzioni fondamentali e dell’insieme dei diritti fondamentali del cittadino. Le sfide che affrontiamo,per la sicurezza nazionale oggi richiedono delle competenze di gran lunga più ampie, di gran lunga più complete e soprattutto aggiornate costantemente rispetto a quelle del passato.”
Sfide che per i membri del DIS sono sempre più complesse in una zona del mondo (il Mediterraneo) che, a livello geopolitico, è in continua evoluzione. In quanto informatori ed analizzatori interdisciplinari, il DIS fornisce “al governo una visione non di ciò che sta accadendo, ma di ciò che accadrà, di quali sono le dinamiche delle singole iniziative che vengono prese all’interno di questo bacino, di questo contesto allargato,” cercando di “individuare i segnali dei fenomeni, di capire i fenomeni come si evolvono e di rappresentare al governo gli scenari, e per fare questo ci vogliono competenze.”

Sull’argomento dei migranti, Pansa smonta la narrazione dei terroristi che arrivano sui barconi, sottolineando che per “il fenomeno migratorio dobbiamo guardare lo sviluppo economico, lo sviluppo demografico, lo sviluppo energetico la capacità di inserirsi nei circuiti internazionali e gli equilibri politici paesi, tra gruppi etnici, all’interno delle dinamiche che si realizzano nella religione islamica o in altri settori per coprire le turbolenze che possono innescare fenomeni migratori nel futuro.”

A coronamento di tutto questo, il DIS e l’ateneo siciliano firmano un accordo di cooperazione e di collaborazione al fine di potenziare la macchina securitaria e trovare nuove reclute.
Un accordo che permette anche collaborazioni con aziende legate al gruppo Leonardo-Finmeccanica e aziende private di sicurezza.

Nel convegno “L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – Le funzioni di regolazione e vigilanza di fronte ai cambiamenti della comunicazione” del 12 Febbraio presso la facoltà di Scienze Politiche, i commissari dell’Agcom hanno ribadito, in nome della difesa della democrazia, la necessità del controllo sui mezzi di comunicazione tramite il monitoraggio delle cosiddette “fake news”.

Internet, nonostante i tentativi dei servizi segreti e dell’Agcom, dimostra il suo essere fluido ed avulso dalle misure normative e repressive.
Si evidenzia come il controllo sulle notizie e sui mezzi di comunicazione sia uno dei punti fissi della cultura dominante e degli apparati repressivi.

Al di là del discorso sul controllo delle informazioni che circolano in rete, il controllo sugli individui diventa sempre più pressante in questa parte della Sicilia.
Oltre al caso degli spacciatori e degli alloggi popolari occupati, l’Università di Catania lancia il progetto “Health&Security Smart Gate.”
Presentato nel 2017 sul bando del PO FESR 2014/2020-Azione 1.1.5., questo progetto contribuisce ad identificare “eventuali malattie” del/della migrante appena arrivato/a nel porto di Catania.

Inutile dire che questo progetto serve esclusivamente ad identificare il/la migrante, accelerando le pratiche per un’eventuale espulsione.

Il controllo degli individui o dei corpi non è appannaggio delle forze repressive e della cultura dominante odierna: è presente anche in una forma culturale chiamata “sicilianismo.”

 

Sicilianismo, clericalismo e sessismo
Quando parliamo di “cultura,” intendiamo una creazione o costruzione umana basata su saperi, credenze, costumi e comportamenti di un determinato gruppo sociale.
Tale costruzione porta ad un sistema culturale dove la società è in grado di rispondere ai bisogni e desideri dei propri membri.
Se teoricamente questo discorso appare condivisibile per la sua apertura, in una realtà come quella che viviamo tutti i giorni, il soddisfacimento delle esigenze e desideri vale solo per una parte dei membri della società

In un contesto del genere si viene a creare il “sicilianismo,” ovvero la credenza di un identità nazionale e culturale siciliana.
Utilizzato dalle classi dominanti locali per sottolineare le tradizioni locali, l’esaltazione delle morali cristiane e l’esistenza di una rigida gerarchia, il “sicilianismo” venne rivisitato negli anni ‘60 e ‘70 del Novecento da alcuni compagni anarchici (come Franco Leggio).
Unendo le teorie anarchice e le lotte di liberazione nazionali di quel periodo (Africa o paesi baschi), l’obiettivo di questi compagni era quello di emancipare la popolazione locale dallo sfruttamento capitalistico, statale e militarista attraverso le lotte presenti in Sicilia, la storia delle rivolte siciliane e la solidarietà insita nella popolazione locale.

Nonostante questo tentativo genuino e sincero di vedere il “sicilianismo” come una lotta popolare, vediamo che esso, oggi giorno, sia l’espressione del pensiero dominante locale: la narrazione capitalistica dei prodotti e paesaggi locali, l’esaltazione pietistica della chiesa cattolica, la visione della donna come oggetto di carne, il disprezzo e l’ostracizzazione verso omosessuali, lesbiche, persone intersex e persone transgender.

Alle violenze quotidiane che accadono a Catania ai danni delle sex workers e delle persone transgender, si somma la narrazione tossica del mainstream locale, portando chi legge a sentirsi tranquillo/a con la propria morale autoritaria (appresa in famiglia e a scuola) nonostante esprima apparentemente un mix di emozioni. (odio o pietà in questo caso).

Chi avvantaggia questa morale è anche il clero locale. Riportiamo uno stralcio dell’omelia dell’arcivescovo Gristina per la festa di Sant’Agata: “Tutti siamo a servizio della vita per contrastare i segni di una cultura chiusa” ma al tempo stesso aggiunge di voler “chiedere alla Santa Patrona Agata di farci diventare buoni come Lei per essere capaci di chinarci sulla storia umana, ferita, scoraggiata e di impegnarci a trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia.”

In un territorio come quello catanese dove solo quattro ginecologi su sessantacinque non sono obiettori e l’educazione sessuale è un vero e proprio tabù, le parole di Gristina e il linguaggio del mainstream locale sui casi di violenza, sono la conferma di come questo territorio sia profondamente reazionario e conservatore.

Come Gruppo Anarchico teniamo a considerare non solo i discorsi sulla liberazione dei corpi ma anche il discorso “anazionalista,” ovvero la negazione che la nazione (piccola o grande) sia il motore principale dell’organizzazione sociale, culturale ed economica di un dato territorio.

Per questi motivi sosteniamo una cultura dinamica e fluida, consentendo di essere coerenti sia nei mezzi e fini anarchici che nell’analisi della realtà quotidiana che viviamo.

 

Fascismo
Catania, insieme a Palermo e Messina, è sempre stata una dei centri economici nevralgici per la Sicilia, grazie ad una borghesia aggressiva e priva di scrupoli.
Non è un caso che Catania, fin dagli inizi del suo sviluppo industriale, sia stata uno dei principali centri di lotta per il proletariato locale e regionale.
All’inizio la borghesia e le istituzioni locali si servirono della mafia e delle forze dell’ordine per perseguitare i vari leader o figure carismatiche delle lotte operaie. Ma le cose cambiarono con la fine della prima guerra mondiale.
I lavoratori e le lavoratrici italiani/e, complice una pesante crisi economica e le notizie che arrivavano sulla resistenza dei rivoluzionari russi contro le forze internazionali controrivoluzionarie, cominciarono a scioperare e a resistere contro le violenze delle forze dell’ordine.
Borghesia e parte della classe politica liberale locale, vedendo la debolezza del sistema statale, cominciarono a finanziare economicamente il Partito Nazionale Fascista e le sue squadracce per arginare gli scioperi e le proteste dei lavoratori.
Solo con l’avvento del regime fascista si riuscì a silenziare completamente qualsiasi protesta.
Con la fine della seconda guerra mondiale e il ripristino della democrazia, Catania divenne un vero e proprio feudo politico della Democrazia Cristiana e dei clan mafiosi presenti.
Gli ex-fascisti, invece, confluirono o nel Movimento Sociale Italiano o in altri gruppi, instaurando solide collaborazioni con il partito dominante (DC), con i clan mafiosi e con gli americani -i quali rifornivano i neofascisti di materiale esplodente e finanziamenti vari.
La fine della Prima Repubblica e la svolta di Fiuggi porta buona parte della dirigenza missina locale a confluire in Alleanza Nazionale, mentre una minoranza decide di creare nuovi gruppi e partiti, portando avanti, per circa una decina di anni, le violenze e gli agguati contro i/le compagni/e.

Oggigiorno a Catania vi sono partiti e gruppi come Forza Nuova, Spazio Libero Cervantes e CasaPound Italia.

Forza Nuova Catania, salita alle cronache nazionali la scorsa estate per le colonie ai bambini, è presente a Catania da quasi un ventennio.
La città è considerata una roccaforte forzanovista, oltre che un punto di riferimento per le lotte prolife e antiabortiste locali. Il coordinatore locale di FN è Giuseppe Bonanno Conti, noto per essere un picchiatore fascista e per aver tentato di aggredire, insieme ai suoi camerati e con la complicità della polizia, i/le manifestanti del Pride 2006.
Altro personaggio noto per essere stato un picchiatore forzanovista è Alan Distefano, passato al sostenere apertamente lo Spazio Libero Cervantes e CasaPound Italia.

Spazio Libero Cervantes nasce nel 2004 con l’occupazione di Villa Fazio a Librino. Inizialmente questa occupazione si chiamava “Spazio Libero di Promozione Sociale Cervantes” ed era una risposta contro Forza Nuova Catania e gli ex camerati confluiti in Alleanza Nazionale. Lo sgombero avviene dopo qualche settimana.
Nel periodo che va dallo sgombero fino al 2009, questo gruppetto di neofascisti crea l’Associazione Culturale Durden, un luogo di ritrovo per gruppi pro-life e gruppi rossobruni.
Nel 2009, con la complicità diretta della giunta comunale Stancanelli, occupano l’ex-Circolo didattico XX Settembre, chiamandosi “Spazio Libero Cervantes.”
Da questa occupazione, il Cervantes riesce a dominare la scena neofascista in città, mettendo in minoranza Forza Nuova, creandosi una facciata legale, cittadinista e “pacifica” attraverso gruppi come Assalto Studentesco, Catania è Patria e Comitato Terra Nostra.
A differenza di Forza Nuova, il Cervantes collabora attivamente con gruppi neofascisti presenti in Sicilia e in altre regioni italiane come Tana delle tigri di Vittoria (Rg), Oltre la linea-Messina, La Barricata di Acireale (Ct), Azione Talos di Palermo, NFP di Reggio Calabria, Identità Tradizionale e AlPoCat di Catanzaro, Foro Sette Cinque Tre di Roma etc.
L’evento “Magmatica” è un punto di incontro tra questi gruppi e varie personalità politiche note come Toto Cuffaro, Marcello De Angelis, Angelo Attaguile etc. Da qualche anno si svolge a Sant’Alessio Siculo (Me) e l’obiettivo di questi incontri è saldare sempre più le collaborazioni ed eventuali accordi economici tra i vari gruppi.
Oltre al “Magmatica,” il Cervantes riesce a collaborare ed entrare in eventi ludici attraverso la Scirocco Mediterranean Creative Lab -azienda gestita da Gaetano Fatuzzo, leader del gruppo neofascista-, come la “BeerCatania-Festival delle birre artigianali” o la “Catania Tattoo Convention.”

CasaPound Italia, a differenza di Forza Nuova e del Cervantes, apre la propria sede ai primi di Febbraio 2018, nonostante la manifestazione del Dicembre 2017 contro l’apertura dello spazio.
Quello che si nota è l’aggressività politica di CPI a Catania che, oltre a volantinare nei vari mercati cittadini e creare eventi simili ai propri avversari, riunisce sia diversi delusi dei partiti di destra che personaggi legati a professioni securitarie o culturali.
Tra i nominativi più illustri troviamo:
-Massimo Adonia, ex esponente storico della destra ed ex consigliere comunale di Giardini Naxos;
-Giuseppe Spadafora, ex carabiniere addestrato da enti istituzionali americani e imprenditore di un’azienda di sicurezza informatica e di vigilanza;
-Turi Privitera, dipendente e portavoce dei lavoratori della Catania Multiservizi spa;
-Ettore Ursino, giornalista per alcune testate online come Citypress, Blogsicilia, Sudpress e Tribupress.

Grazie alla presenza di personaggi legati ad attività lavorative, ludiche, culturali e securitarie e alle collaborazioni strette con personalità politiche di rilievo, i gruppi fascisti cercano di mantenere una facciata legale e “pacifica.”
Al tempo stesso cominciano ad espandersi in un contesto dove i gruppi di sinistra litigano per la leadership di un movimento esistente sulla carta, le violenze contro le donne, le persone intersex e le persone transgender sono sempre più crescenti e la narrazione giornalistica getta benzina sul fuoco contro i/le migranti.

 

Conclusioni
In una città ferma ancora agli anni ‘90, dove vi è la presenza della stessa classe politica e gli stessi attori economici del tempo, assistiamo ad un rafforzamento di costoro grazie al fenomeno turistico, al controllo repressivo e alla presenza dei/delle migranti, rinchiusi all’interno di veri e propri ghetti.

A Catania esiste un blocco unico compatto di interessi economici-politici, dove non esistono gruppi concorrenti.

In tutto questo, l’ulteriore mazziere che è l’organizzazione mafiosa sembra che si sia autorelegata allo svolgere un ruolo marginale rispetto agli anni precedenti.
Probabilmente questo è dovuto al fatto che ha spostato i principali interessi sia in ambito finanziario che nella gestione agricola.
Lo sviluppo del turismo e delle infrastrutture adibite per il trasporto evidenziano un ampliamento degli interessi del blocco economico-politico, sfruttando tutti i finanziamenti possibili sia a livello governativo che europeo, senza nessuna reale programmazione territoriale ma basandosi solo sull’arraffamento delle risorse.

Da un punto di vista politico, la città è perennemente combattuta tra la mitizzazione della “Milano del Sud” e la realtà di una città divisa in substrati economici atavici.
Per cui, chi detiene determinate ricchezze economiche vive di rendita e fa il bello e il cattivo tempo in città.
Tale sfasamento si vede nella politica locale dove i vari gruppi si muovono sul territorio e cercano di imitare modalità e iniziative presenti a livello nazionale senza ottenere risultati concreti.

Come già indicato nel nostro Manifesto, “crediamo nell’auto-organizzazione tra sfruttat* e non in avanguardie sterili, arroganti, presuntuose e senza senso.
Credendo in ciò, vogliamo costruire, attraverso il mutuo appoggio, la solidarietà e l’azione diretta, dei percorsi di autogestione come la creazione di strutture di autoreddito, la possibilità di abitare liber* da palazzinari, da banche e da strutture burocratiche e di mangiare tutti i giorni e il più possibile fuori dai meccanismi neoliberisti.

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Catania e Sicilia: tra capitalismo e cultura autoritaria dominante (Prima Parte)

Documento-Articolo apparso su Umanità Nova, 25 Marzo-1 Aprile 2018

 

 

Il documento che leggete è stato inviato al Convegno nazionale della Federazione Anarchica Italiana; è un nostro piccolo contributo al punto 5a “analisi della situazione economica e sociale; strategie di dominio e trasformazione sociale.”

 

Introduzione
Negli articoli “Repressione e pensiero dominante catanese” e “Catania: tra teoria e pratica repressiva”, si descrive in modo sintetico la situazione repressiva e di controllo sociale e culturale in corso nel territorio catanese e non.
Questa forma di controllo, in realtà, non è solo di derivazione militarista o di gestione dei centri in cui si trovano i/le migranti (CARA, Hotspot etc) ma deriva da un rinnovato sfruttamento dell’intero territorio regionale grazie ai numerosi fondi europei, governativi e privati.
Non è un caso che CasaPound Italia, approfittando dei finanziamenti arrivati e, al tempo stesso, della debolezza politica dell’occupazione fascista “Spazio Libero Cervantes,” si stia sempre più radicando in città con il beneplacito di ex missini e parte della piccola borghesia locale.
Ma oltre il problema materiale, abbiamo anche il problema culturale del“sicilianismo” che si basa su ipocrisie religiose, fataliste e sessiste.

 

Finanziamenti europei e governativi e strategie borghesi
Il Patto per Catania, basato sul finanziamento che arriva dai Fondi per lo Sviluppo e la Coesione ed altre risorse aggiuntive che vengono dal Pon Metro (Fondi sociali europei, Fondi europei sviluppo regionale), è stato firmato nell’aprile 2016 dall’ex premier Renzi e dall’attuale sindaco Bianco.
L’obiettivo del Pon Metro è quello di sviluppare delle zone metropolitane nell’ambito della programmazione del Partenariato 2014-20 (un documento dell’UE riguardante le disposizioni comuni su Fondi strutturali e di investimento europeo, in cui lo Stato in questione definisce la strategia e le modalità di impiego di tali fondi).
Le città interessate in tutto il territorio nazionale sono 14, tra cui le due siciliane Palermo e Catania.

Il totale di spesa previsto per il Patto per Catania è di circa un miliardo e 700 milioni di euro da spendere entro il 2020. Questa spesa riguarda infrastrutture, ambiente, sviluppo economico e produttivo, turismo e cultura, sicurezza e politiche sociali.

Ma oltre il Patto per Catania, da un paio di mesi si parla di creare una Zona Economica Speciale (ZES) per il territorio della Sicilia Orientale.
Stando alle parole di Francesco Basile, rettore dell’Università di Catania, queste zone, con una legislazione differente da quella nazionale, saranno necessarie perché “rappresentano un’importante opportunità proprio per la loro possibilità di attrarre investimenti esteri o extraregionali e di godere di incentivi, agevolazioni fiscali o deroghe normative.”

L’area interessata nella Sicilia orientale comprende l’area portuale di Catania, Augusta e Siracusa, mentre nella zona occidentale si parla di Palermo e Termini Imerese, ma si profilano già dei conflitti perché anche l’area di Messina vuole l’istituzione di una zona economica speciale.
La previsione è che essa venga istituita tra il 2018 e il 2020, utilizzando circa 200 milioni di euro tramite il decreto Sud.

Oltre tutto questo, il potenziamento delle infrastrutture per il trasporto è una manna dal cielo per le aziende di trasporto su gomma e sul mare.

Non sono dei casi, per esempio, che nel periodo della festa patronale cittadina (in cui il comune, prossimo al dissesto finanziario, ha speso 700mila euro) la Tirrenia abbia presentato la nave Giuseppe Lucchesi, adatta a soddisfare la crescente richiesta del mercato dei semirimorchi; oppure il “Social Farming. Agricoltura Sociale per la filiera agrumicola siciliana,” promossa dal Distretto Agrumi di Sicilia e Alta Scuola Arces e contribuita da “The Coca-Cola Foundation,” che ha come obiettivi quelli di formare personale specializzato nella filiera agrumicola siciliana in modo da sfruttarlo e creare e potenziare il marketing dei prodotti agrumicoli locali (una vendita fatta attraverso la valorizzazione del prodotto e del territorio).
Questo progetto, finanziato da una grande multinazionale mondiale come Coca Cola, è un modo per le aziende locali di ottenere finanziamenti privati, oltre che pubblicità ed introiti maggiori rispetto alla concorrenza.
Sulle collaborazioni tra aziende e multinazionali, non possiamo non citare la Oranfrizer.
La Oranfrizer è un’importante azienda agrumicola che conta 200 dipendenti stagionali per la raccolta delle arance, 150 addetti al magazzino e raggruppa circa 90 produttori per un totale di 160 ettari di terreno agrumetato della zona del calatino.
Di recente, ha ottenuto il premio Special&Different da Mark&Spencer, una multinazionale inglese che si occupa della vendita al dettaglio e da sempre interessata ad estendersi nel sud dell’Europa.
Se questa è la collaborazione tra multinazionali e aziende agro-alimentare e agricole, dall’altra abbiamo le aziende legate ai consorzi di tutela.
Sul discorso dei consorzi di tutela, dobbiamo distinguere due piani che, nonostante le apparenze, si legano fra loro: nel primo piano, abbiamo aziende che, legate a tali consorzi, “piangono” sulla concorrenza estera (Marocco, Spagna e Camerun) e sui “blitz” delle forze dell’ordine contro il caporalato (come successo di recente nel territorio del Consorzio di tutela dell’arancia di Ribera DOP); nel secondo piano abbiamo, come esempio, uno studio condotto dall’Università degli studi di Bergamo e dalla World Food Travel Association che premia la Sicilia come seconda meta per il turismo enogastronomico.
Il “legame” che c’è tra questi due piani è, ovviamente, il discorso sovranista o di difesa dei propri introiti del territorio con l’avvallo istituzionale e privato.

Dal turismo enogastronomico non ci vuole molto per passare al discorso turistico in generale.
Con l’arrivo della “bella stagione,” la Regione Sicilia e i Comuni Siciliani fanno proclami altisonanti.
Sandro Pappalardo, assessore regionale al turismo, vuole realizzare linee aeree con la Cina per spingere la borghesia cinese a investire in Sicilia.
Il turismo come motore principale dell’economia siciliana trova terreno fertile sia nelle dichiarazioni della Property Managers Italia riguardo il boom e la continua crescita dell’home sharing -come confermato dagli accordi tra comune di Palermo e Airbnb-, che nei potenziamenti futuri di determinate aree (tipo Ognina).

Il settore turistico (ricettivo e ristorativo) farebbe arrivare alle casse del pubblico e privato svariati miliardi di euro, trovando il beneplacito delle aziende agro-alimentari presenti sul territorio.

Ritornando sul discorso delle infrastrutture per il trasporto, si ha il potenziamento delle linee ferroviarie quali Catania-Palermo e buona parte della Sicilia Sud-Orientale per 500 milioni di euro -un atto che serve per favorire le infrastrutture economiche delle zone come Valle del Dittaino (Enna), Zona Industriale Catanese e le varie aree agro-alimentari ragusane.
Infatti Marco Falcone, assessore alle infrastrutture della Regione Sicilia, in un’intervista a La Sicilia, afferma di voler accelerare determinati progetti autostradali.
Per l’autostrada Siracusa-Gela, sono stati investiti 280 milioni di euro per arrivare a Modica. Qualora non finiscano entro il 28 Febbraio 2019, la regione pagherà una penale di 48 milioni di euro.
Nonostante la lentezza e le probabili penali da pagare, per completare questa autostrada si prevede un investimento di 800 milioni di euro.
Potrà così avverarsi il collegamento tra i petrolchimici di Gela e di Augusta-Priolo Gargallo-Melilli, oltre al potenziamento e all’ingrandimento delle aziende agro-alimentari ragusane e siracusane (esportatrici di prodotti quali carni ovine e bovine, prodotti latteari, mandorle, olio, pomodoro, vino ed uva).

Nonostante il tribunale dell’Unione Europea abbia rigettato il ricorso del governo italiano contro la decisione della Commissione UE di tagliare 379 milioni su 1,2 miliardi di euro di fondi destinati al Piano operativo regionale (Por) Siciliano per irregolarità (frodi ed incapacità gestionale del Por) nel periodo 2000-2006, tale decisione non avrà ripercussioni immediate nel sistema dei finanziamenti regionali.

Il citato Patto per Catania, per esempio, ha fatto sì che il comune, attraverso il ruolo di Enzo Bianco come presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiana, abbia aderito alla “Cohesion Alliance” in modo da ricevere i fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) per “il miglioramento della qualità della vita, crescita sostenibile e creazione di posti di lavoro.”
Allo stesso tempo, il comune ha ricevuto 52 milioni di euro dei 224 milioni di euro del piano investimenti regionali per il potenziamento tecnologico, infrastrutturale e relativi adeguamenti a norma.

Gli ospedali cittadini sono stati riorganizzati e spostati verso la periferia della città in base ad una direttiva comunale degli anni ‘90 sulla sicurezza da eventuali terremoti e quant’altro. Il piano di emergenza comunale è stato pubblicato nel 2012 e prevede il suo continuo aggiornamento annuale.
Tuttavia tale piano non è stato aggiornato dalla data di pubblicazione, nonostante Catania sia un territorio ad alto rischio sismico.

Altra situazione la si evidenzia con l’aeroporto di Catania, pronto ad essere sia ingrandito che ad una essere venduto in futuro, stando alle parole di Pietro Agen, presidente delle camere di commercio unificate del Sud-Est (Catania, Siracusa e Ragusa) e azionista di maggioranza della Sac Service (gestore dello scalo etneo).

Questa mossa della Sac Service è servita sia per ricevere ulteriore sostegno dall’amministrazione comunale (“L’aereoporto di Catania[…] è la principale porta di accesso alla Sicilia, per questo motivo il nostro obiettivo è eliminare qualsiasi criticità che ne impedisca sviluppo e crescita”) che per attirare futuri compratori al fine di ottenere liquidità da utilizzare in eventuali progetti come, per esempio, la firma di accordi con AirMalta e il governo maltese per le tratte tra gli aeroporti di Catania e La Valletta, oppure il potenziamento delle tratte con gli aeroporti di Londra e di Amsterdam.

Concludendo questa parte, si riscontrano interventi pubblici finalizzati all’attrazione di capitali stranieri e al rinvigorimento dell’economia locale medianti finanziamenti governativi, europei e privati.

 

Continua nella Seconda Parte

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La vostra festa del lavoro, la vostra merda nel cervello.

Operai/braccianti rumeni pagati 1 euro l’ora.
Bimbo di 10 anni ed operaio pagato 3 euro che lavorano in un autolavaggio
Operai che cadono da un cestello di un auto-gru.
Lavoratori licenziati da un giorno all’altro perchè “delocalizzare conviene nonostante l’azienda abbia il bilancio attivo!”
Sindacati confederali esultanti nell’aver salvato meno della metà del personale di ditte navali e di centri commerciali.
Lavoratori e lavoratrici della nettezza urbana usati come nettezza dal potere politico locale.

I casi eclatanti riportati sono avvenuti negli ultimi mesi a Catania e dintorni. Il “progresso e crescita economica” di cui si fregia il suddetto territorio da quasi mezzo secolo, è solo fumo agli occhi; chi si spartisce i guadagni sono i partiti di ogni colore, la borghesia locale e non e i clan mafiosi.

Nel mentre, i lavoratori e le lavoratrici vengono controllati con pacificazioni e rassegnazioni al proprio status da sindacati pompieri e dal mainstream locale. Questo controllo lo vediamo il Primo Maggio che, da giornata di lotta e di ricordo sui fatti di Haymarket Square di Chicago del 1886 e le condanne di 8 anarchici dopo un processo farsa, è divenuta “la festa del lavoro” santificata dalla Chiesta e istituzionalizzata dallo Stato!

Attraverso la giustificazione dell’esistenza del lavoro salariato, viene meno l’obiettivo dell’abolizione -fatta attraverso la diminuzione progressiva dell’orario lavorativo- sostenuta dai citati 8 anarchici di Chicago.

Ecco perché noi ci opponiamo ad una costruzione e narrazione che mantengano in auge lo sfruttamento lavorativo (salariale, di cura etc)!

Gruppo Anarchico Chimera

 

In allegato a questo nostro comunicato, mettiamo i link di diversi autori e autrici sulla storia del 1 Maggio e le lotte che vennero fatte in questa giornata.

Leda Rafanelli, Primo maggio
Pietro Gori, La leggenda del Primo Maggio. Documento Pro-postero.
Primo Maggio. Impressioni e ricordi di Giuseppe Ciancabilla. Con note biografiche e ritratto dell’autore
Ricardo Mella, Primo Maggio. I martiri di Chicago

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Stuart McMillen, “Come ci controllano le classi dominatrici?”

La distopia è un genere letterario legato alla fantascienza dove vengono descritti dei “mondi” caratterizzati da ambienti sociali ed economici tecnocratici, totalitari, angoscianti e fatalisti.
La negatività di queste caratteristiche e la totale assuefazione dei personaggi al fatalismo e alla limitatezza di azione (causata dallo status quo imperante in tali mondi) è la prima cosa che nota chi legge tali opere.
In questo opuscoletto di poche pagine, vengono presi i cosiddetti “capisaldi” del genere distopico: “1984” di George Orwell e “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley.

Orwell descrive un mondo diviso in tre superstati in continua guerra; in uno di questi superstati, Oceania, vi è un essere eterno e incontestabile: Il Grande Fratello.
L’abitante di questo superstato fa parte di una massa informe controllata dal partito e le sue strutture repressive, nonché dai dettami dell’IngSoc. La guerra contro gli altri superstati è una forma di controllo attraverso la creazione del nemico e, quindi, di compattezza della massa informa che popola Oceania.

Huxley descrive un mondo tecnocratico ultra-organizzato basato sulla produzione in serie (catena di montaggio fordista); è diviso in tre caste e ogni casta si occupa di una determinata mansione.
Ma oltre questo, la regolazione della “felicità” degli individui avviene attraverso la soddisfazione delle proprie pulsioni sessuali e l’assunzione di una droga antidepressiva -la “soma.” Le guerre e le violenze fisiche non esistono perchè a controllare l’individuo è il benessere “vuoto.”

Se in Orwell vediamo come l’individuo sia dominato dalla paura e dalla violenza fisica e psicologica, in Huxley vediamo invece un individuo felice della propria condizione imposta fin dalla nascita e prono nell’accettare qualunque cosa pur di soddisfare le proprie pulsioni.

Nonostante queste due differenze, vediamo come attraverso l’omogenità sociale, la gerarchizzazione e l’utilizzo di strumenti repressivi psicologici e sostanze psicotrope, la disindividualizzazione sia da encomiare e sostenere ad ogni costo (attraverso la paura in “1984”; attraverso la felicità e il benessere ne “Il Mondo Nuovo”) per mantenere in auge lo status quo dei “due mondi” distopici.

L’utilizzo dei due romanzi distopici da parte di Stuart McMillen, è un tentativo di rappresentare la disindividualizzazione e la gerarchizzazione sempre più pressante nel mondo reale che viviamo.

McMillen si è ispirato all’opera di Neil Postman, “Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo.” (in inglese: “Amusing Ourselves to Death: Public Discourse in the Age of Show Business” [*])

https://mega.nz/#!HNwBGITT!dgmJRAS4mmm4MNkjiyxP_arIhKvtLBkKiXas-zm41i8

[*] http://libgen.io/book/index.php?md5=8FDFEE7E343B5DD8C72581A8ACD47989

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Repressione e pensiero dominante catanese

Articolo apparso su Umanità Nova, 4 Febbraio 2018

 

A causa della semilibertà a Daniele Micale, condannato insieme ad Antonino Speziale per l’uccisione dell’ispettore Raciti, Gianni Tonelli, segretario del Sindacato Autonomo di Polizia, e la vedova Raciti iniziano uno sciopero della fame per dimostrare “che è saltato il banco delle regole elementari della democrazia, della giustizia, del buon senso generale nel nostro Paese […] non è possibile pensare che chi colpisce un servitore dello Stato alla fine si veda lenita la responsabilità con una condanna preterintenzionale che lo ha portato a un grandissimo sconto di pena. Dopo cinque anni è già fuori e gli è stato anche trovato un lavoro. Quasi è diventato un investimento ammazzare un poliziotto” (1)

Per chi crede nei codici e nella rieducazione attraverso il carcere, le parole di Tonelli sarebbero pesanti ma, al tempo stesso, giustificabili e non condannabili, visto che costui è un sindacalista o uno che difende gli interessi di “lavoratori” e “lavoratrici” dediti alla sicurezza del cittadino.

Ma chi invece non crede in queste panzane liberal e, soprattutto, ricorda le parole di Tonelli verso Federico Aldrovandi e sua madre (2), si rende conto di avere a che fare con un soggetto che farebbe carte false per difendere l’indifendibile. (3)

Questa tuttavia è solo la punta dell’iceberg.

Il questore Alberto Francini, coerente con la sua fama e la dichiarazione di insediamento a questore di Catania (4), usa il pugno di ferro contro gli spacciatori catanesi e della provincia, come riportato da varie testate giornalistiche online (Cataniatoday, catania.meridionews, lasicilia.it e lasiciliaweb), e prepara la strada per un eventuale sgombero della Cattedrale occupata dalle famiglie sfrattate visti gli avvisi orali rivolti a due occupanti. (5)

Per il comune di Catania, la vicenda della Cattedrale occupata diventa fonte di problemi politici e riflette la totale inadempienza di un comune prossimo al dissesto finanziario: (4) nonostante Catania sia piena di case vuote e sfitte ma dichiarate inagibili (6), il Comune e la Questura decidono di usare il pugno di ferro contro gli occupanti della cattedrale.

A peggiorare questa situazione, ci si mettono i giornalisti di certe testate online: prendendo come esempio l’articolo “Cattedrale, il passato di Di Stefano e la foto con Bianco. Muro contro muro in vista delle festività di Sant’Agata,” apparso su catania.meridionews.it del 19 Gennaio 2018, leggiamo che il giornalista mette in risalto come il leader “sarebbe stato accusato di far parte, nel 2009, del clan mafioso dei Cursoti milanesi” ma, subito dopo, scrive che è “stato assolto.

Tuttavia si tratta di uno sbaglio perché lo stesso giornalista più avanti scrive: “Secondo quanto comunicato dalla questura Di Stefano in passato avrebbe violato gli obblighi della sorveglianza speciale e avrebbe precedenti per favoreggiamento di soggetti coinvolti in un omicidio, oltre ai reati di tentato furto e spaccio di droga. Lo stesso, dicono dalla polizia, sarebbe in possesso di un alloggio.” e ancora: “Di Stefano e la moglie, quest’ultima con precedenti – secondo la questura – per simulazione di reato e furto.

Il lettore e/o la lettrice medio/a e con una mentalità perbenista (ovvero l’accettazione prona e passiva di tutta la gerarchia sociale ed economica), legge e decodifica questo messaggio così: Di Stefano è uno che fa “bùddellu” (trad: casino) perché, sostanzialmente e naturalmente, è un criminale.

Quindi l’occupazione è un arbitrio e una cosa disonesta da parte di persone che “vòlunu a’ tavula cunsata sènza fari nènti” (trad: vogliono la tavola imbandita senza fare niente) perché, riprendendo l’articolo, “la trattativa, per altro, sta inesorabilmente scivolando verso il muro contro muro […] l’amministrazione ha ribadito le proprie proposte: avviare un percorso incentrato su buoni casa da 250 euro mensili, tirocini formativi da circa 400 euro al mese e l’ipotesi di sistemare in un bed and breakfast le persone che si ritrovano nelle condizioni più difficili. Posizione che i manifestanti non hanno nemmeno intenzione di discutere. La richiesta è sempre la stessa: un alloggio e un impiego per tutti.”

In una videointervista rilasciata su Cataniatoday, due donne occupanti hanno risposto così alle offerte di un comune in dissesto finanziario:

Assolutissimamente di non lasciare la cattedrale. Perchè ne abbiamo realmente di bisogno. Ha proposto tre case ma se noi lasciamo la cattedrale, siamo anche noi poveri. Dove ce ne andiamo?”

Riguardo i tirocini ci siamo informati. È tutta una falsità. Non esiste il bando. Il buono casa non serve a nulla perchè nessuno dei padroni di casa affitta le case in quanto i padroni di casa sono malfidenti verso il comune -che non paga. Questa lotta la facciamo anche per i quartieri e coloro che si trovano a vivere nei garage e uffici.” (7)

Questo esempio serve a delineare come la costruzione del diverso, dell’anormale e delle misure per contrastarlo, avviene innanzitutto con il linguaggio e il consenso di chi ascolta e legge, senza che quest’ultimo si senta colpevolizzato da tutta la situazione. (8)

La cultura siciliana attuale si appoggia alla retorica legalitaria, presentando, giustamente, come esseri umani i magistrati e la polizia ma dimenticando che essi, per citare Eichmann al Processo di Gerusalemme del 1961, sono dei meri esecutori e difensori di ordini, esuli da ogni responsabilità quando si tolgono “l’abito.”

Nonostante qualche caso di insubordinazione, la similitudine presentata non è affatto un’esagerazione ma serve a farci capire chi abbiamo davanti. Sull’umanità del lavoro di costoro, invece, la cultura siciliana ci offre le vite romanzate di personaggi come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino fino ad arrivare a Rocco Chinnici. (9)

La visione “umana” di codesti personaggi, spinge l’individuo non a vedere la mafia come parte integrante di un sistema gerarchico e distruttivo come il capitalismo e l’attuale modello sociale, ma come una forma violenta -e quindi distorta- di essi.

La retorica legalitaria ha dunque agevolato (e agevola tutt’oggi) un giustificazionismo della repressione poliziesca e giudiziaria odierna.

A dar man forte a tutta questa situazione repressiva vi è l’arrivo di Roberto Saieva come procuratore generale della Corte d’Appello del Tribunale di Catania.

L’aumento delle disparità economiche e dell’occupazione al 39% in tutto il territorio dell’ex provincia catanese (4), porta una buona fetta della popolazione a spacciare o ai furti.

Gli articoli di cronaca poi sono infarciti con parole apparentemente neutre e foto atte a trasformare i cosiddetti criminali in mostri obbrobriosi e ripugnanti.

Viene così fuori il classico e sopito problema del “body-shaming”: trasformare colui/colei che non incarna i sani valori della società e delle norme in un mostro, un essere abbietto e destinato al pubblico ludibrio; grazie a questo problema, per esempio, trovarono campo fertile le leggi razziali, i campi di concentramento e omicidi.

In questo contesto di discriminazione, si inserì Saieva quando, da procuratore di Cagliari, disse all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016:

Nella esecuzione di questi delitti si è trasfuso l’istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina) che stava alla base dei sequestri di persona a scopo di estorsione.” (10)

Il riferimento è al fenomeno del banditismo del centro Sardegna, dove lo Stato Italiano usò il pugno di ferro sotto forma di minacce e intimidazioni (cosa che continua oggi giorno).

Tornando all’uscita di Saieva, ricordiamoci che anche dei magistrati hanno fatto affermazioni del genere come, per esempio, Boccassini nel processo Ruby del 2013: “una ragazza intelligente, di quella furbizia orientale, propria delle sue origini, riesce a sfruttare il proprio essere extracomunitaria.” (11)

Senza andare troppo lontano, inoltre, non possiamo dimenticare certe uscite da parte dei magistrati su molestie e quant’altro.

Riportiamo alcuni stralci di titoli e dichiarazioni avvenuti in questi ultimi mesi.

La sculacciata in ufficio non è reato, ma una goliardata.” Indagine archiviata a Vicenza. Scagionato un dirigente 38enne accusato di violenza sessuale da un’impiegata. La Procura: “Gesto goliardico.” (12)

Dichiarazioni da parte del magistrato e della procura: «non c’era stata morbosità nè violenza nè punizione, la sculacciata era un gesto goliardico per invitare la segretaria ad essere veloce con le pratiche» “la dipendente non si era lamentata […] quello stile cameratesco era di fatto accettato in ufficio” (12)

Non c’è violenza sessuale senza un contatto fisico con la vittima” La gip di Torino respinge la richiesta di arresto per un uomo che si è masturbato sul tram accanto a una ragazza. “Solo atti osceni non c’è prova che l’abbia toccata.”(13)

Dichiarazione della gip: «Non c’era stato contatto fisico, presupposto indispensabile perché si possa configurare il reato di violenza sessuale».

«Se l’avesse toccata per masturbarsi, certamente avrebbe avvertito sensazioni ben diverse dal mero calore. Appare difficile, perciò, quantificare il gesto come violenza sessuale e non piuttosto come atto osceno» (13)

Chi dice “i magistrati sono esseri umani e quindi possono sbagliare,” evidentemente ha una concezione della realtà idealistica, pressapochista e paracula.

Il magistrato, nel proprio ruolo giudicante, usa, riguardo al caso in esame, un linguaggio frutto dell’interpretazione delle leggi dei vari codici; questo linguaggio, però, sarà influenzato da un pensiero dominante che così continuerà a perpetuarsi in una società gerarchica dove, chi non rispecchia quei valori detti poc’anzi, verrà ostracizzata/o ed esclusa/o.

Alla luce di tutto questo, vediamo come il potere repressivo e l’accettazione di esso, porti ad un mix letale di fatalismo e accettazione dello status quo, del quale tuttavia assistiamo ad un rivoltamento, quando la situazione diventa ingestibile per chi non ha la capacità di soddisfare le proprie esigenze primarie.

Nel caso catanese vediamo ciò, non solo con la citata occupazione della cattedrale, ma anche con l’occupazione di un plesso dell’IPSSAR “Karol Wojtyla”: un istituto che, negli ultimi 6 anni circa, ha avuto un aumento spropositato di iscritti al diurno e al serale (chiamato quest’ultimo “corso serale studenti-lavoratori), creando sovraffollamento e disagi vari e gestito da una dirigenza scolastica connivente con questura e comune -oltre che sostenitrice dello sfruttamento selettivo dei/delle ragazzi/e nelle strutture ricettive-ristoratrici.

 

Note

(1) “Semilibertà a Micale, sciopero della fame di Tonelli, segretario del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) e della vedova Raciti,” Cataniatoday del 17 Gennaio 2018

(2) “C’è un ragazzo morto, lo so. La questione non è secondaria per nulla, se la madre di Federico dice che soffre per gli applausi mi dispiace, non replico al dolore di una madre. Ma non bisogna confondere la verità col pietismo. Noi riteniamo che la condanna sia sbagliata e credo si debba fare chiarezza […]Le cause della morte di Aldrovandi sono ben altre. Non è il fermo di polizia la causa e i colleghi li ho applauditi, sì. Non mi nascondo dietro un dito. Considero i colleghi condannati per errore giudiziario e cerchiamo una revisione del processo. Se un suo collega è condannato ingiustamente è un delitto solidarizzare ?

“Aldrovandi – responsabile Sap Tonelli a Radio 24: “La causa della morte di Federico non è il fermo di polizia, sentenza errata”. “La madre di Federico? Non confondere il pietismo con la verità. Ripercussioni? Il prefetto Pansa dovrebbe pensare che è il capo della Polizia”,” radio24.ilsole24ore.com del 30 Aprile 2014

(3) “«Chi invoca l’approvazione del reato di tortura, con pene maggiorate nel caso in cui a commetterlo siano dei Pubblici Ufficiali, fa riferimento a normative sovranazionali che troppo spesso non tengono in considerazione i cittadini e i lavoratori»

«Quello del reato di tortura è un ddl ‘diabolico’ che non solo, come più volte abbiamo sottolineato, renderebbe impossibile agli agenti lo svolgimento del proprio lavoro ma andrebbe anche ad aumentare a dismisura la pressione psicologica che sarebbero costretti a sopportare. Questo progetto di riforma esporrebbe le Forze dell’Ordine al ricatto da parte della delinquenza e della criminalità».” “Reato di tortura, Tonelli: “Manifesto ideologico contro la polizia” (ANSA E AFFARI ITALIANI.IT),” .sap-nazionale.org del 7 Luglio 2016

(4) “Catania: tra teoria e pratica repressiva,” Umanità Nova del 4 Febbraio 2018

(5) “Nel pomeriggio odierno, il Questore di Catania ha emesso due provvedimenti di Avviso Orale nei confronti dei coniugi D.D. e D.A. Gli atti sono stati adottati a tutela della sicurezza pubblica e della tranquillità pubblica, ritenute compromesse dalla condotta delle citate persone che, in relazione al perdurante stato di occupazione di una parte della Cattedrale, hanno più volte ostacolato le occasioni di dialogo offerte da più Autorità ed Enti, fomentando, anzi, il malumore dei manifestanti e con ciò impedendo che talune soluzioni, individuate per alcuni di essi, potessero aver seguito. Tra queste, anche la proposta avanzata dall’Ufficio Minori della Questura a una donna, affinché trovasse sistemazione, insieme ai suoi figli piccoli, presso un alloggio individuato dal Comune.

“Occupanti: “Le condizioni che vorrebbero imporre alla città”,” catania.livesicilia.it del 19 Gennaio 2018

(6) “L’occupazione della Cattedrale diventa caso nazionale: il Vescovo visita le famiglie,” sudpress.it del 7 Gennaio 2018

(7) “Famiglie senza casa rimangono in Cattedrale: “”Durante la festa di Sant’Agata faremo le pulizie,”” videointervista apparsa su Cataniatoday del 16 Gennaio 2018

(8) Nel film “Sbatti il mostro in prima pagina,” Bizanti,personaggio interpretato da Gian Maria Volontè, durante un colloquio redazionale con Roveda dice che “il lettore apre il giornale, guarda, se gli va legge se non gli va tira via, ma senza la sensazione che gli vogliamo rompere i coglioni. Senza sentirsi lui responsabile di tutti i morti che ci sono ogni giorno nel mondo.

(9) “Film tv, Castellitto è Chinnici: «Un eroe da ricordare per la sua umanità»,” lasicilia.it del 17 Gennaio 2018

(10) ““Istinto predatorio della mentalità barbaricina”: le parole del procuratore Saieva,”” sardiniapost.it del 1 Febbraio 2016

(11) “Boccassini su Ruby: «Ragazza di una furbizia orientale»,” video.corriere.it del 13 Maggio 2013

(12) Tratto dal corrieredelveneto.corriere.it del 17 Gennaio 2018

(13) Tratto da torino.repubblica.it del 1 Agosto 2017



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Nessun reato, nessun mercato.

Articolo apparso su Sicilia Libertaria, Marzo 2017

 

 

Il recente dibattito parlamentare sulla proposta di legge di legalizzazione della canapa e i drammatici eventi che si susseguono quotidianamente sulla pelle dei consumatori hanno riacceso mediaticamente la logorante contesa politica tra correnti proibizioniste e liberali.
Dall’ultima relazione annuale sulle tossicodipendenze presentata in Parlamento, seppur notevolmente arrotondata per difetto, sappiamo che più di 6 milioni di italiani consumano abitualmente cannabis o suoi derivati e che circa un terzo degli studenti tra i 15 e i 19 anni l’ha usata almeno una volta nell’ultimo anno.
L’unico dato in costante crescita è quello del numero dei detenuti che oggi ci assegna il triste primato europeo negli arresti per reati connessi alle norme antidroga, il 32% , la metà dei quali solo per le cosiddette droghe leggere.
Ma a chi giova tutto questo? E quanti ne pagano le spese?
Tralasciando volutamente le analisi moraliste, tecniciste o legalitarie delle parti in causa, è necessario riflettere sulla funzione socio-economica che riveste il più grande business illegale al mondo, quello delle sostanze illecite.
Un mercato florido, estremamente versatile, capace di adattarsi alle esigenze dei clienti e di riorganizzarsi rapidamente dopo una azione repressiva, brillante esempio di capitalismo reso ancora più efficiente dalla completa deregolamentazione ottenuta e garantita dall’illegalità: nessun controllo di qualità, nessuna tassazione, nessuna tutela sul lavoro.
E proprio come ogni altro mercato capitalista, esso produce e acuisce differenze socio-economiche tra i suoi aderenti.
E’ qui, dunque, che l’indagine della realtà ci conduce ad una riflessione più profonda degli attuali orizzonti normativi: regolamentare e tassare la vendita di cannabis, cioè la sostanza vietata più consumata e col più basso indice di tossicità(più di 2kg di principio attivo puro per una persona di 70 kg di peso e nessun caso di morte mai registrato), rientra a buon diritto nel quadro teorico di ridimensionamento del mercato illegale a favore del monopolio di Stato, si rivela quindi come una traslazione di mercato con la sua conseguente regolamentazione fiscale.

Sappiamo però che modificare d’imperio le condizioni di un mercato capitalista, poco cambia che sia una delocalizzazione multinazionale o una improvvisa liberalizzazione del mercato interno, produce crisi economica sulle classi subalterne.
Di chi parliamo è presto detto: il mercato delle sostanze illegali necessita di una vasta rete di vendita al dettaglio che incida poco sul prezzo finale del prodotto e disposta, o per meglio dire rassegnata dalle proprie condizioni, a farsi carico dei rischi legali più ricorrenti, ovvero l’eterogeneo sottoproletariato urbano.
E’ ancora oggi questo variegato strato sociale a sperimentare per primo l’economia illegale di sussistenza: pensionati, studenti, disoccupati o lavoratori occasionali, a volte interi nuclei familiari che, per mezzo delle forniture all’ingrosso gestite in esclusiva dalla grande distribuzione mafiosa, si assicurano una compensazione economica per la loro costante precarietà.

E questo business, fortuna loro, finora è stato abbastanza grande da contenerli.
Ma le attuali proposte di regolamentazione della cannabis mirano, come avvenuto nei paesi con più lunga tradizione legalizzatrice, ad aprire nuovi ed enormi spazi di mercato a grandi gruppi economici nazionali e multinazionali incidendo sul mercato illegale fino ad ora garantito dal proibizionismo e che, a cascata, ha (mal)nutrito generazioni popolari. Perfino i pionieri delle politiche proibizioniste mondiali, gli Stati Uniti, hanno fiutato l’affare avviando enormi processi di legalizzazione mediante licenze private che, si stima, possano produrre fino a 44 miliardi di dollari entro il 2020.
E’ sintomatico quindi che nessuna proposta di legge attualmente presente sui tavoli istituzionali italiani punti alla semplice e completa depenalizzazione di uso e coltivazione della cannabis fuori da ogni regime di monopolio rendendola, di fatto, ciò che più evidentemente è: una pianta d’uso comune.
Fin troppo evidente che una proposta politica del genere annienterebbe qualsiasi interesse alla speculazione in un settore di punta dell’economia mondiale, logica conseguenza è il suo accantonamento e la sostituzione con i più disparati artifici normativi, proposti gradualmente a seconda dei settori produttivi da favorire: dalla cannabis terapeutica venduta da multinazionali del farmaco alle coltivazioni di canapa tessile con semi OGM non psicoattivi (non sia mai che a un contadino, nelle pause dal suo duro lavoro, venga voglia di farsi gratuitamente una canna!).

Nessun provvedimento legale affronta le contraddizioni economiche dei quartieri popolari e le gravissime e prolungate responsabilità politiche che hanno generato e mantengono precarietà lavorativa e povertà, principali catalizzatori sociali del mercato nero.
Nessuna interrogazione parlamentare si pone domande su cosa significherebbe sottrarre dagli strati economici popolari gli almeno 4 miliardi di euro stimati per il solo commercio di droghe leggere e su quali drammatiche conseguenze potrebbe avere sulla vita delle persone interessate.

E i milioni di posti di lavoro propagandati dai sostenitori italiani della liberalizzazione su quali modelli di previsione politico-economica basano il loro ottimismo in un mercato interno in voluto ritardo rispetto a chi, all’estero, da decenni ha già avviato imprese multinazionali della canapa pronte a cannibalizzare ogni nuovo paese?
Ancora una volta il copione si ripete: politica e capitale, mano nella mano, si avviano verso l’ennesima forma di sfruttamento degli attori sociali svantaggiati che, essi per primi, hanno cresciuto nella cultura di una illegalità di comodo e ai quali ora si vuole chiedere di adattarsi o perire per i cambiamenti richiesti dal mercato emergente.
La formula è ben rodata: nessuna critica complessiva dell’economia, nessuna assunzione di responsabilità sociale.

Come anarchici conosciamo bene questo squallido gioco, pienamente consapevoli che nessuna regolamentazione del mercato annulla le nefaste conseguenze della sua stessa esistenza e che l’unica tutela, per ognuno di noi, è la lotta da ogni forma di coercizione, legale o economica che sia, affinché chiunque possa affrontare responsabilmente le proprie scelte individuali nel e con il rispetto di una comunità solidale.
Per questo non accettiamo facili soluzioni sulla pelle di nessuno né commercializzazioni di comodo, sostenendo la completa libertà e consapevolezza in ogni scelta di vita.
E il nostro difendere il diritto alla piena autodeterminazione degli individui, come sempre, non toglie nulla all’esigenza della cura reciproca, all’attenzione sui rischi di qualunque uso o abuso di sostanze e alle responsabilità sociali che ne derivano, piuttosto le rafforza smascherando chi da troppo tempo lucra sulla bilancia tra legalità e repressione, unica reale causa di sfruttamento, emarginazione sociale e morte.

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Catania: tra teoria e pratica repressiva

Articolo apparso su Umanità Nova, 4 Febbraio 2018

 

È notizia di qualche giorno fa l’ “investitura” di Alberto Francini a questore della città di Catania.
Come si legge dalla biografia del sito questure.poliziadistato.it, Francini è stato “impiegato per circa venti anni nei servizi di ordine pubblico allo Stadio San Paolo, di cui gli ultimi sei come dirigente dei servizi, per un totale di oltre 600 partite. Dirigente nei servizi di ordine pubblico durante le 5 maggiori emergenze rifiuti del napoletano (Giugliano, Acerra, Pianura, Chiaiano, Terzigno).” (1)
Appena insediato come questore di Catania, ha dichiarato che i suoi punti di forza sono «l’esperienza su strada e il contatto con la gente.» (2) Questo permetterebbe, al solerte funzionario di polizia, di debellare lo spaccio di droga sempre più presente nella città etnea. (3)

Il fenomeno dello spaccio di droga, oltre che i furti in appartamento e d’auto in una città come Catania e provincia, sono diventate endemiche a causa sia della disoccupazione in costante aumento (4) sia di un forte degrado culturale.

Le risposte a questi problemi, negli ultimi anni, sono state principalmente due: le passerelle di politici locali e nazionali in città o nei quartieri cosiddetti degradati (5) e la cultura legalitaria propagandata, principalmente, dai partiti di sinistra o non ideologicamente collocati (i 5 stelle).

Se nel primo caso si sono venute a creare sia delle disaffezioni verso una classe politica incapace di risolvere determinati problemi (come disoccupazione e gestione delle infrastrutture) sia un incremento del clientelismo in fase elettorale; nel secondo caso si è propagandata ai giovani una cultura votata alla repressione e all’accettazione -tramite la paura- delle norme sociali considerate sane e naturali.
Quando la fame, unita all’invidia su beni posseduti da coloro che sono più abbienti, attanaglia l’individuo -specie se si ritrova in contesti sociali familiari considerati disastrati-, non ci sta nessuna cultura legalitaria che tenga: egli andrà contro codesta cultura per poter sopravvivere a qualunque costo.
Le rivolte, d’altronde, non scoppiano perché esiste un’avanguardia ma perché vi è un bisogno collettivo di soddisfare le proprie esigenze primarie come la nutrizione.

Il fallimento principale di quei partiti di sinistra è dovuto al fatto che costoro, nei decenni hanno costruito strutture politiche con lotte che, in sostanza, sono monotematiche ed atte a divenire dei serbatoi elettorali.
La cultura anti-mafiosa in Sicilia è un esempio lampante di questo. Pur sapendo che una struttura economica e sociale come la mafia sia in combutta -per una questione di quieto vivere- con imprese, banche e buona parte degli apparati istituzionali, i partiti e gruppi di sinistra hanno costruito e sostenuto il mito dell’anti-mafia legalitaria (attraverso la carta costituzionale, i codici esistenti e “i martiri” uccisi della mafia) per questioni di strategie elettorali in contesti cosiddetti degradati.
Il risultato di questa cultura anti-mafiosa, unita alla cultura mediatica religiosa e poliziesca, ha portato alla creazione di due tipologie di individui: l’individuo credente nella forza repressiva e l’individuo credente nella delinquenza.

Nello specifico vediamo come queste due tipologie di individui si fondino sulla consapevolezza e sull’accettazione di un binarismo immanente ed immutabile, fondato sul giusto e sull’ingiusto, onestà e disonestà etc. Chi amministra e controlla una società fondata sulla gerarchia, sull’alienazione e su normative considerate naturali, deve evitare che venga superato tale binarismo immanente ed immutabile in quanto si genera il caos, il vuoto, l’ignoto, l’inaspettato.
In tale contesto rientra il neo-questore di Catania Alberto Francini che, oltre ad essersi imbarazzato per la presenza di una cosiddetta mela marcia all’interno della Digos pisana quando era questore della città toscana (6), ha ribadito cosa sia l’ordine costituito attraverso dichiarazioni paternalistiche (7), reprimendo forme di protesta nei territori in cui ha coperto la carica di funzionario di polizia. (8)
A Catania, quindi, Francini continua la “politica” repressiva contro gli spacciatori (9) dell’ex questore (ora prefetto) Giuseppe Gualtieri.

A dar manforte a questa ondata repressiva, ci pensa il convegno “Crimine organizzato e criminalità economica: stato dell’arte e prospettive future dopo l’introduzione del P.M. europeo,” promosso dalla docente Anna Maria Maugeri, ordinario di Diritto penale dell’Ateneo catanese, e in collaborazione con il Centro di Diritto penale europeo (Cdpe). Tra i relatori, spicca il procuratore del tribunale di Roma Giuseppe Pignatone che, nel suo intervento “Nuove mafie e strategie di controllo,” difende l’articolo 416bis del c.p.: “oggi ci troviamo di fronte a nuove mafie che però hanno approcci esterni che già conosciamo: mischiano affari leciti con illeciti, hanno rapporti con pubbliche amministrazioni, attuano tentativi di riciclaggio, sono in grado di controllare un determinato territorio o settore di attività attraverso l’intimidazione, quindi senza avere necessariamente morti ammazzati, provocando assoggettamento ed omertà. Io sono contrario a toccare il 416 bis perché credo abbia la capacità di colpire anche questi nuovi fenomeni, con singoli e mirati interventi del legislatore. Ad oggi non abbiamo trovato la soluzione giusta per i beni confiscati destinati a fini sociali, perché ad esempio le banche che avevano finanziato l’attività si tirano indietro appena arriva il decreto. Pignatone ha tra l’altro definito di “trincea” il lavoro svolto dai procuratori.” (10)

Ad appoggiare questa linea, vi è anche il procuratore del tribunale di Catania Carmelo Zuccaro -famoso per una sua dichiarazione televisiva su accordi tra alcune ONG e trafficanti di uomini (11)-, il quale afferma che il fenomeno mafioso vada “contrastato e non semplicemente contenuto.” (10)

Il fenomeno mafioso, come lo intendono questi fini giuristi, non è un fenomeno avulso dalle logiche del Capitale (guadagni ai danni di coloro che vengono sfruttati) e delle istituzioni ma è parte integrante di essi. Come scriveva Alfredo Maria Bonanno nella “Relazione degli scrittori siciliani al Congresso di Perugia del sindacato nazionale scrittori. 6-8 novembre 1975”: “La mafia in Sicilia è esistita e continua ad esistere perché lo consente lo Stato, perché esistono le connivenze con la magistratura, perché esistono le connivenze a qualsiasi livello del corpo in putrefazione di una borghesia che ha bisogno anche della mafia per garantire l’estrazione del plusvalore in Sicilia. I risultati clamorosamente inutili della commissione antimafia sono una prova di tutto questo.” (12)

Non bisogna andare troppo lontano con il tempo per vedere come la mafia siciliana, in particolare quella catanese, abbia fatto il bello e il cattivo tempo fin dagli anni ‘70. (13)
Quel che fa pensare è che tali teorie e misure repressive in una città considerata decenni fa come il principale centro economico della Sicilia -e ora in crisi profonda (4)-, sia fatta con lo scopo di instillare nella mente dell’abitante locale un’accettazione fatale del proprio destino di sfruttato e prono al potere costituito mafioso ed istituzionale.

Nonostante questo, nel centro cittadino considerato vetrina della borghesia, del clero e dell’amministrazione comunale locale, vi sono delle famiglie sfrattate all’interno della Cattedrale di Sant’Agata e di alcuni B&B. (14)

Il Comune di Catania, attraverso il suo ufficio stampa, fa sapere di voler aiutare le famiglie con redditi di inclusione, buoni casa di 250 euro e tirocini formativi di 400 euro. Tutto questo, afferma il Comune, “si potrà concretizzare solo se la situazione di illegalità nata dall’occupazione della Cattedrale verrà sanata, evitando speculazioni politiche e strumentalizzazioni.” (15)
Di fronte a questa uscita del comune, due donne occupanti hanno risposto così ad una videointervista:
Assolutissimamente di non lasciare la cattedrale. Perchè ne abbiamo realmente di bisogno. Ha proposto tre case ma se noi lasciamo la cattedrale, siamo anche noi poveri. Dove ce ne andiamo?” “Riguardo i tirocini ci siamo informati. È tutta una falsità. Non esiste il bando. Il buono casa non serve a nulla perchè nessuno dei padroni di casa affitta le case in quanto i padroni di casa sono malfidenti verso il comune -che non paga. Questa lotta la facciamo anche per i quartieri e coloro che si trovano a vivere nei garage e uffici.” (16)

Assistiamo quindi al solito spettacolino da parte di un comune in fallimento (17) che, in collaborazione con la questura (18), cerca di proteggere la propria immagine con l’arrivo del presidente della Repubblica Mattarella (19), gli interessi della curia insofferente a questa occupazione e delle imprese ricettive che sorgono nel centro storico cittadino.

 

Note
(1) https://questure.poliziadistato.it/it/Catania/articolo/5730dcd858760092385106

(2) “Si insedia il nuovo questore di Catania Alberto Francini «Molto lavoro da fare ma le sfide non mi spaventano,»” Meridionews dell’8 Gennaio 2018

(3) «Nei confronti del piccolo spaccio di droga – ha detto Francini – non c’è la possibilità di tenere in carcere lo spacciatore. Lo prevede la normativa, che aveva un suo senso nel 1975 quando lo spacciatore era un tossicodipendente, un soggetto fragile che alla fine dalle giornata aveva bisogno della sua dose. Questa situazione oggi è particolarmente cambiata. Oggi spacciano bande organizzate. Avere ancora una trattamento di favore nei confronti del piccolo spaccio è secondo me una cosa che dovrebbe essere rivista.»
“Catania, il questore Alberto Francini: «Carcere per chi spaccia,»” LaSicilia.it dell’8 Gennaio 2018.

(4) Ne “Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane” (consultabile qui: http://www.consulentidellavoro.it/files/PDF/2017/Dinamiche-mercato-lavoro_ITALIA.pdf) dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro del 2017, Catania e provincia hanno un tasso di occupazione del 39,6%

(5) Per rendersi conto di questo, basta fare una semplice ricerca su google come “Boldrini Librino,” “Berlusconi Catania” e “Renzi Catania” e leggere i vari articoli che compaiono sulla prima pagina del motore di ricerca.

(6)«Non sappiamo perché lo abbia fatto – dice il questore di Pisa, Alberto Francini – e ora siamo sconcertati. Negli ultimi tempi non ha mai dato segni di nervosismo o altri segnali che lasciassero prevedere qualcosa di preoccupante. Era rientrato in servizio dopo un periodo di malattia ma le sue condizioni psicofisiche erano buone. È un fatto inspiegabile, che ci amareggia. Nessuno, neppure tra i suo colleghi più stretti, riesce a dare una motivazione al gesto che ha compiuto. Purtroppo per lui la strada e segnata: ora è sospeso e all’esito del processo di primo grado sarà destituito da poliziotto».
“Lucca. Poliziotto rapina supermarket: inseguito dai dipendenti, bloccato e arrestato,” ilmattino.it del 29 Settembre 2015

(7) «Intendo ribadire a chiare lettere che la libertà di manifestazione del pensiero, tutelata in maniera assoluta dalla Costituzione all’articolo 17, trova nei questori italiani sinceri garanti anche quando queste proteste fanno sentire la loro voce con toni aspri e determinati», ha detto alla festa della polizia giovedì il questore Alberto Francini, precisando che «mai sarà tollerata la violenza, contro i prevaricatori» le forze dell’ordine applicano «la linea dura»
“Canapisa, braccio di ferro Comune-questura,” Il Tirreno edizione Pisa del 28 Maggio 2016

(8) Vedasi i seguenti articoli:
Pianura, fiamme nella notte. “Quartiere ferito a morte,”” La Repubblica edizione Napoli del 4 Gennaio 2008
Colpita la guerriglia di Terzigno trentuno indagati verso il processo,” La Repubblica del 6 Ottobre 2011
Sgomberata la Mala Servanen Jin. Scontri e resistenza in via Garibaldi,” Riscatto. Cronache della Pisa che non si rassegna del 25 Maggio 2017

(9) Di tutto questo, vedere gli ultimi articoli usciti su Cataniatoday come:
Picanello, trovati oltre 140 chili di droga in un ‘bunker’: due arrestati” e “San Berillo, sequestro di droga in una vecchia abitazione,” Cataniatoday del 12 Gennaio 2018;
Lancia droga sul terrazzo di uno sconosciuto: arrestato pusher,” Cataniatoday del 13 Gennaio 2018; “Spacciano cocaina a Trecastagni, due pusher arrestati dai carabinieri” e “Controlli antidroga in via Stella Polare, arrestato spacciatore,” Cataniatoday del 14 Gennaio 2018.

(10) “Pignatone: «Il 416 bis strumento utile anche contre le nuove mafie»,” lasicilia.it del 14 Gennaio 2018

(11) La dichiarazione di Zuccaro, “Alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante. Si perseguono da parte di alcune ong finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi,” ha portato ad un vespaio di polemiche e, allo stesso tempo, sostegni da parte di Fratelli d’Italia e Forza Nuova verso il procuratore del tribunale di Catania.
Leonardo Bianchi, giornalista e blogger, su un post di facebook apparso il 27 Aprile 2017, riporta questa dichiarazione smontandola completamente con dati e dichiarazioni di smentita da parte dell’UE e della Guardia di finanza, e tacciando i supporter di queste teorie di “far sparire quelle imbarcazioni di soccorso dal Mediterraneo.” Il post completo di Leonardo Bianchi si trova a questo indirizzo: https://pastebin.com/wVTa32US

(12) Alfredo Maria Bonanno, “Sicilia: sottosviluppo e lotta di liberazione nazionale,” pag. 184

(13) Vedasi l’articolo di Pippo Fava, “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa,” comparso nel primo numero de I Siciliani del Gennaio 1983. L’articolo completo è disponibile al link:
https://mega.nz/#!jEZD0Q7Z!d2byLk-UMOQHk5ayQrcjBNldl_MKZjcie7XbpEfb1AQ

(14) “Senza tetto ospitati nel Duomo di Catania. L’Arcidiocesi: «Questa non è la soluzione»,” lasicilia.it del 6 Dicembre 2012.
Oltre questo articolo, vedere “La protesta dei senza casa si estende a macchia d’olio: “Siamo pronti a tutto,”” Cataniatoday dell’11 Gennaio 2018

(15) “Occupanti Cattedrale, uffici comunali completano l’approfondimento,” comune.catania.it del 15 Gennaio 2018

(16) “Famiglie senza casa rimangono in Cattedrale: “”Durante la festa di Sant’Agata faremo le pulizie,”” videointervista apparsa su Cataniatoday del 16 Gennaio 2018

(17) “Debito miliardario Catania: “Dissesto non risolverebbe,”” BlogSicilia.it del 28 Maggio 2016
Salvatore Andò, assessore al bilancio, afferma che “naturalmente per il Comune poter ripianare le proprie passività in un arco temporale più ampio significa anche liberare risorse a disposizione della collettività, a favore di servizi e di altri compiti dell’ente, per una maggiore efficacia e efficienza dell’azione amministrativa.” “Consiglio comunale approva atto d’indirizzo per la rimodulazione del piano di riequilibrio,” comune.catania.it del 13 Gennaio 2018

(18) “«Ieri li abbiamo tolti dopo che ci era stato promesso dalla Digos un incontro con prefetto e sindaco. Oggi invece Francesco Marano (capo dello staff del sindaco Enzo Bianco, ndr) e l’assessore al welfare Fortunato Parisi ci hanno parlato dei tirocini formativi. Usciti delusi dalla riunione abbiamo deciso di rimettere gli striscioni». A quel punto la polizia è intervenuta in prima persona: «Quattro agenti hanno strappato e portato via gli striscioni, procedendo poi all’identificazione di alcuni occupanti – racconta ancora l’uomo – Ci hanno spiegato che ogni volta che li rimetteremo loro li toglieranno»”
“Duomo, riunione e tensioni fra occupanti e polizia«Strappati i nostri striscioni». Trattative in stallo,” catania.meridionews del 19 Gennaio 2018

(19) “Arriva il Presidente della Repubblica Mattarella: prevista visita in città,” catania.liveuniversity.it del 4 Gennaio 2018.
L’arrivo del Presidente della Repubblica a Catania e la sua visita a Librino, ha portato ad una sistemazione delle strade e dei marciapiedi del quartiere catanese. Per ulteriori approfondimenti, vedere il video che appare nell’articolo “Catania, il video dei preparativi a Librino per la visita del Capo dello Stato,” lasicilia.it del 15 Gennaio 2018

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Presentazione

Chimera, che fuoco spirava,
che immane era, tremenda, veloce nei piedi, gagliarda.
Essa tre teste aveva: la prima di fiero leone,
l’altra di capra, la terza di serpe, d’orribile drago.
Bellerofonte prode con Pègaso morte le diede.
(Esiodo, “Teogonia,” versi 319-325, trad. E. Romagnoli)

Di dar morte all’indomita Chimera.
Era il mostro d’origine divina
Lïon la testa, il petto capra, e drago
La coda; e dalla bocca orrende vampe
Vomitava di foco. E nondimeno
Col favor degli Dei l’eroe la spense.
(Omero, “Iliade,” Libro VI, versi 221-226, trad. V. Monti)

 

Secondo la mitologia greca, la chimera era una creatura nata dall’unione di Tifone ed Echidna. Rappresentata ora come “mostro d’origine divina Lïon la testa, il petto capra, e drago la coda,” ora come creatura che “aveva tre teste: la prima di fiero leone, l’altra di capra e la terza di serpe,” essa sputava fuoco dalle teste uccidendo i malcapitati. Venne uccisa da Bellerofonte con una lancia dalla punta di piombo.

Se per Esiodo ed Omero la chimera rappresentava, come unica creatura, la violenza (dal leone), la lussuria (dalla capra) e la perfidia (dal serpente), Platone, nel nono libro della “Repubblica”, parla non solo della Chimera ma anche di “Scilla, Cerbero e vari altri esseri […] costituiti da molte forme riunite in un unico corpo”, indicandoli come perversioni bestiali interne ad un individuo. Queste perversioni, trasformano l’individuo “travestito da uomo” (simbolo di rettitudine e giustizia), in un essere crudele, ingiusto ed avido che, con i suoi vizi e le sue passioni, distrugge l’armonia e l’equilibrio dettato dalle leggi e dallo Stato.

Benché i tre autori citati identifichino questa creatura con la deformità morale e fisica dei loro tempi – ripresa poi dai cristiani con la rappresentazione della chimera come la negazione della trinità-, le tre teste che compongono la creatura possono rappresentare il coraggio (dal leone), la mansuetudine (dalla capra) e la sapienza (dal serpente).

Le molteplici rappresentazioni della chimera l’hanno trasformata in simbolo dei cambiamenti, delle illusioni e delle fantasie azzardate: in parole povere in un simbolo dell’utopia e dei sogni vani.
Come anarchic*, affermiamo che le molteplici rappresentazioni di un simbolo (la chimera) siano dinamiche e fluide, tendenti ad essere plasmate e costantemente modificate tramite l’unione di teorie e pratiche attinenti alla realtà che l’individuo vive.

Prendiamo la Chimera non come simbolo negativo/positivo dettato da un establishment intellettuale passato, odierno o futuro, ma come simbolo di una teoria e pratica dinamica e fluida di liberazione per tutt*.

Oggigiorno assistiamo sia ad un profondo divario tra chi possiede la ricchezza e chi no -portando ad un peggioramento nella vita sociale e lavorativa di tutt*- sia a tentativi di “dividi et impera” da parte del Capitale, degli Stati e della cultura dominante.

In quanto anarchic*, ci opponiamo a tutto questo: ogni problema di qualcun*, è un problema per tutt*. Crediamo nell’auto-organizzazione tra sfruttat* e non in avanguardie sterili, arroganti, presuntuose e senza senso.

Credendo in ciò, vogliamo costruire, attraverso il mutuo appoggio, la solidarietà e l’azione diretta, dei percorsi di autogestione come la creazione di strutture di autoreddito, la possibilità di abitare liber* da palazzinari, da banche e da strutture burocratiche e di mangiare tutti i giorni e il più possibile fuori dai meccanismi neoliberisti.

Per l’azione diretta
Per il mutuo appoggio
Per la solidarietà
Per l’anarchia.

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