L’Italia del CoronaVirus

Sui social, in tempi non sospetti, si evocava l’estinzione di massa, l’asteroide, la pandemia per ribadire l’evidente difficoltà di questa società a sostenere modelli sociali umani e cooperativistici.

La pandemia è arrivata e si chiama SARS-CoV-2.

Occorre fare un po’ di chiarezza.

Il virus che causa l’attuale epidemia di coronavirus è stato chiamato “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2). Lo ha comunicato l’International Committee on Taxonomy of Viruses(ICTV) che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.).Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus è parente di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2.

La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome:“COVID-19”(dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). (fonte Ministero della Salute).

Cosa ha generato questo virus, non si conoscono ancora ufficialmente i motivi. Circolano voci su un virus “saltato” dal pipistrello all’essere umano. Oppure teorie non dimostrate di laboratori di virus governativi ed internazionali presenti a Wuhan e da cui è “scappato” questo virus. Teoria complottistica, sentita dal vivo, il virus è stato voluto da Trump per bloccare l’economia cinese.

Al di là delle teorie di ogni ordine e grado, il virus è arrivato in Europa, passando da varie vie e sicuramente prima dei blocchi e delle quarantene forzate da parte del governo cinese. Questo perché in un mondo globalizzato, gli scambi sono velocissimi e possono avvenire in un aereoporto, ad un congresso, su un autobus, oramai l’effetto farfalla, locuzione della teoria del caos è una certezza.

Per comprendere bene la dinamica di questo virus questa mappa è estremamente chiara, permette di comprendere la diffusione del contagio e l’andamento della malattia, la sua letalità e la risposta medica.

La mappa è utile, quindi, a comprendere la portata letale di questo virus.
Secondo l’OMS siamo ad un tasso di mortalità del 3,4% con punte come in Italia intorno al 4%. Quindi su 100 persone colpite dal virus 73 sopravvivono e 27 muoiono. A livello statistico siamo a dati molto bassi rispetto alla pandemia come la “Spagnola” di cento anni fà. Ma il contesto sociale, politico ed umano erano ben diversi.

I dati statistici ovviamente con la loro fredda misurazione non evidenziano e mostrano i drammi personali, familiari di chi è stato colpito da questo virus.

Drammi perché CoViD -19 è una malattia che colpisce i polmoni e come riporta il Ministero della Salute “nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte.”

In parole povere le persone anziane e quelle con patologie sottostanti, quali ipertensione, problemi cardiaci o diabete e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori, trapiantati) hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia (fonte Ministero della Salute). In una società capitalistica, l’ipertensione, i problemi cardiaci, polmonari e diabetici sono malattie comuni. Sono proprio i malanni definiti come tipici di una società evoluta, cioè di una contemporanea società capitalistica.

Ma la società contemporanea soffre di una isteria ben peggiore la paranoia distillata ad arte dai media.

Abbiamo assistito nei giorni scorsi, appena scoperti i focolai di CoViD-19, ad una instillazione mediatica di paura di massa, sembrava di assistere in diretta all’ascolto della celebre Guerra dei Mondi di Orson Welles.

Corsa alla mascherina, corsa all’acquisto del magico liquido protettivo, l’Amuchina.

I giornali sia cartacei, web e televisivi hanno fatto una corsa al titolo d’effetto, creando una paranoia collettiva.

Supermercati svuotati, scorte per settimane. Sono anche cambiati i prelievi dei correntisti in banca, si prelevano somme consistenti, insomma una situazione da guerra. Ma come spiega bene Marianna Moni nel suo articolo “Coronavirus tra bias cognitivi e narrazione del rischio. I princìpi che alterano il percepito” quali sono le caratteristiche e gli elementi che trasformano un pericolo di media entità in una vera e propria narrazione del rischio?

Per comprendere come si innesca e si amplifica la percezione del rischio e quanto potere possa avere una singola informazione, dobbiamo innanzitutto considerare la nostra naturale predisposizione a ricordare eventi spiacevoli e informazioni negative.

La specie umana si è evoluta e continua ad apprendere proprio grazie a questo genere di esperienze e, nonostante la nostra condizione attuale non sia minimamente paragonabile a quella dei nostri antenati primitivi, la nostra amigdala (la regione del cervello che regola emozioni e motivazione) continua ad impiegare 2/3 dei suoi neuroni soltanto per rilevare quello che percepiamo come pericolo.

Nell’esigenza, o meglio, nell’urgenza di prendere la decisione più conservativa possibile, il cervello tenderà a cercare punti di riferimento o esempi rappresentativi della conseguenza temuta; generando quelle scorciatoie di ragionamento che ci rendono i peggiori nemici di noi stessi: i bias e le euristiche.

Al momento della scelta, la nostra attenzione verrà immediatamente catturata da dati e testimonianze che riportano le peggiori tra le conseguenze possibili, ignorando l’informazione complementare. Una meccanica che ci porterà a scegliere uno yogurt che ci promette il 20% di frutta fresca, ignorando il concentrato che, molto probabilmente, costituisce un abbondante 50% di prodotto. Non un gran problema finché si tratta della nostra colazione, ma decisamente più grave quando, durante un’epidemia, un 2% di morti ci porta a ignorare il 98% che è sopravvissuto.

Lo stesso meccanismo di difesa si applica nei rapporti sociali, portandoci a ricordare un attentato terroristico quando sentiamo un uomo parlare arabo, ad associare criminalità e maleducazione ad alcuni accenti del sud Italia o a ricordare pessime esperienze personali quando conosciamo una donna; generando fenomeni quali razzismo, discriminazione e costruzione di stereotipi. In altre parole i media pur di vendere hanno spinto questi bias all’estremo sviluppando un esteso panico.

Resesi conto dei guai generati gli stessi media hanno cercato di fermare tale narrazione del rischio smorzando i toni da dramma apocalittico. Troppo tardi.

Il governo italiano ha emanato norme molto stringenti per quanto riguarda le libertà individuali, vietando comportamenti tipici italiani ed obbligando l’isolamento sociale. Come riporta, infatti, l’art.1 del DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri) del 4 marzo del 2020 sono:

a) sono sospesi i congressi, le riunioni, i meeting e gli eventi sociali, in cui e’ coinvolto personale sanitario o personale incaricato dello svolgimento di servizi pubblici essenziali o di

pubblica utilita’; e’ altresi’ differita a data successiva al termine di efficacia del presente decreto ogni altra attivita’ convegnistica o congressuale;

b) sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano

affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro di cui all’allegato 1, lettera d);

c) sono sospesi altresi’ gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato; resta comunque consentito, nei comuni diversi da quelli di cui all’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, e successive modificazioni, lo svolgimento dei predetti eventi e competizioni, nonche’ delle sedute di allenamento degli atleti agonisti, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico; in tutti tali casi, le associazioni e le societa’ sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano. Lo sport di base e le attivita’ motorie in genere, svolte all’aperto ovvero all’interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della raccomandazione di cui all’allegato 1, lettera d);

d) .. sono sospesi i servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attivita’ didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonche’ la frequenza delle attivita’ scolastiche e di formazione superiore, comprese le Universita’ e le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, di corsi professionali, master e universita’ per anziani, ferma in ogni caso la possibilita’ di svolgimento di attivita’ formative a distanza; sono esclusi dalla sospensione i corsi post universitari connessi con l’esercizio di professioni sanitarie, ivi inclusi quelli per i medici in formazione specialistica, i corsi di formazione specifica in medicina generale, le attivita’ dei tirocinanti delle professioni sanitarie, nonche’ le attivita’ delle scuole dei ministeri dell’interno e della difesa;

e) sono sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;

Tanto per fare un confronto, forse errato, si riportano le iniziative assunte nel 1986 dal governo italiano a seguito dell’esplosione del reattore a Pryp”jat, non bere latte e non mangiare l’insalata.

In Trentino la commissione provinciale intraprese iniziative più attente come, quella di togliersi le scarpe ed i vestiti prima di entrare in casa, di lavarsi le mani e di non consumare latte e cibo prodotto dopo l’incidente a Chernobyl, fece lavare inoltre tutte le strade di notte per eliminare la polvere portata a terra dalla pioggia caduta in quei giorni. Iniziative locali, in quanto il governo nazionale, tendeva, invece, a minimizzare il problema. Problema ad oggi presente come evidenziato dalla presenza di forti dosi di cesio nel territorio montuoso del nord italia. Come evidenziato da rivelazione del 2016 in cui si riscontrava forti dosi di Cesio in Valsesia tra i cinghiali. Ovviamente ricerche complete e recenti sullo stato della contaminazione non sono state effettuate. Per il motivo che la questione nucleare comporta forti interessi economici, ancora oggi.

Come evidenzia bene Marianna Moni, la differenza tra quanto è avvenuto con la nube tossica di Chernobyl e quanto sta avvenendo con la pandemia da SARS-CoV-2 sono da attribuire al pericolo, al rischio percepito e non al rischio reale. Anche perché in assenza di vaccini l’unico modo per superare il problema è ottenere la cosiddetta immunità di gregge.

Purtroppo gli eventi stanno svelando alcuni retroscena che forse non erano evidenti per la popolazione media.
La psicosi collettiva ha permesso l’accettazione del cosiddetto isolamento sociale, la chiusura  della vita sociale di un intero paese. Cosa che non è avvenuta neanche durante la guerra. Questo comporta delle ricadute economiche e sociali devastanti.

Non si parla solo della limitazione di attività culturali, bensì del limite imposto ad associazioni e cooperative sociali che di fatto non possono più garantire attività lavorative e di sostegno a persone bisognose in particolare nelle scuole.

Alle rigidissime limitazioni imposte alle visite negli istituti carcerari, istituti del tutto impreparati a gestire situazioni del genere, per cui ovviamente la soluzione più semplice è quello di impedire lo svolgimento delle visite.

Le forti limitazioni alle attività sindacali.
Le assemblee sono state sospese in tutto il paese. Addirittura a Milano lo sciopero previsto per il 9 Marzo organizzato dal collettivo Non una di Meno è stata vietato dalla commissione garante per la tutela dei servizi essenziali, utilizzando come motivazione la non diffusione del virus. Tale decisione ha innescato la forte e giusta protesta del collettivo e dei sindacati di base quali UniCobas, Cub ed Ubs. Decisione del garante presa in quanto fino a 31 marzo in Italia è vietato scioperare. Una situazione che ricorda quella del paese durante la Prima Guerra Mondiale, in cui ogni sciopero ed assembramento sindacale era vietato, era necessario sostenere lo sforzo bellico.

In questo caso lo “sforzo bellico” è gestito dal Sistema Sanitario Nazionale creato nel lontano 1978.
Sistema che dalla metà degli anni 80 viene drasticamente smantellato e ridotto per finanziamenti, personale e strutture a favore del sistema sanitario privato e della previdenza privata.

I Decreti di Marzo che limitano le attività umane sul territorio nazionale, sono stati ideati per cercare di bloccare l’estensione del virus al sud Italia e per appiattire il picco diluendolo nel tempo per permettere al SSN di reggere l’impatto.
modello di gestione dell'impatto del CoViD 19sul Sistema Sanitario Nazionale

La domanda seguente è chi ha voluto e deciso di smantellare il SSN se non i partiti ed i vari sostenitori di importanti interessi economici, presenti da oltre 30 anni in Parlamento? Le colpe e gli sfaceli voluti dai nostri politici ovviamente ricadono sulla popolazione, che oltre a non avere una ordinario sistema sanitario capace di affrontare la quotidianità, si trova disastrato durante una crisi pandemica, pericolo segnalato dall’OMS da diverso tempo. Senza strutture, posti letto, medici, infermieri ed attrezzature adeguate.

Sabato 7 marzo, oramai 8.
La situazione è decisamente cambiata, l‘intero paese è in quarantena.
Non vi sono differenze tra le varie zone del paese, le norme speciali sono state estese su tutto il territorio nazionale. Scoppia l’ennesimo caos mediatico.

Centinaia di persone assaltano i treni a lunga percorrenza per tornare dai parenti, per scappare da una situazione angosciante, per evitare di stare in città senza lavorare, senza poter procurarsi del cibo. Per sentirsi al sicuro.

Nel frattempo nelle carceri italiane, esplode la rivolta, ci saranno morti. Purtroppo i morti saranno 12, in diverse rivolte. Morti che denunciano il dramma di essere carcerati in un sistema che, reprime e deprime. Un sistema che tratta le persone come schiavi, lasciandoli vivere in condizioni disumane. Ambienti stretti, affollati, senza acqua calda, con un accesso all’infermeria difficile e con l’interruzione dei colloqui, senza quei pacchi familiari, unica vera fonte di sopravvivenza dentro questo inferno.

Nulla proviene invece dai CPR, nessun protesta, nessuna rivolta, non si conoscono le condizioni di queste persone, non si sa se i voli di rimpatrio continuano.

Nessuno realizza, volutamente, che il pericolo maggiore viene dal lavoro.
Si vietano le assemblee sindacali, ma non di andare sul posto di lavoro. Anzi il trasferimento anche tra comuni è tra le giustificazioni ammissibili per superare i blocchi alla mobilità imposti dalla zona rossa nazionale. Effettivamente il lavorare rende immuni dal contagio, il viaggiare per motivi di lavoro eventualmente in gruppo non aiuta a diffondere tale virus. Quello che è assurdo è che chiudere i luoghi di aggregazione serve, ma le fabbriche, gli uffici open space sono luoghi diversi? Nascono i primi scioperi autorganizzati, spontanei, impensabili solo due mesi fà.

Nel Meridione, ma non solo li, la chiusura di locali comporta una ulteriore farsa in questo dramma all’italiana. Molti operatori del settore turistico, alberghiero e sopratutto della ristorazione lavorano in nero. Non solo perdono l’unica misera fonte di reddito, ma anche gli eventuali aiuti di stato di cui si discute in queste ore, che assume sempre più la caratteristica del solito aiuto alle piccole e medie imprese e non ai lavoratori che necessitano di un blocco delle bollette e degli affitti.

E’ impressionante la sadica ironia del nome del DCPM “Io resto a casa” da un punto di vista di un senzatetto che vive lungo le strade delle città italiane, che rifiuta i dormitori comunali per paura di essere segnalato,peraltro chiusi per non diffondere il contagio.

Nel mentre siamo costretti ad andare sui posti di lavoro, credendo di essere in qualche modo tutelati.
Serve fermarsi per tutelare se stessi ed i propri cari ed iniziare a ragionare che il capitalismo non ha una alternativa a se stesso, l’unica alternativa è la sua cancellazione. Altro che restare a casa.

A Milano rinascono le brigate di solidarietà, sarebbe utile estendere questa esperienza in tutto il paese, in particolare nei grandi centri urbani.
Occorre fornire supporto alle persone che hanno perso fonti di reddito. Ai senzatetto, ai carcerati, ai migranti, perché loro pagheranno il prezzo più caro di questa ristrutturazione forzata delle relazioni sociali.  Questo isolamento sociale, infatti, non sta solo rallentando il contagio sta sciogliendo i legami sociali di solidarietà, di fiducia e di mutuo appoggio.
Occorre rompere tale schema, altrimenti, il virus che si diffonderà nella società sarà ben peggiore del coronavirus, anche perché non sarà una quarantena di breve durata come l’esperienza cinese mostra e non sarà lo stato a proteggerci, saremo soli, isolati in un perenne stato di polizia e di totale sfiducia verso il prossimo.

Ci aspettano sfide impensabili mesi fà.

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