Solidarietà all’Asilo Occupato e agli spazi occupati!

In questi ultimi mesi, molti spazi sociali e comitati di lotta per la casa hanno subito attacchi dalle istituzioni.
A Dicembre numerosi arresti sono stati fatti a Milano ai danni dei militanti del comitato di lotta per la casa del quartiere Giambellino e a Cosenza ai danni del collettivo Prendo casa.
La settimana scorsa le autorità hanno sgomberato l’Asilo di Torino centro sociale occupato da 24 anni.
Le accuse? L’aver affrontato l’emergenza abitativa, il degrado e l’incuria dei quartieri popolari, opponendosi agli sgomberi che lasciano case vuote e famiglie per la strada e organizzando manifestazioni, presidi, picchetti antisfratto e aiutando persone in difficoltà.
L’atto sovversivo perpetrato, secondo la cultura dominante, è quello di non essersi uniformat* alla vita sociale e di aver attuato delle reali pratiche di resistenza attraverso degli spazi liberati.
Individui “senza possibilità economiche riprendono ciò che a loro viene negato, manifestando nella produzione della vita quotidiana una grande capacità di costruire legami sociali con fini comuni” (cit. Andrea Staid, Occupare lo spazio. Modalità diverse di abitare come pratica di resistenza)
A riprova di quanto scritto da Staid ed in solidarietà all’Asilo e alle persone che lo hanno reso uno spazio di resistenza, si riporta quanto scritto da Roberto Carocci, compagno romano, su facebook:

Ho frequentato gli squat anarchici torinesi nella prima metà degli anni ’90, durante il mio primo anno di università a Pavia. La sera si prendeva la macchina – che chiamavamo Cesira – e si andava per qualche concerto punk a El Paso, Delta, ecc. Erano posti belli (i bagni di El Paso!), molto diversi dai soliti centri sociali. Per lo più non c’era la sottoscrizione e neanche il bar, da bere te lo portavi tu e, nel migliore dei casi, lo condividevi. Lo scambio in denaro era assente o quantomeno ridotto al minimo. Erano momenti di allegra, libera e pacifica aggregazione umana, a volte un po’ selvaggia.
In questi giorni, a Torino, hanno sgomberato l’Asilo che fu occupato proprio in quegli anni e arrestato 6 anarchici/he per, pare, aver espresso il proprio disappunto nei confronti dei campi di concentramento per i migranti (se lo avessero fatto negli anni ’30-40 in Germania, oggi sarebbero eroi). La Torino anarchica sta tutt’ora rispondendo con tre giorni di rivolta, senza piagnistei, senza rivendicare una propria presunta utilità/funzionalità sociale o la ricerca di una qualche accettazione (come fin troppo spesso accade in questi casi), ma semplicemente affermando se stessa. Perché? Perché al cuor non si comanda.

 

Per portare solidarietà e sostegno:

agli/alle arrestati/e dell’Asilo: conto intestato a Giulia Merlini e Pisano Marco
IBAN IT61Y0347501605CC001185671.
al Comitato Abitanti Lorenteggio-Giambellino: Cassa di solidarietà intestazione a Bruno Di Benedetto
IBAN:IT58T0608533430000076000370BIC\SWIFT:CASRIT22

Daje Asilo! Daje Giamba! Daje Prendo casa!

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Solidarietà all’Asilo Occupato e agli spazi occupati!

Palermo: la democrazia all’opera

Il decreto sicurezza o Legge 1 dicembre 2018, n. 132, è uno degli ultimi capolavori dei governi italiani, atto a schedare, ricattare ed espellere i/le migranti “irregolari” dal territorio italiano.
Le misure che tanto piacciono a Salvini e soci, altro non sono che un’ evoluzione delle varie leggi emanate dai precedenti governi.
Questa è, in estrema sintesi, una semplice analisi dei fatti, che ha generato proteste da parte di alcuni sindaci, divenuti “famosi” per una loto presunta ed ostentata politica di accoglienza nelle città da loro amministrate.

Citando l’attuale sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il decreto 132 del 2018 “costituisce un esempio di provvedimento disumano e criminogeno. Per queste ragioni ho disposto formalmente agli uffici di sospendere la sua applicazione perché non posso essere complice di una violazione palese dei diritti umani, previsti dalla Costituzione, nei confronti di persone che sono legalmente presenti sul territorio nazionale. E’ disumano perché eliminando la protezione umanitaria trasforma il legale in illegale ed è criminogeno perché siamo in presenza di una violazione dei diritti umani e mi riferisco soprattutto ai minori che al compimento del diciottesimo anno non potranno stare più sul territorio nazionale“.

A sostenere Orlando, arrivano De Magistris e Nardella: il primo afferma “concederemo la residenza e non c’è bisogno di un ordine del sindaco o di una delibera perché in questa amministrazione c’è il valore condiviso di interpretare le leggi in maniera costituzionalmente orientata e là dove c’è un dubbio giuridico, un’interpretazione distorta o una volontà politica nazionale che tende invece a violare le leggi costituzionali o a discriminare in base a un motivo di tipo razziale, noi non possiamo che andare in direzione completamente opposta rispetto a questo diktat proveniente da Roma“; il secondo, invece, sbandiera Firenze come “città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata“.

Le dichiarazioni di questi soggetti sono di un’oscenità aberrante: in primis perchè costoro, in tempi non troppo lontani, hanno cacciato rom e sex workers e, in secundis, perchè i/le migranti costituiscono la nuova merce elettorale tra cui il potere/dominio cerca di accaparrare voti ed eventuali investimenti economici per poterli sfruttare a dovere nella macchina capitalista. Tali dimostrazioni sono evidenti nella pulizia della Vucciria da parte di alcuni migranti e nell’ostentare, esibendole, sul portone del Palazzo delle Aquile le coperte termiche – usate per salvare i/le migranti

Nel Gennaio del 2018, l’amministrazione comunale palermitana e la prefettura iniziano la caccia (eufemisticamente definita “monitoraggio” o “piano antiprostituzione”) contro le sex workers – con il beneplacito e sostegno di UDC e M5S, per “migliorare” il decoro e la rispettabilità della città e dei cittadini.

Sul tema delle sex workers, Vincenzo Figuccia, deputato regionale dell’UDC ed ex assessore regionale per l’energia e i servizi di pubblica utilità, aveva rilasciato la seguente dichiarazione:
In Sicilia le città, soprattutto quelle metropolitane, sono diventate luoghi dove la criminalità organizzata sfrutta la prostituzione. Non dà la misura della civiltà un Paese che si volta dall’altro lato rispetto a un fenomeno come la prostituzione che se regolamentato porterebbe gettito fiscale e garantirebbe anche verifiche sanitarie. Faccio appello al parlamento regionale affinché si intesti una battaglia per una legge nazionale sull’esercizio della prostituzione che riporti decoro nelle nostre città, togliendo dalle grinfie della malavita migliaia di persone. Paesi cattolici dell’Ue hanno fatto passi importanti per tutelare chi sceglie di prostituirsi. Non è ammissibile che alla criminalità si diano vantaggi incredibili per lucrare anche su questo.” (La Sicilia, 16 Gennaio 2018)

Figuccia in passato aveva presentato all’Assemblea Regionale Siciliana il progetto di legge sulla “Giornata della famiglia” perchè “la famiglia è il pilastro della società, insegna ad ogni individuo i valori della solidarietà e del rispetto, rappresenta il primo avamposto della legalità” (Palermotoday, 26 Agosto 2014)
La morale della famiglia come pilastro della società (specie siciliana), serve a rafforzare e perpetuare un sistema fortemente gerarchico.
Nel caso siciliano, la famiglia – di qualsiasi estrazione economica -, è dominata dalla figura del padre che decide e controlla tutto. Alla base di questo dominio totale, vi è il modello culturale religioso, fatalista ed individualista da “mors tua, vita mea” che permea il tessuto sociale siciliano.

Il modello familiare così descritto viene nascosto ed idealizzato dal citato Vincenzo Figuccia per conquistare i voti dell’elettorato cattolico siciliano medio e tenersi buono e caro il clero.
Queste morali spicciole e farlocche in Sicilia sono sempre state utili per giustificare l’operato del clero, della burocrazia, delle forze dell’ordine, della borghesia e della tanto vituperata mafia nel controllo e nel dominio del territorio siciliano.

Nel caso dei rom a Palermo abbiamo dei capolavori politici di indubbia finezza. Sgomberato il campo rom (o ghetto rom) all’interno del Parco della Favorita nel Luglio 2018 tramite ordinanza comunale, costoro vengono mandati nelle case occupate da famiglie italiane. Tra Agosto e Settembre dello stesso anno, scoppia il caso “Case ai rom” dove alcuni residenti e occupanti abusivi inscenano proteste (supportati dai gruppi fascisti locali) contro tale decisione del Comune. Alla fine viene raggiunto un accordo secondo il quale le due “etnie” dovranno convivere.
Il fatto che Orlando e soci abbiano sgomberato i/le rom (considerat* ancor oggi criminali e feccia della società) non è certo dovuto a carità o pietà umana di cristiana memoria.
Il Parco della Favorita si trova all’interno della Riserva naturale “Monte Pellegrino” ed è una delle aree verdi più grandi presenti a Palermo.
Ma è anche un potenziale centro turistico da sfruttare, come dimostrato dall’equiparazione con Central Park di New York o dal fatto che si invochi l’utilizzo delle forze dell’ordine per debellare prostituzione e violenza e, quindi, far vivere il Parco.

Come descritto nell’Introduzione della Prima Parte di Turismocrazia, “il turismo in Sicilia, giudicato per decenni come settore economico marginale (principalmente a causa dello stato delle infrastrutture stradali e della burocrazia lenta e costosa), è visto oggi giorno come un’ancora di salvezza.
Forte dei finanziamenti europei e del governo centrale, la classe dirigente politico-economica siciliana si appresta, dunque, a trasformare il territorio siciliano in un enorme “Parco Divertimento”“.

E allora, diciamocelo! “[…] meglio la democrazia che il fascismo.
Meglio la libertà relativa che la schiavitù assoluta.
Meglio l’influenza che la polmonite.
Meglio non avere un occhio che non averli entrambi.
Meglio un accidente secco dell’agonia atroce dell’idrofobia.
Tra due mali, il minore è sempre preferibile al peggiore.[…]
(“Meglio la democrazia!“, L’Adunata dei Refrattari, 25 Dicembre 1943)

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Palermo: la democrazia all’opera

A Sud di nessun Nord, a Nord di nessun Sud

 

Nell’articolo “Verso Sud” comparso su Sicilia Libertaria (Dicembre 2018), viene descritto come in Sicilia vi sia una forte emigrazione dovuta ai continui fallimenti della lotta territoriale e alla contemporanea crescita della militarizzazione. Citando le sempiterne multinazionali e l’ingombrante imperialismo americano, nell’articolo si auspica di trovare il modo e le energie per uscire da un impasse tipicamente del Sud: la servitù fatalista o accettazione dello stato di cose attuale.
Questa visione delle cose, in parte veritiera, non è comunque completa.
Nella Convention del Mezzogiorno organizzata da Confartigianato a Palermo il 4-5 Ottobre 2018, Luca Bianchi, direttore dell’Associazione per lo Sviluppo Industriale nel Mezzogiorno (SVIMEZ), ha presentato “Tendenze dell’economia meridionale”. In questo rapporto Bianchi ha evidenziato come in Sicilia siano andati perduti, dal 2008 a oggi, 114.000 posti di lavoro e l’attuale tasso di occupazione sia del 40,6% (nella provincia di Catania è del 40,1%). Questa situazione, afferma il report di Bianchi, ha portato all’emigrazione di 177.000 persone (di cui 126.000 giovani tra i 15-34 anni) negli ultimi 15 anni. (1)
La narrazione del territorio vittima di “fenomeni x, y e z”, non è una cosa che ci appartenga: il mondo è globalizzato da secoli grazie ad un’ economia e struttura socio-culturale piramidale dove il vittimismo (come il pietismo) è sempre funzionale al dominio.
I dati riportati da Bianchi servono alla classe burocratica ed economica siciliana per rilanciare il turismo, le infrastrutture, l’agricoltura e i petrolchimici.
Ed ecco che la statistica, citando Kropotkin, “mendace può venir fabbricata negli uffici”(2), diventando funzionale agli schemi dei poteri sociali, economici e culturali odierni.
In tal modo la servitù fatalista viene creata e accettata. Vediamo nell’ambito agricolo che chi lavora, viene pagat* effettivamente tra i 20 e i 50 euro per 12 ore giornaliere! E che dire dell’ambito turistico? Un esercito di individui pronti a lavorare e a chiedere la pietà di essere pagat* tra i 25 e i 70 euro per 12-14 ore giornaliere!
Di fronte a questi dati ottenuti sul campo, qualcun* potrà dire che siano necessari una riforma, un cambiamento (petaloso) delle cose. Ed ecco sbandierati i Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro e/o i Contratti Provinciali del Lavoro, come se fossero un traguardo per poter sopravvivere in un mondo del genere. E da dove hanno origine questi Contratti se non dalle analisi statistiche di quei burocrati dentro i loro uffici?
E allora sovviene la domanda: qual è allora la vera statistica o la scienza adatta ad analizzare e comprendere la realtà e i suoi fenomeni? Sempre citando Kropotkin, “la statistica vera, esatta, non può pervenire che dall’individuo, risalendo dal semplice al composto”, (2) ovvero da chi lavora in vari ambiti e che punti verso l’emancipazione dell’individuo dal dominio odierno.
Per arrivare a ciò, non si può puntare solo ad un aspetto meramente culturale-ribellistico e, per di più, territoriale: le costruzioni geografiche Sud e Nord sono un modo per creare forme di separazione o linee di demarcazione tra territori e individui; la ribellione che non punti all’espropriazione e gestione di edifici e mezzi di produzione è solo fine a se stessa.
Puntiamo ad un mondo senza confini, basato su una solidarietà attiva (non pelosa o di carta!) tra sfruttat*, a saperci approcciare tra individui e a creare organizzazione e conflittualità ovunque ci troviamo.

Note
(1) http://www.svimez.info/images/INTERVENTI/DIRETTORE/2018_10_04_bianchi_confartigianato_slides.pdf
(2) Pëtr Kropotkin, “La conquista del pane,” pag. 51

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su A Sud di nessun Nord, a Nord di nessun Sud

La Semana Trágica de Buenos Aires (1919)

Introduzione
Il panorama politico internazionale, nel periodo tra il 1917 e il 1919, fu contraddistinto da grandi conflittualità sociali. Nei territori europei interessati dalla crisi economica e sociale provocata dalla Prima Guerra Mondiale (Germania, Russia, Italia, Ungheria e Francia), i lavoratori e le lavoratrici si organizzarono, mettendo in crisi il sistema liberale democratico.
Mentre in Europa il quadro era quello precedentemente descritto, nelle Americhe le borghesie e gli apparati burocratici inasprirono sempre più il livello repressivo contro i/le sovversivi/e per mantenere l’ordine. I tentativi di limitare l’entrata di migranti, considerati/e politicamente pericolosi/e vennero inaugurati dall’Argentina (“Ley de Residencia” o “Ley Cané” del 1902), seguita a ruota da altri paesi americani (l’ “Immigration Act” o “Anarchist Exclusion Act” degli Stati Uniti nel 1903, “Ley 72 sobre inmigracion en general” di Panama nel 1904 etc). L’organizzazione di scioperi e rivolte dei gruppi anarchici e socialisti, all’interno di territori divenuti terre promesse e di arricchimento per le borghesie, diedero il via alla repressione normativa.
A queste limitazioni si sommarono gli incontri tra i vari rappresentanti istituzionali degli Stati americani (Pan-American Convention del 1902, The Central American Peace Conference del 1907 e Caracas Convention del 1911) nel rafforzare le estradizioni di criminali (in particolare chi aveva commesso atti per “sovvertire l’ordine costituito”). Giungeva così a compimento una parte di quanto era stato delineato nella famosa, e parzialmente fallita, “Conferenza Anti-Anarchica” di Roma del 1898, ovvero la creazione di un organismo poliziesco internazionale e con potere di estradizioni rapide.
Il rafforzamento di tali dispositivi di sicurezza finì col dimostrare tutta la ferocia repressiva e la volontà precisa di mantenere i privilegi dei poteri sociali ed economici.
Un esempio concreto di questa situazione repressiva e crisi economica è evidente nello sfociare della “Semana Trágica de Buenos Aires” (7-14 Gennaio 1919).

I fatti
L’evento, noto come “Semana Trágica de Buenos Aires” scaturì a seguito della violenta repressione avvenuta durante lo sciopero degli operai metallurgici dell’Industria Vasena&Figli. Pedro Vasena, migrante italiano arrivato in Argentina nel 1865, lavorò fin da giovanissimo come fabbro; grazie alla sua spregiudicatezza e alle connivenze col regime politico conservatore e oligarchico del Partido Autonomista Nacional, riuscì a costruire un vero e proprio impero metallurgico nei primi anni ‘10 del Novecento.
Le motivazioni dello sciopero derivavano da una serie di fattori socio-economici locali e internazionali.
Hipólito Yrigoyen era stato il primo presidente argentino di un partito (l’Unión Cívica Radical) che concluse il regime del Partido Autonomista Nacional, mantenendo l’Argentina neutrale durante il primo conflitto mondiale. L’economia argentina, durante e dopo la guerra, aveva subito il brusco crollo dei mercati europei agroalimentari e industriali, con conseguente aumento vertiginoso dei disoccupati e dell’inflazione nel paese sudamericano.
Questa crisi coinvolse le industrie metallurgiche argentine, in particolare la Vasena&Figli. Per rientrare nei costi di gestione, gli eredi di Pedro Vasena (Alfredo ed Emilio Vasena) decisero di abbassare i salari degli operai, inducendo quest’ultimi ad indire uno sciopero con picchetto davanti alla fabbrica, ai primi di Dicembre del 1918. Le richieste degli scioperanti furono: la giornata lavorativa di 8 ore, sicurezza sul posto di lavoro e un aumento del salario.
La Vasena da un lato cercò di trattare con i lavoratori e, dall’altro, utilizzò i crumiri per sconfiggerli e spinse il governo ad intervenire energicamente. Fu così che la polizia intervenne il 7 Gennaio e sparò contro gli scioperanti, uccidendo quattro lavoratori e ferendone una ventina.
La brutalità della polizia nel reprimere questo sciopero è da ricercare, secondo lo storico argentino Felipe Isidro Pigna, negli stretti rapporti tra i Vasena e l’Unión Cívica Radical -in particolare con Leopoldo Melo, avvocato dell’Industria Vasena e deputato del suddetto partito- e dallo “spettro” del bolscevismo che imperversava negli USA e in buona parte dell’Europa.
Il quotidiano anarchico “La Protesta” fu quello che spinse alla ribellione generale dopo i fatti del 7 Gennaio. In un articolo dell’8 Gennaio, veniva riportato quanto segue:
A tutte le organizzazioni operaie della città. Senza dubbio, lavoratori, vendicate questo crimine. La dinamite è necessaria ora più che mai. Questo non può rimanere in silenzio. No! E mille volte no! Il popolo non si lascerà uccidere come una bestia mite. Incendiate, distruggete senza riguardo, lavoratori! Vendichiamoci fratelli! Di fronte al crimine della storica giustizia, la violenza del popolo come unica e immediata conseguenza e soluzione. I responsabili di questa mattanza orribile non possono avere diritto alla vita, e con essi chi li serve […] In vista di questi attentati, la FORA del V Congresso si riunirà questa notte per intervenire nel conflitto. Alzatevi, lavoratori!
Il 9 gennaio, Buenos Aires fu paralizzata e venne dichiarato lo sciopero generale. Gli unici movimenti erano le colonne compatte dei lavoratori che si preparavano a seppellire i loro morti. Uomini, donne e bambini del popolo, socialisti, anarchici e sindacalisti rivoluzionari scesero in piazza per dimostrare che non avevano paura delle violenze padronali.
In una situazione del genere, l’UCR e la borghesia di Buenos Aires si mobilitarono. Yrigoyen nominò l’ex ministro della guerra e deputato dell’UCR Elpidio Gonzalez capo della Polizia di Buenos Aires e Luis J. Dellepiane comandante delle forze militari in città. Secondo lo storico e scrittore Horacio Ricardo Silva, le nomina di González e Dellepiane avvenne per stemperare gli animi accesi dalla strage del 7 Gennaio e per controllare militarmente la città. González, secondo Felipe Isidro Pigna, temeva scontri ancor più duri – specie dopo il massacro del giorno prima – e chiese ed ottenne dal Presidente della Repubblica Argentina un aumento del 20% degli stipendi dei poliziotti.
Sia davanti alla chiesa che al cimitero, la polizia e l’esercito spararono per uccidere. L’anarchico Diego Abad de Santillán -importante figura del movimento anarchico argentino e spagnolo- riportò nel libro “La FORA. Ideología y trayectoria del movimiento obrero en la Argentina” un articolo apparso su un bollettino del quotidiano La Protesta:
Il popolo è per la rivoluzione. Lo ha mostrato ieri facendo causa comune con gli scioperanti delle officine Vasena. Il lavoro era paralizzato nella città e nei quartieri periferici. Non un solo proletario tradì la causa dei suoi fratelli di dolore. (…)
200.000 operai e operaie hanno accompagnato il corteo funebre con manifestazioni ostili al governo e alla polizia. I manifestanti costrinsero le ambulanze dell’assistenza pubblica a portare una bandiera rossa, impedendo che prendessero un ufficiale di polizia. (… )
Su via Rivadavia il popolo marcia armato con revolver, fucili e mauser. A Cochabamba e in Rioja un appartamento era carico di merci che furono distribuite tra il popolo. Nelle vie di San Juan e 24 de Noviembre, un gruppo di operai attaccò e incendiò l’automobile del commissario della 20esima sezione. Tutte le porte dei negozi sono chiuse. Gli animi sono eccitati. A Rioja e Cochabamba, un ufficiale di polizia, in un tumulto, ha ricevuto una pugnalata molto seria. Un petardo esplose nella metropolitana della stazione Once, lasciando il traffico completamente interrotto. Un’autopompa dei vigili del fuoco è stata bruciata lungo via San Juan. I vigili del fuoco consegnarono le armi agli operai senza alcuna resistenza. La polizia spara con proiettili dum-dum, Buenos Aires è diventata un campo di battaglia. Prosegue la processione funebre verso Chacarita. Gli incidenti si ripetono molto spesso.

Il giorno seguente, 10 Gennaio, la polizia e l’esercito vennero affiancati da gruppi come Guardias Blancas e Liga Patriótica Argentina (composti da borghesi) desiderosi di mettere in ordine la città. Questo “ordine” si tradusse in omicidi, distruzioni delle sedi di sindacati e biblioteche operaie, oltre che di tipografie e redazioni di giornali anarchici e sindacalisti.
A farne le spese furono anche gli ebrei e le sinagoghe perchè, come spiegato dallo scrittore Osvaldo Bayer, rappresentavano la Russia e, quindi, il bolscevismo. Per lo storico Angel J. Cappelletti la Liga Patriótica Argentina fu la precursore dell’ Alianza Argentina Anticomunista, mentre lo scrittore Nicolás Babini riporta come l’ammiraglio Manuel Domecq García e il viceammiraglio Eduardo O’Connor aizzavano i civili aderenti alla Liga contro russi e catalani in quanto “bolscevichi e anarchici.”
Dopo che i morti raggiunsero il centinaio e le rivolte nei quartieri della città non avevano fine, nei due giorni successivi (12 e 13 Gennaio) il governo, i Vasena e Dellepiane raggiunsero un accordo prima con gli operai metallurgici e, infine, accettarono le richieste delle due FORA (FORA del V Congreso e FORA del IX Congreso) in merito alla liberazione dei prigionieri, “la soppressione dell’ostentazione della forza da parte delle autorità” e il “rispetto del diritto di riunione”.
Nonostante l’accordo raggiunto, la polizia e la Liga Patriótica Argentina saccheggiarono e distrussero la redazione e la tipografia de “La Protesta”, portando la FORA del V Congreso all’ennesimo scontro con il governo argentino. Per risolvere una volta per tutte la situazione, il Parlamento argentino autorizzò lo Stato d’Assedio (14 Gennaio) e i socialisti parlamentaristi e la FORA del IX Congreso accettarono l’aumento salariale tra il 20% e il 40 %, le 9 ore lavorative giornaliere e la riammissione degli scioperanti licenziati.

Conclusione
Il 16 Gennaio, Buenos Aires era quasi una città normale. Il 20 Gennaio i lavoratori della Vasena, dopo aver verificato che tutte le loro richieste erano state soddisfatte e che nessuno era stato licenziato o sanzionato, decisero di tornare ai loro posti di lavoro.
La ribellione sociale durò esattamente una settimana, dal 7 al 14 gennaio 1919. Lo sciopero aveva trionfato al costo di 700 morti e oltre 4000 feriti. I proprietari del potere fecero pressione sul governo nei momenti più gravi e imposero la loro volontà repressiva. Non ci furono sanzioni per gli assassini della repressione. Anzi risultarono premiati dal governo.

Bibliografia
Babini Nicolás, “La Semana Trágica Pesadilla de una fiesta de verano
Bayer Osvaldo Bayer, “Gli anarchici espropriatori e altri saggi sulla storia dell’anarchismo in Argentina
Cappelletti Angel e Rama Carlos, “El anarquismo en America Latina
Jensen Richard Bach, “The battle against anarchist terrorism. An international history 1878-1934
-“The International Anti-Anarchist Conference of 1898 and the origins of Interpol
Pigna, Felipe Isidro, “Los mitos de la historia argentina”, Volume III
de Santillán Diego Abad, “La FORA. Ideología y trayectoria del movimiento obrero en la Argentina
Silva Horacio Ricardo Silva, “Días rojos, verano negro. Enero de 1919, la semana trágica de Buenos Aires

Appendice

Un manifesto de la F.O.R.A. del 10 Gennaio 1919:
Reunido este Consejo con representantes de todas las sociedades federadas y autónomas, resuelve:
Proseguir el movimiento huelguístico como acto de protesta contra los crímenes del Estado consumados en el día de ayer y anteayer. Fijar un verdadero objetivo al movimiento, el cual es pedir la excarcelación de todos los presos por cuestiones sociales. Conseguir la libertad de Radowitzky y Barrera, que en estos momentos puede hacerse, ya que Radowitzky es el vengador de los caídos en la masacre de 1909 y sintetiza una aspiración superior. Desmentir categóricamente las afirmaciones hechas por la titulada F.O.R.A. del IX congreso, que hasta el miércoles a la noche, sólo “protestó moralmente”, sin ordenar ningún paro. La única que lo hizo fue esta Federación. En consecuencia, la huelga sigue por tiempo indeterminado. A las iras populares no es posible ponerles plazo; hacerlo es traicionar al pueblo que lucha. Se hace un llamamiento a la acción.
¡Reivindicaos, proletarios!
¡Viva la huelga general revolucionaria!
El Consejo Federal.”

Estratto dall’articolo di Ildefonso Gonzalez Gil, “Voci dell’anarchismo. “La Protesta” nel suo 65° anniversario (1897-1962)”, Volontà, n. 1, Gennaio 1963, pagg. 41-42
Il 7 Gennaio 1919 di fronte ai cantieri metallurgici Vasena ebbe luogo uno scontro violento tra operai e polizia nel quale si ebbero 4 morti e venti feriti. L’indignazione fu incontenibile, al punto che la manifestazione di cordoglio, che accompagnava le vittime al cimitero, finì in una vera sommossa popolare. Venne proclamato lo sciopero generale e rivoluzionario; vennero assaliti i posti di polizia nei rioni popolari, le barricate s’innalzarono nelle strade e le sparatorie si susseguirono ora per ora. Il bilancio delle vittime di questa rivolta popolare, secondo la stampa borghese, ammontò a 700-800 morti e 4000 feriti e 52000 operai arrestati. Per vari giorni La Protesta uscì con due edizioni giornaliere, invitando gli operai alla lotta e alla rivoluzione sociale. Il 14 Gennaio la polizia chiudeva la tipografia, ma il 21 il giornale appariva di nuovo.”

 

Semana Tragica disegnato da Rodolfo Fucile

Gli operai delle Officine Vasena reclamavano cose semplici, come giornate da otto ore, aumenti dal 20% al 40% a seconda della sezione, soppressione del lavoro a cottimo e riassunzione dei licenziati. Il presidente Hipolito Yrigoyen mise le Forze Armate al servizio del Capitale e rispose con una brutale repres­sione: ci furono migliaia di detenuti, feriti, deportati, scomparsi e più di sette­cento assassinati in una sola settimana di protesta. Nessun ufficiale né funzionario fu giudicato. Come se non bastasse, più tardi Yrigoyen ordinerà le fucilazioni di millecinquecento contadini rurali in Patago­nia e la repressione dei taglialegna de La Forestal, facendo altri duecento morti.
Non ci sono dubbi che, al di là della sua impronta “nazionale e popolare”, il caudillo fu un precursore del Terrorismo di Stato in Argentina. Ma la repressio­ne esercitata dal governo nazionale ebbe anche l’aiuto di gruppi civili. Alcuni di loro erano composti da militanti della UCR (le “guardias civicas radicales”) e altri da giovani delle famiglie borghesi – che fornirono armi, veicoli e suppor­to logistico. Questi gruppi parastatali, come la Liga Patriótica Argentina e le Guardias Blancas, cacciavano gli “elementi disgreganti della nazionalità”. Oltre a perseguitare gli operai anarchici, si accanivano specialmente contro la comunità russa e contro chi aveva un “aspetto giudeo”. Irrompevano nelle case e nei negozi e torturavano giovani e anziani.
Va fatto notare che queste bande agivano in combutta con le forze statali, avendo libertà di azione anche all’interno dei commissariati e degli edifici pub­blici. Uno dei dati più scioccanti e premonitori è il numero delle persone scomparse: in una sola settimana se ne contavano 55, dei quali 33 erano minori. Nel libro “Dias Rojos, verano negro” di Horacio Ricardo Silva, si cita un cronista dell’epoca: «Queste persone non si sono perse né allontanate.. .Che succede? La polizia conosce i nomi di tutte le persone che ha seppellito? Si è proceduto a identificare tutti i cadaveri? Perché non si pubblica questa lista? È necessario risolvere questa situazione che oltre tutto preoccupa molta gente con la storia che queste “sparizioni” sono definitive». Quanto suonano familiari queste parole a chi di noi vive da vicino la lotta per la “Memoria Verdad y Justicia”. Quanto sono ancora attuali queste domande, che si ripetono anno dopo anno, in dittatura o in democrazia perché, con maggiore o minore intensità, lo Stato continua ad uccidere e nascondere.
Penso che la Settimana Tragica (ricordata dall’anarchismo come la Settimana di Gennaio) dovrebbe chiamarsi in un altro modo che renda chiare le responsa­bilità: “Massacro Operaio” o “Settimana di lotta e repressione” sarebbero nomi più appropriati. Invece è entrato in uso il nome scelto dalla classe dominante. In questo episodio occulto della nostra storia troviamo elementi di attualità: ri­chieste sindacali, focolai di nazionalismo e xenofobia, persecuzione dell’attivismo di sinistra e un governo di conciliazione delle classi che, sotto la pressione dei padroni, rende evidente la funzione dello Stato: garantire l’ordine diseguale con qualunque mezzo. Se le negoziazioni e la cooptazione non danno risultati, ricorrerà al Terrorismo di Stato al fine di disciplinare le classi popolari e raggiungere la menzionata Pace Sociale. Ma questa data ci ricorda anche altri pochi ingredienti che ogni tanto rinasco­no: la solidarietà, l’appoggio mutuo, il sindacalismo di base, l’organizzazione orizzontale e democratica. E soprattutto, la necessità di lottare con dignità contro l’oppressore. A quasi cento anni da quelle giornate, spero che questi di­segni possano essere un omaggio a chi mise il proprio corpo in questa lotta e offrano un contributo alla memoria collettiva.
Rodolfo Fucile
Buenos Aires, Ottobre 2018.
Link al documento

Pubblicato in Articoli, Documenti | Contrassegnato | Commenti disabilitati su La Semana Trágica de Buenos Aires (1919)

Anarcofemministe contro la xenofobia e il patriarcato!

Presentazione

Il 10 e 11 Dicembre a Marrakech si è tenuta la Conferenza internazionale sul Global Compact for Migration. Gli Stati che hanno aderito, hanno sottoscritto un patto fondato su un “approccio cooperativo per ottimizzare i benefici complessivi della migrazione, affrontando i rischi e le sfide per gli individui e le comunità nei paesi di origine, transito e destinazione”. Questa gestione dei fenomeni migratori internazionale è basata su 23 “Obiettivi per una migrazione sicura, ordinata e regolare” (1); in sostanza, vi è un aumento del controllo del fenomeno migratorio che, in un periodo di crisi economica e di scontri tra borghesie, è fondamentale per mantenere inalterati i poteri sociali, culturali ed economici dominanti.
Il controllo è una delle principali armi del dominio: attraverso la dicotomia assistenza-repressione, si riesce a trasformare i/le migranti ora in povere vittime e ora in eroi, ora in bestie e ora in delinquenti nati di lombrosiana memoria.
In Italia questo sentimento contro la migrazione non-italiana viene portata avanti da tutti i partiti politici parlamentari e sostenuta da buona parte della popolazione locale (2); in altre parti del mondo troviamo modalità simili.
È ciò che viene descritto nel comunicato del Colectivo Anarco-Feminista di Lima (Perù) dove numeros* migranti provenienti da un Venezuela distrutto dalla crisi economica -creata dall’inettitudine e corrotta Boliburguesia (3) e gli accordi per pagare i debiti con la Cina-, hanno attraversato i confini di Colombia e Perù.
L’ostilità della popolazione “peruviana” verso quell* che vengono considerat* invasori, è frutto della costruzione di “nazione-patria” cominciata fin dai tempi della “Guerra del Pacífico” o “Guerra del Guano y el Salitre” (1879-1884) e durata fino ai giorni nostri.
Questa visione di nazione-patria è, ad ogni modo, una cosa assai comune in tutti gli Stati sudamericani: vedasi la pulizia etnica che i governi cileni e argentini fanno da quasi un secolo ai danni dei mapuche o i governi brasiliani e venezuelani verso le popolazioni native dell’amazzonia.
In quanto per noi lo Stato e il Capitale sono funzionali sempre e comunque al controllo e alla mercificazione dell’individuo, ribaltiamo tutto un sistema del genere, puntando ad una solidarietà e mutuo aiuto tra sfruttat*.

Il confine non è un muro, è un sistema di controllo
non protegge le persone, le mette l’una contro l’altra
non favorisce l’unità, genera rancore
non tiene fuori i predatori, dà loro distintivi e pistole
il confine non divide un mondo da un altro
c’è solo un mondo e il confine lo sta lacerando” (Migrants Welcome, CrimethInc)

Note
(1) Global compact for safe, orderly and regular migration, pagg. 5-6. Link: https://refugeesmigrants.un.org/sites/default/files/180711_final_draft_0.pdf
(2) L’Italia preda di un sovranismo psichico. Link: http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121184
(3) Boliburguesia è una contrazione delle parole “bolivariano” e “burguesía”; si indica la classe economica e burocratica nata con la Quinta Repubblica Venezualana di Chavez e alleati.

Si ringraziano per la traduzione F., V.. Revisione di E.

Link originale

Oggi, nel giorno Internazionale del/della Migrante: Nè Frontiere, nè Bandiere!
Anarcofemministe contro la xenofobia e il patriarcato!

L’arrivo dei/delle migranti venezuelan* ha prodotto un arcaico sentimento patriottico e nazionalista in vari settori della società peruviana che si traduce in xenofobia, intolleranza e razzismo contro i/le nuov* arrivat*. Un discorso inaccettabile tra attivist* e gruppi che aspirano a costruire una società meno violenta contro le persone più vulnerabili.
Per questo motivo, come anarco-femministe, diciamo:
La migrazione è un fenomeno completamente normale nella storia dell’umanità. Proprio come le nostre madri e nonne arrivarono a Lima decenni fa, scappando dalla violenza e dalla miseria dell’interno del paese, incontrando razzismo e discriminazione da parte del popolo di Lima, ora i venezuelani sono alla ricerca di un futuro migliore per le loro famiglie. Come molti peruviani che hanno lasciato il paese. Non dovrebbero essere oggetto di violenza da parte dei governi, delle forze di polizia e men che meno di alcuni settori intolleranti della società.
Si argomenta che la presenza a Lima di una maggior quantità di persone desiderose di ottenere un lavoro dignitoso aumenterà la disoccupazione in quanto aumenterà il numero di persone in competizione tra loro. Questo argomento banale contraddice completamente la logica di qualsiasi movimento anticapitalista, in cui è chiaro che I VERI COLPEVOLI DELLA DISOCCUPAZIONE E DELLO SFRUTTAMENTO SONO IMPRENDITORI E POLITICI: i primi per approfittare della miseria dei/delle peruvian* e dei/delle migranti, scegliendo di pagare salari sempre più disumani; i secondi per indebolire sempre più i diritti lavorativi, dando più strumenti agli sfruttatori. Non è necessario ricordare che lo sfruttamento capitalistico è un fenomeno mondiale, quindi I/LE LAVORATORI/LAVORATRICI DI TUTTE LE NAZIONALITÀ DEVONO UNIRSI CONTRO GLI SFRUTTATORI.
Prima del discorso patriottico su una presunta difesa del territorio contro l'”invasione” migrante, vale la pena ricordare che LE FRONTIERE SONO UN’INVENZIONE DELLA BORGHESIA NEL DIVIDERE I LAVORATORI/LE LAVORATRICI. IL DISCORSO XENOFOBO È FUNZIONALE AL CAPITALISMO, perché nulla rende più allegro l’imprenditore sfruttatore che vede i/le pover* combattere gli uni/le une contro gli altri/le altre invece di combattere unit* contro esso.
Inoltre risulta ironico che questo discorso trumpista sia capitato tra attivisti e movimenti definiti “anti sitema” e “anti capitalisti” che sembrano aver dimenticato l’internazionalismo e la solidarietà di classe. Al colmo dell’incoerenza, molti usano come esempio le politiche migratorie di governi capitalisti e razzisti che reprimono il proprio popolo, come il Cile di Piñera, gli Stati Uniti di Trump e il futuro Brasile di Bolsonaro.
Riguardo in particolare alle migranti, per la loro condizione di donne straniere in una società machista e misogina come quella attuale, si trovano in una SITUAZIONE DI DOPPIA VULNERABILITA’. Prova di questo è il caso di due donne venezuelane violentate dalla polizia, casi che continuano impuniti. Allo stesso modo, dalla loro partenza, le venezuelane sono state oggetto di molestie e stereotipi razzisti e machisti, riguardo al loro aspetto, per minimizzare così i casi di violenza di genere perpetrati contro di loro. Le venezuelane sono state reificate sessualmente da parte dei mezzi di comunicazione e le reti sociali, riproducendo in loro -in grado maggiore- gli stessi pregiudizi che esprimevano verso le peruviane. Allo stesso modo, molte migranti sono sfruttate sessualmente dalle mafie che le lasciano senza documenti, sapendo che qualunque crimine contro di loro resterà impunito. Alcune sono separate dai propri familiari, dalle figlie. La maggior parte di queste donne non riceve aiuto da parte dello Stato. Come femministe dobbiamo stare all’erta contro le minacce del patriarcato verso le migranti perché la SORELLANZA E IL FEMMINISMO VANNO DI PARI PASSO CON L’INTERNAZIONALISMO.
In quanto ai settori che dicono di preoccuparsi per l’incremento della popolazione e che potrebbe creare disoccupazione e povertà, risulta curioso che incitino la violenza contro le persone migranti quando questi stessi collettivi hanno sostenuto un discorso contro i diritti e contro la DEPENALIZZAZIONE DELL’ABORTO e dell’APPROCCIO DI GENERE NELL’EDUCAZIONE, mezzi che potrebbero servire davvero a contenere l’aumento della popolazione senza alcuna necessità di esercitare violenza contro nessun*. Per concludere, sebbene come anarchiche ci opponiamo alle istituzioni e ai governi oppressori, consideriamo un progresso sociale il riconoscimento dei diritti dei settori vulnerabili della società, come le donne, le persone LGTBI, le operaie, le indigene, contadine e anche le migranti. Pertanto, ripudiamo qualunque evento di supposta protesta contro qualunque politica che proibisca allo Stato, alla Polizia repressiva e alle istituzioni di esercitare violenza e discriminazione contro i/le migranti.
Staremo all’erta contro qualunque discorso di odio che sorge e lo smaschereremo.
SORELLANZA CON LE MIGRANTI
NESSUN ESSERE UMANO è ILLEGALE
ABBASSO LE FRONTIERE
Collettivo AnarcoFeminista – Lima

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Anarcofemministe contro la xenofobia e il patriarcato!

Catania: su violenze e ipocrisie in posti “compagni”

All’inizio di questa settimana, NUDM Catania fa uscire sulla sua pagina facebook un comunicato di una ragazza che ha subito una violenza psicologica oltre che sessuale da parte di due soggetti chiamati “compagni”.

La cosa non stupisce affatto in un territorio come Catania e dintorni; negli anni passati abbiamo visto come queste situazioni siano state o minimizzate o addirittura fatte passare sotto silenzio.
Ci si chiede: come può accadere tutto questo? La risposta, per quanto sintetica e stretta, è dovuta ad un tessuto sociale locale intriso di una cultura machista e sessuofoba allucinante che modella anche chi si considera compagno/a.

E di fronte a situazioni dove un’individualità (donna, transessuale, transgender etc) subisce una o più violenze in ambienti “compagni”,  vi sono gli  “atti di dolore” di cristiana memoria, ovvero misure ipocrite o “da Ponzio Pilato” per far star bene chi commette la violenza e far rassegnare chi la subisce.
In tal modo si continuano i soliti schemi di merda del dominio e della prevaricazione -palpabili durante le fasi assembleari o di interazioni con gruppi e singoli.

Questo discorso riguarda anche buona parte del movimento anarchico locale: a parole contro i meccanismi di dominio, ma nella pratica fa l’esatto contrario in quanto influenzato e gaudente della cultura del dominio.

Il fatto che si parli di una tematica importante come il femminismo in un territorio del genere, è da sostenere ed apprezzare.

Da parte nostra, come Gruppo Anarchico Chimera, affermiamo di non tollerare le ipocrisie di personaggi (maschile plurale) catanesi che, in tempi non sospetti, hanno trattato le compagne come “l’ornamento da sfoggiare in pubbliche manifestazioni” e utilizzato il femminismo come “mezzo per l’egemonia politica” o “strumento elettorale”.

Non amiamo i processi sommari. Ma non amiamo far passare sotto silenzio spazi e gruppi politici considerati teoricamente safe ma che in realtà sono ricettacoli, giusto per ripeterci, di prevaricazione, egemonia e machismo.

La solidarietà va alla ragazza e a tutte quelle individualità (donne, transessuali, transgender etc) che a Catania vengono costantemente ostracizzate, ignorate e perseguitate dai sostenitori e dalle sostenitrici dell’attuale sistema democratico.

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Catania: su violenze e ipocrisie in posti “compagni”

Turismocrazia

Premessa

“Turismocrazia”, o “potere del turismo”, ovvero: come la borghesia e il potere politico trovano il modo di rinnovarsi e rafforzarsi in un territorio economicamente e socialmente disastrato.

Per potersi assicurare il guadagno economico e politico, le due forze in campo – borghesia e Stato – utilizzano polizia e mezzi di informazione per normalizzare o far accettare tale situazione. Nella Sicilia del XXI secolo, il turismo è funzionale, insieme al militarismo e allo sfruttamento petrolifero e agricolo, al mantenimento inalterato dei privilegi politici ed economici. Le amministrazioni comunali modellano il loro tessuto urbano attraverso nuovi Piani Regolatori – come accaduto di recente a Catania.

Link al documento in pdf

Pubblicato in Articoli, Documenti | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Turismocrazia

La campagna elettorale permanente ovvero Tutto cambia perchè nulla cambi

Clicca l’immagine per il download

Presentazione

Le parole sono uno dei mezzi con cui avviene la nostra comunicazione, aiutandoci sia a relazionarci con altri individui che a dare nomi ad oggetti, animali umani e non umani.
Attraverso l’importanza e la significanza che diamo a questi, riusciamo ad interpretare la realtà che viviamo.
In tal modo, le parole vengono classificate e memorizzate, consentendo lo sviluppo di un linguaggio; questo permette di fare distinzioni attraverso due operazioni come la generalizzazione e la particolarizzazione, ovvero quelle capacità dell’individuo di analizzare sia i tratti comuni che le differenze (grandi o piccole che siano) delle cose.
Queste due operazioni stanno alla base di una complessa capacità classificatoria e relazionale tra le cose, dando all’individuo il maggior numero di informazioni utili.
Il linguaggio, quindi, non sarà mai neutro perchè influenzato dalla nostra visione del mondo, dalla nostra sensibilità e dal nostro approccio alla realtà.
In un ambito politico generale, ci accorgiamo come il linguaggio sia indirizzato a portare avanti determinate istanze teoriche e pratiche, filtrato non solo dalle idee, ma dosato anche in base a destinatari e media utilizzati (mass-mediatici e comizi).
Ne “La campagna elettorale permanente” abbiamo preso le dichiarazioni di esponenti italiani e locali politici, intellettuali, borghesi, neofascisti e della magistratura tra il 10 Giugno e il 1 Luglio 2018.
Il linguaggio utilizzato da costoro nei convegni, nei social network e nei giornali cartacei e virtuali, provocano determinate emozioni (pietismo, infervorare, rabbia, felicità etc) ai/alle destinatari/e, trasformando chi riceve questi messaggi in consumatori/consumatrici incapaci di uscire da quella sorta di binarismo dell’accettazione e/o negazione di una parte del dominio odierno.
L’opuscoletto mescola sapientemente e semplicemente, privo di qualsiasi teatralità sterile e vuota, le dichiarazioni dei soggetti che abbiamo citato.
Precisiamo che gli argomenti sul linguaggio e i modelli comunicativi trattati in questa presentazione e nelle successive pagine, sono trattati in modo lineare e semplice in modo da renderlo fruibile e comprensibile a chiunque.

Pubblicato in Documenti | Contrassegnato | Commenti disabilitati su La campagna elettorale permanente ovvero Tutto cambia perchè nulla cambi

Alcune considerazioni a caldo sulla vicenda della Nave della Guardia Costiera Diciotti e dei/delle 177 migranti presenti in essa.

Dopo essere stata diversi giorni in mezzo al mare, la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo i/le 177 migranti, attracca al molo di Levante del porto di Catania.
Fin da subito nasce da parte delle individualità e dei gruppi politici catanesi di organizzare una iniziativa spontanea di solidarietà verso i/le migranti sopra la nave.
Il famoso evento “Accogliamoli con un arancino” ha avuto una diffusione notevole, portando l’attenzione mediatica nazionale su quanto stava succedendo al porto. La nota positiva finisce qui perchè l’evento di per sé è stata una bella sceneggiata e passerella per i politici del Partito Democratico (tipo Martina, Boschi etc).
Mangiati gli arancini, infatti, tutti i partecipanti se ne sono andati via e, nei giorni successivi, non si sono visti al porto. Non entriamo, comunque, nel merito su questo evento ma esprimiamo solo dei dubbi ben fondati sullo sfrenato etnocentrismo e razzismo dell’attuale classe politica istituzionale.
I partiti della sinistra istituzionale ed i movimenti locali legati ad essi, si sono resi conto di non dover lasciar spazio e visibilità al PD (artefice di moltissime nefandezze legislative sui migranti in questi ultimi anni), invocando un presidio al porto.
Iniziativa giusta e doverosa ma organizzata e gestita male: non esisteva un tendone, un palco o un semplice spazio per incontrarsi, condividere dei momenti e ragionamenti o esprimere solidarietà.
Nel mentre, sono continuate le passerelle quotidiane di politici nazionali e locali con esternazioni di ogni genere (Gianfranco Miccichè di Forza Italia, l’UDC etc)

Giovedì sera però avviene qualcosa di diverso.
Viene indetta una manifestazione di protesta e di sostegno alle politiche di Salvini da parte della sezione locale di Forza Nuova -composta principalmente da 50 persone per lo più anziani e relative mogli.
Scortati da un nugolo di poliziotti, i fascisti vengono accolti da un gruppo di compagni/e anarchici/anarchiche. Non si arriva allo scontro e gli/le anarchici/anarchiche presenti, insieme ad alcuni del Centro Sociale Occupato Colapesce (legato a Potere al Popolo) si dirigono verso il presidio, riuscendo a salire sulla passeggiata superiore del molo, intonando cori e mostrando uno striscione.
La mossa fatta riesce a vivacizzare un presidio decisamente sonnecchiato e per nulla organizzato.
Dopo tale evento, nascono iniziative spontanee di solidarietà: improvvisati cortei di luci con i telefonini, improvvisazioni artistiche utilizzando l’alfabeto morse etc.
Sabato viene indetta una manifestazione regionale al molo di levante, alla quale aderiscono i partiti di sinistra, i No Muos, i movimenti dell’area cattolica, di base, associativa, sindacati come la Cigl, USB, Cobas e, soprattutto, tantissime individualità. Viene finalmente allestito un palco. I militanti del PD vengono invitati, in modo energico, a non esporre loro bandiere o striscioni in quanto tale partito si è reso responsabile sia delle attuali leggi sull’immigrazione che sugli accordi di gestione dei lager per i/le migranti con i governi libici.

Inizia la manifestazione. Sul palco salgono vari rappresentanti politici locali che esprimono i soliti discorsi contro Salvini, solidarizzando a parole con i/le migranti e rimarcando la difesa della Costituzione più bella del mondo.
Le persone presenti (oltre un migliaio), desiderano andare oltre.
Si sente la voglia di trasmettere solidarietà reale, oggettiva, cercare di liberare i/le migranti.
Gli/le anarchici/anarchiche si presentano al molo di fronte alla nave Diciotti con uno striscione e fumogeni, prendendo in contropiede le misure di sicurezza che le autorità di pubblica sicurezza avevano allestito e creando una contromanifestazione per farsi sentire dai/dalle migranti. Dopo un po’ di tempo, dal presidio parte un corteo partecipato che si ferma dalla parte opposta alla nave, superando il molo in cui gli/le anarchici/anarchiche erano presenti.
Molti/e dei/delle partecipanti del corteo, finiscono dietro lo striscione degli/delle anarchici/anarchiche.
Si fa buio e il corteo principale ritorna al presidio. I partiti e gruppi a loro connessi dapprima iniziano una jam session per poi cercare di andare verso la nave Diciotti.
Il cordone di polizia impedisce il passaggio e di lì a poco nascono i tafferugli. Per la gioia dello spettacolo, i mass-media presenti riportano il presunto ferimento di un poliziotto, ignorando volutamente il ferimento di due ragazzini e l’azione di uno dei poliziotti che, staccandosi dagli altri poliziotti, manganella i manifestanti dopo la carica.
Contemporaneamente a questi tafferugli, arrivano le notizie sia sullo sbarco dei/delle migranti -già in condizioni umane e sanitarie gravi-, che sulle indagini della magistratura verso Matteo Salvini e Matteo Piantedosi (capo di gabinetto del Ministero degli Interni). La voglia di fare di più permane: un gruppo di compagni/e si tuffano nel tentativo di avvicinarsi alla nave riuscendoci.
Qualche migrante cerca di buttarsi dalla nave Diciotti ma viene bloccato subito. Nel frattempo le motovedette delle forze dell’ordine si avvicinano e circondano i/le compagni/e in acqua -che si trovano in una situazione non piacevole perchè qualcuno si scotta per via del cherosene rilasciato dai motori accesi della Diciotti.
Vedendo tale spettacolo dal molo di fronte alla Diciotti e pensando al peggio, vengono intonati slogan, fuochi, tuffi in acqua etc
Dopo oltre un’ora, i/le compagni/e che si erano tuffati/e ritornano a riva a nuoto. Stremati/e, vengono accolti/e da un applauso, raccontando quanto successo. Stremati/e, vengono accolti/e da un applauso, raccontando quanto successo.
Alcuni/e compagni/e restano al porto per assicurarsi che i/le migranti scendano dalla nave. Le operazioni di discesa dalla nave e l’uscita dei/delle migranti dal porto terminano alle ore 5:30 del mattino.

Cosa emerge da questa giornata e da queste giornate? La rete antirazzista catanese è ancora troppo legata ai partiti istituzionali e alle realtà associative vicine.
Non esiste un reale coordinamento, un obiettivo da portare avanti e che promuova un periodo di conflittualità sul territorio locale.
Bisogna partire dalle situazioni capaci di rompere gli schemi, portando una solidarietà reale non solo da parte dei gruppi organizzati ma anche da singole individualità. Solo così si potrà arrivare ad una voglia di liberare e di liberarsi dalle catene, senza avere come secondo fine la conquista del potere -attraverso scontri-spettacoli o accordi con l’establishment.

Un soffio di energia nuova in una città soffocata da anni di afa generata da partiti e partitini locali attenti solo a coltivare i propri giardini.

Gruppo Anarchico Chimera

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Alcune considerazioni a caldo sulla vicenda della Nave della Guardia Costiera Diciotti e dei/delle 177 migranti presenti in essa.

“Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà”

L’arrivo della nave Diciotti nel porto di Catania, scatena gli animi dei politicanti italiani. Attraverso i social network e le dichiarazioni televisive, i vice-premier e varie personalità dell’attuale governo (Salvini, Fico, Toninelli e Di Maio), giocano a contrattare con l’Unione Europea sulla pelle di 170 persone. La cosiddetta opposizione del Partito Democratico -il partito che, quando era al governo, aveva concordato con la dirigenza libica la costruzione dei lager per i/le migranti-, fa la sua passerella dichiarandosi di solidarizzare con le persone sulla nave Diciotti.
Dei/delle 170 migranti arrivati/e, 130 sono di nazionalità eritrea; come riportato dal dossier “Report of the detailed findings of the Commission of Inquiry on Human Rights in Eritrea”, il governo di Afewerki e le forze armate incoraggiano: la delazione, reprimono il dissenso con la carcerazione, costringono la popolazione ai lavori forzati -pena carcerazioni arbitrarie-, torturano (anche sessualmente) i/le prigionieri/e uccidono senza processi all’interno dei campi di prigionia.
Nonostante le condanne ufficiali contro le violazioni dei diritti umani, i governi italiani e l’Unione Europea fanno affari d’oro con il governo di Afewerki.
L’ “Accordo di cooperazione economica” del 2000 e l’ “Accordo per la promozione e protezione degli investimenti” del 2003 tra governo italiano e quello eritreo, permette alle aziende italiane presenti in Eritrea (Enertronica-ETA (Eritrean Trade Agency) del Gruppo Piccini, Italfish srl (Martinsicuro, Teramo), Sider Piombino e Za.Er srl-gruppo Zambaiti) di poter prosperare indisturbatamente e sfruttare manodopera a basso costo. A questi accordi, si aggiunge l’accordo “National Indicative Programme 2016-2020”, dove l’Unione Europea investirà 200 milioni di euro per infrastrutture, consulenze e cooperazione tecnica in Eritrea -e quindi una maggior penetrazione delle aziende dell’Unione Europea nel suddetto territorio.
Di fronte a tutto questo, come anarchic* solidarizziamo con tutti/e i/le migranti reclusi/e sulla nave Diciotti, opponendoci a qualsiasi discorso funzionale al sistema economico e di controllo odierno.
Gruppo Anarchico Chimera

Di seguito, i disegni di un eritreo sopravvissuto alle torture e pubblicate sul dossier “Report of the detailed findings of the Commission of Inquiry on Human Rights in Eritrea”
Immagine 1. Elicottero: alla vittima vengono legati mani e piedi dietro la schiena, mentre è distesa per terra a faccia in giù, viene legata con una corda per le mani e i piedi, a torace nudo, all’aperto sotto il sole, la pioggia e nelle notti fredde
Immagine 2: Almaz (diamond): le vittime sono generalmente appese a un albero con i gomiti legati dietro la schiena e costretti a stare in punta di piedi.
Immagine 3. Torcia: all’interno di una speciale camera di tortura, la vittima viene legata con i polsi dietro la schiena e i piedi legati; un bastone viene posizionato sotto le ginocchia e sostenuto da entrambi i lati orizzontalmente su di una struttura; il corpo è voltato in modo che i piedi siano esposti in su.

Volantino

 

Pubblicato in Documenti | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su “Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà”