Introduzione
Il panorama politico internazionale, nel periodo tra il 1917 e il 1919, fu contraddistinto da grandi conflittualità sociali. Nei territori europei interessati dalla crisi economica e sociale provocata dalla Prima Guerra Mondiale (Germania, Russia, Italia, Ungheria e Francia), i lavoratori e le lavoratrici si organizzarono, mettendo in crisi il sistema liberale democratico.
Mentre in Europa il quadro era quello precedentemente descritto, nelle Americhe le borghesie e gli apparati burocratici inasprirono sempre più il livello repressivo contro i/le sovversivi/e per mantenere l’ordine. I tentativi di limitare l’entrata di migranti, considerati/e politicamente pericolosi/e vennero inaugurati dall’Argentina (“Ley de Residencia” o “Ley Cané” del 1902), seguita a ruota da altri paesi americani (l’ “Immigration Act” o “Anarchist Exclusion Act” degli Stati Uniti nel 1903, “Ley 72 sobre inmigracion en general” di Panama nel 1904 etc). L’organizzazione di scioperi e rivolte dei gruppi anarchici e socialisti, all’interno di territori divenuti terre promesse e di arricchimento per le borghesie, diedero il via alla repressione normativa.
A queste limitazioni si sommarono gli incontri tra i vari rappresentanti istituzionali degli Stati americani (Pan-American Convention del 1902, The Central American Peace Conference del 1907 e Caracas Convention del 1911) nel rafforzare le estradizioni di criminali (in particolare chi aveva commesso atti per “sovvertire l’ordine costituito”). Giungeva così a compimento una parte di quanto era stato delineato nella famosa, e parzialmente fallita, “Conferenza Anti-Anarchica” di Roma del 1898, ovvero la creazione di un organismo poliziesco internazionale e con potere di estradizioni rapide.
Il rafforzamento di tali dispositivi di sicurezza finì col dimostrare tutta la ferocia repressiva e la volontà precisa di mantenere i privilegi dei poteri sociali ed economici.
Un esempio concreto di questa situazione repressiva e crisi economica è evidente nello sfociare della “Semana Trágica de Buenos Aires” (7-14 Gennaio 1919).
I fatti
L’evento, noto come “Semana Trágica de Buenos Aires” scaturì a seguito della violenta repressione avvenuta durante lo sciopero degli operai metallurgici dell’Industria Vasena&Figli. Pedro Vasena, migrante italiano arrivato in Argentina nel 1865, lavorò fin da giovanissimo come fabbro; grazie alla sua spregiudicatezza e alle connivenze col regime politico conservatore e oligarchico del Partido Autonomista Nacional, riuscì a costruire un vero e proprio impero metallurgico nei primi anni ‘10 del Novecento.
Le motivazioni dello sciopero derivavano da una serie di fattori socio-economici locali e internazionali.
Hipólito Yrigoyen era stato il primo presidente argentino di un partito (l’Unión Cívica Radical) che concluse il regime del Partido Autonomista Nacional, mantenendo l’Argentina neutrale durante il primo conflitto mondiale. L’economia argentina, durante e dopo la guerra, aveva subito il brusco crollo dei mercati europei agroalimentari e industriali, con conseguente aumento vertiginoso dei disoccupati e dell’inflazione nel paese sudamericano.
Questa crisi coinvolse le industrie metallurgiche argentine, in particolare la Vasena&Figli. Per rientrare nei costi di gestione, gli eredi di Pedro Vasena (Alfredo ed Emilio Vasena) decisero di abbassare i salari degli operai, inducendo quest’ultimi ad indire uno sciopero con picchetto davanti alla fabbrica, ai primi di Dicembre del 1918. Le richieste degli scioperanti furono: la giornata lavorativa di 8 ore, sicurezza sul posto di lavoro e un aumento del salario.
La Vasena da un lato cercò di trattare con i lavoratori e, dall’altro, utilizzò i crumiri per sconfiggerli e spinse il governo ad intervenire energicamente. Fu così che la polizia intervenne il 7 Gennaio e sparò contro gli scioperanti, uccidendo quattro lavoratori e ferendone una ventina.
La brutalità della polizia nel reprimere questo sciopero è da ricercare, secondo lo storico argentino Felipe Isidro Pigna, negli stretti rapporti tra i Vasena e l’Unión Cívica Radical -in particolare con Leopoldo Melo, avvocato dell’Industria Vasena e deputato del suddetto partito- e dallo “spettro” del bolscevismo che imperversava negli USA e in buona parte dell’Europa.
Il quotidiano anarchico “La Protesta” fu quello che spinse alla ribellione generale dopo i fatti del 7 Gennaio. In un articolo dell’8 Gennaio, veniva riportato quanto segue:
“A tutte le organizzazioni operaie della città. Senza dubbio, lavoratori, vendicate questo crimine. La dinamite è necessaria ora più che mai. Questo non può rimanere in silenzio. No! E mille volte no! Il popolo non si lascerà uccidere come una bestia mite. Incendiate, distruggete senza riguardo, lavoratori! Vendichiamoci fratelli! Di fronte al crimine della storica giustizia, la violenza del popolo come unica e immediata conseguenza e soluzione. I responsabili di questa mattanza orribile non possono avere diritto alla vita, e con essi chi li serve […] In vista di questi attentati, la FORA del V Congresso si riunirà questa notte per intervenire nel conflitto. Alzatevi, lavoratori!”
Il 9 gennaio, Buenos Aires fu paralizzata e venne dichiarato lo sciopero generale. Gli unici movimenti erano le colonne compatte dei lavoratori che si preparavano a seppellire i loro morti. Uomini, donne e bambini del popolo, socialisti, anarchici e sindacalisti rivoluzionari scesero in piazza per dimostrare che non avevano paura delle violenze padronali.
In una situazione del genere, l’UCR e la borghesia di Buenos Aires si mobilitarono. Yrigoyen nominò l’ex ministro della guerra e deputato dell’UCR Elpidio Gonzalez capo della Polizia di Buenos Aires e Luis J. Dellepiane comandante delle forze militari in città. Secondo lo storico e scrittore Horacio Ricardo Silva, le nomina di González e Dellepiane avvenne per stemperare gli animi accesi dalla strage del 7 Gennaio e per controllare militarmente la città. González, secondo Felipe Isidro Pigna, temeva scontri ancor più duri – specie dopo il massacro del giorno prima – e chiese ed ottenne dal Presidente della Repubblica Argentina un aumento del 20% degli stipendi dei poliziotti.
Sia davanti alla chiesa che al cimitero, la polizia e l’esercito spararono per uccidere. L’anarchico Diego Abad de Santillán -importante figura del movimento anarchico argentino e spagnolo- riportò nel libro “La FORA. Ideología y trayectoria del movimiento obrero en la Argentina” un articolo apparso su un bollettino del quotidiano La Protesta:
“Il popolo è per la rivoluzione. Lo ha mostrato ieri facendo causa comune con gli scioperanti delle officine Vasena. Il lavoro era paralizzato nella città e nei quartieri periferici. Non un solo proletario tradì la causa dei suoi fratelli di dolore. (…)
200.000 operai e operaie hanno accompagnato il corteo funebre con manifestazioni ostili al governo e alla polizia. I manifestanti costrinsero le ambulanze dell’assistenza pubblica a portare una bandiera rossa, impedendo che prendessero un ufficiale di polizia. (… )
Su via Rivadavia il popolo marcia armato con revolver, fucili e mauser. A Cochabamba e in Rioja un appartamento era carico di merci che furono distribuite tra il popolo. Nelle vie di San Juan e 24 de Noviembre, un gruppo di operai attaccò e incendiò l’automobile del commissario della 20esima sezione. Tutte le porte dei negozi sono chiuse. Gli animi sono eccitati. A Rioja e Cochabamba, un ufficiale di polizia, in un tumulto, ha ricevuto una pugnalata molto seria. Un petardo esplose nella metropolitana della stazione Once, lasciando il traffico completamente interrotto. Un’autopompa dei vigili del fuoco è stata bruciata lungo via San Juan. I vigili del fuoco consegnarono le armi agli operai senza alcuna resistenza. La polizia spara con proiettili dum-dum, Buenos Aires è diventata un campo di battaglia. Prosegue la processione funebre verso Chacarita. Gli incidenti si ripetono molto spesso.”
Il giorno seguente, 10 Gennaio, la polizia e l’esercito vennero affiancati da gruppi come Guardias Blancas e Liga Patriótica Argentina (composti da borghesi) desiderosi di mettere in ordine la città. Questo “ordine” si tradusse in omicidi, distruzioni delle sedi di sindacati e biblioteche operaie, oltre che di tipografie e redazioni di giornali anarchici e sindacalisti.
A farne le spese furono anche gli ebrei e le sinagoghe perchè, come spiegato dallo scrittore Osvaldo Bayer, rappresentavano la Russia e, quindi, il bolscevismo. Per lo storico Angel J. Cappelletti la Liga Patriótica Argentina fu la precursore dell’ Alianza Argentina Anticomunista, mentre lo scrittore Nicolás Babini riporta come l’ammiraglio Manuel Domecq García e il viceammiraglio Eduardo O’Connor aizzavano i civili aderenti alla Liga contro russi e catalani in quanto “bolscevichi e anarchici.”
Dopo che i morti raggiunsero il centinaio e le rivolte nei quartieri della città non avevano fine, nei due giorni successivi (12 e 13 Gennaio) il governo, i Vasena e Dellepiane raggiunsero un accordo prima con gli operai metallurgici e, infine, accettarono le richieste delle due FORA (FORA del V Congreso e FORA del IX Congreso) in merito alla liberazione dei prigionieri, “la soppressione dell’ostentazione della forza da parte delle autorità” e il “rispetto del diritto di riunione”.
Nonostante l’accordo raggiunto, la polizia e la Liga Patriótica Argentina saccheggiarono e distrussero la redazione e la tipografia de “La Protesta”, portando la FORA del V Congreso all’ennesimo scontro con il governo argentino. Per risolvere una volta per tutte la situazione, il Parlamento argentino autorizzò lo Stato d’Assedio (14 Gennaio) e i socialisti parlamentaristi e la FORA del IX Congreso accettarono l’aumento salariale tra il 20% e il 40 %, le 9 ore lavorative giornaliere e la riammissione degli scioperanti licenziati.
Conclusione
Il 16 Gennaio, Buenos Aires era quasi una città normale. Il 20 Gennaio i lavoratori della Vasena, dopo aver verificato che tutte le loro richieste erano state soddisfatte e che nessuno era stato licenziato o sanzionato, decisero di tornare ai loro posti di lavoro.
La ribellione sociale durò esattamente una settimana, dal 7 al 14 gennaio 1919. Lo sciopero aveva trionfato al costo di 700 morti e oltre 4000 feriti. I proprietari del potere fecero pressione sul governo nei momenti più gravi e imposero la loro volontà repressiva. Non ci furono sanzioni per gli assassini della repressione. Anzi risultarono premiati dal governo.
Bibliografia
Babini Nicolás, “La Semana Trágica Pesadilla de una fiesta de verano”
Bayer Osvaldo Bayer, “Gli anarchici espropriatori e altri saggi sulla storia dell’anarchismo in Argentina”
Cappelletti Angel e Rama Carlos, “El anarquismo en America Latina”
Jensen Richard Bach, “The battle against anarchist terrorism. An international history 1878-1934”
-“The International Anti-Anarchist Conference of 1898 and the origins of Interpol”
Pigna, Felipe Isidro, “Los mitos de la historia argentina”, Volume III
de Santillán Diego Abad, “La FORA. Ideología y trayectoria del movimiento obrero en la Argentina”
Silva Horacio Ricardo Silva, “Días rojos, verano negro. Enero de 1919, la semana trágica de Buenos Aires”
Appendice
Un manifesto de la F.O.R.A. del 10 Gennaio 1919:
“Reunido este Consejo con representantes de todas las sociedades federadas y autónomas, resuelve:
Proseguir el movimiento huelguístico como acto de protesta contra los crímenes del Estado consumados en el día de ayer y anteayer. Fijar un verdadero objetivo al movimiento, el cual es pedir la excarcelación de todos los presos por cuestiones sociales. Conseguir la libertad de Radowitzky y Barrera, que en estos momentos puede hacerse, ya que Radowitzky es el vengador de los caídos en la masacre de 1909 y sintetiza una aspiración superior. Desmentir categóricamente las afirmaciones hechas por la titulada F.O.R.A. del IX congreso, que hasta el miércoles a la noche, sólo “protestó moralmente”, sin ordenar ningún paro. La única que lo hizo fue esta Federación. En consecuencia, la huelga sigue por tiempo indeterminado. A las iras populares no es posible ponerles plazo; hacerlo es traicionar al pueblo que lucha. Se hace un llamamiento a la acción.
¡Reivindicaos, proletarios!
¡Viva la huelga general revolucionaria!
El Consejo Federal.”
Estratto dall’articolo di Ildefonso Gonzalez Gil, “Voci dell’anarchismo. “La Protesta” nel suo 65° anniversario (1897-1962)”, Volontà, n. 1, Gennaio 1963, pagg. 41-42
“Il 7 Gennaio 1919 di fronte ai cantieri metallurgici Vasena ebbe luogo uno scontro violento tra operai e polizia nel quale si ebbero 4 morti e venti feriti. L’indignazione fu incontenibile, al punto che la manifestazione di cordoglio, che accompagnava le vittime al cimitero, finì in una vera sommossa popolare. Venne proclamato lo sciopero generale e rivoluzionario; vennero assaliti i posti di polizia nei rioni popolari, le barricate s’innalzarono nelle strade e le sparatorie si susseguirono ora per ora. Il bilancio delle vittime di questa rivolta popolare, secondo la stampa borghese, ammontò a 700-800 morti e 4000 feriti e 52000 operai arrestati. Per vari giorni La Protesta uscì con due edizioni giornaliere, invitando gli operai alla lotta e alla rivoluzione sociale. Il 14 Gennaio la polizia chiudeva la tipografia, ma il 21 il giornale appariva di nuovo.”
Semana Tragica disegnato da Rodolfo Fucile
Gli operai delle Officine Vasena reclamavano cose semplici, come giornate da otto ore, aumenti dal 20% al 40% a seconda della sezione, soppressione del lavoro a cottimo e riassunzione dei licenziati. Il presidente Hipolito Yrigoyen mise le Forze Armate al servizio del Capitale e rispose con una brutale repressione: ci furono migliaia di detenuti, feriti, deportati, scomparsi e più di settecento assassinati in una sola settimana di protesta. Nessun ufficiale né funzionario fu giudicato. Come se non bastasse, più tardi Yrigoyen ordinerà le fucilazioni di millecinquecento contadini rurali in Patagonia e la repressione dei taglialegna de La Forestal, facendo altri duecento morti.
Non ci sono dubbi che, al di là della sua impronta “nazionale e popolare”, il caudillo fu un precursore del Terrorismo di Stato in Argentina. Ma la repressione esercitata dal governo nazionale ebbe anche l’aiuto di gruppi civili. Alcuni di loro erano composti da militanti della UCR (le “guardias civicas radicales”) e altri da giovani delle famiglie borghesi – che fornirono armi, veicoli e supporto logistico. Questi gruppi parastatali, come la Liga Patriótica Argentina e le Guardias Blancas, cacciavano gli “elementi disgreganti della nazionalità”. Oltre a perseguitare gli operai anarchici, si accanivano specialmente contro la comunità russa e contro chi aveva un “aspetto giudeo”. Irrompevano nelle case e nei negozi e torturavano giovani e anziani.
Va fatto notare che queste bande agivano in combutta con le forze statali, avendo libertà di azione anche all’interno dei commissariati e degli edifici pubblici. Uno dei dati più scioccanti e premonitori è il numero delle persone scomparse: in una sola settimana se ne contavano 55, dei quali 33 erano minori. Nel libro “Dias Rojos, verano negro” di Horacio Ricardo Silva, si cita un cronista dell’epoca: «Queste persone non si sono perse né allontanate.. .Che succede? La polizia conosce i nomi di tutte le persone che ha seppellito? Si è proceduto a identificare tutti i cadaveri? Perché non si pubblica questa lista? È necessario risolvere questa situazione che oltre tutto preoccupa molta gente con la storia che queste “sparizioni” sono definitive». Quanto suonano familiari queste parole a chi di noi vive da vicino la lotta per la “Memoria Verdad y Justicia”. Quanto sono ancora attuali queste domande, che si ripetono anno dopo anno, in dittatura o in democrazia perché, con maggiore o minore intensità, lo Stato continua ad uccidere e nascondere.
Penso che la Settimana Tragica (ricordata dall’anarchismo come la Settimana di Gennaio) dovrebbe chiamarsi in un altro modo che renda chiare le responsabilità: “Massacro Operaio” o “Settimana di lotta e repressione” sarebbero nomi più appropriati. Invece è entrato in uso il nome scelto dalla classe dominante. In questo episodio occulto della nostra storia troviamo elementi di attualità: richieste sindacali, focolai di nazionalismo e xenofobia, persecuzione dell’attivismo di sinistra e un governo di conciliazione delle classi che, sotto la pressione dei padroni, rende evidente la funzione dello Stato: garantire l’ordine diseguale con qualunque mezzo. Se le negoziazioni e la cooptazione non danno risultati, ricorrerà al Terrorismo di Stato al fine di disciplinare le classi popolari e raggiungere la menzionata Pace Sociale. Ma questa data ci ricorda anche altri pochi ingredienti che ogni tanto rinascono: la solidarietà, l’appoggio mutuo, il sindacalismo di base, l’organizzazione orizzontale e democratica. E soprattutto, la necessità di lottare con dignità contro l’oppressore. A quasi cento anni da quelle giornate, spero che questi disegni possano essere un omaggio a chi mise il proprio corpo in questa lotta e offrano un contributo alla memoria collettiva.
Rodolfo Fucile
Buenos Aires, Ottobre 2018.
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