Articolo apparso su Umanità Nova, 29 Novembre 2015
Iker Dobarro del Moral è laureato in Biologia presso l’Universidad Complutense de Madrid e ha conseguito il dottorato l’Universidad Autónoma de Madrid.
Iker Dobarro del Moral concentra le sue ricerche sull’ecologia vegetale. I suoi lavori hanno cercato di far luce sul funzionamento delle comunità vegetali delle erbe mediterranee, con un approccio eco-fisiologico che riguarda le caratteristiche dei diversi livelli di organizzazione: dal livello di organismo a quello dell’ecosistema. Il pezzo seguente è tradotto come è apparso sul sito del periodico El Libertario, rivista del movimento anarchico del Venezuela. Il testo è a sua volta tratto da una conferenza tenuta dall’autore tra Ottobre-Novembre 2008 presso la CNT-AIT di Madrid.
La scienza è stata tradizionalmente considerata dall’anarchismo come una vanità borghese che, nel corso della storia, è diventata uno strumento del dominio, dello sfruttamento degli individui e delle risorse naturali. Tuttavia, la scienza non è esattamente questo, così come la politica non è esattamente [una roba] parlamentare. La scienza è un’insieme di conoscenze oggettive sul mondo intorno all’essere umano e una metodologia basata su criteri di razionalità: entrambe sono un patrimonio dell’umanità. Per parlare di scienza e del suo oggetto di studio e della metodologia utilizzata per convalidare o respingere le conclusioni raggiunte a riguardo, dobbiamo definirla [in quanto tale]. Queste definizioni sono tutt’altro che scontate: per anni il Circolo di Vienna, passando per Popper, Kuhn e Feyerabend, fino alle attuali teorie della scienza e della tecnologia, hanno sviluppato una disciplina filosofica chiamata Filosofia della Scienza, che cerca di svelare la base sottostante delle conoscenze scientifiche e delle sue teorie.
In un progetto di costruzione di una società libertaria, fondata sulla giustizia sociale ed economica, sul libero sviluppo dell’individuo e sulla razionalità dell’educazione, la scienza, lo sviluppo e la socializzazione delle conoscenze sono essenziali per il pieno successo del modello sociale. In contrasto con la situazione attuale della ricerca scientifica e tecnologica, dominata dall’elitismo, dalla segretezza, dalla super-specializzazione, dalla precarietà e dal business, si propone un modello basato sulla scienza sociale, sulla divulgazione, sull’olistica (1), sul sintetico, sull’umanista ed equa proposta per le conoscenze di base e le sue applicazioni. Se noi libertar* vogliamo un pieno sviluppo della persona umana, dobbiamo analizzare, discutere, domandarci e stabilire fin da ora come la dimensione scientifica sia importante per l’esperienza e la società dell’essere umano, stabilendo i meccanismi per una corretta gestione.
La visione attuale della scienza.
La scienza affonda le sue radici nelle epoche più lontane dello sviluppo umano. Come il cervello umano è diventato sempre più complesso, è emersa la necessità di spiegare i fenomeni naturali, in modo da dargli un’utilità e, in caso, dominarli per ottenere risorse da essi. Così, la scienza continua ad essere un patrimonio di tutta l’umanità, perché grazie a essa si è creato, modificato, modellato… Tuttavia, l’emergere di gruppi umani che detengono il potere sul resto della società, ha provocato l’appropriazione della conoscenza e dello sviluppo delle stesse, dei mezzi di produzione e delle risorse, concentrando tutte queste in poche mani. Così la scienza è diventata la proprietà di alcune elitè privilegiate, trasformandola in qualcosa di lontano e virtualmente alieno per gran parte della popolazione umana; così, gran parte del genere umano vede nella scienza una forma di lusso dei ricchi e, quindi, vietata a causa del loro status economico. In molti casi, l’unico approccio alla scienza che le classi superiori offrono alla popolazione sono le più terribili, inumani e irrazionali: l’inquinamento del cibo, dell’aria, dell’acqua… La parte di umanità che nasce nella vasta parte dei diseredati, vede il campo scientifico e tecnologico come un terribile leviatano che viene a ghermirli con gli artigli, provocando terribili disastri.
Questa è la visione attuale della scienza e della comunità scientifica, strettamente legata allo sviluppo tecnologico e guidato dallo Stato e dall’esercito fin dalla seconda guerra mondiale; negli ultimi decenni, il testimone è stato rilevato dai grandi gruppi societari che si occupano delle biotecnologie e dalle tecnologie delle comunicazioni (Thorpe e Galles 2008). La scienza tiene una dimensione reale -dove si incontrano le reti stabilite dalle potenze per i propri interessi-, e una virtuale -in cui la società dà alcune piccole briciole banali come fiere scientifiche, articoli inconsistenti nei mass media (nei quali mancano il rigore scientifico) e presunti documentari scientifici ed educativi. Tra queste due dimensioni distinte, vi è la comunità scientifica -la cui struttura è molto eterogenea-, nella quale i suoi componenti, avendo formato la classe operaia mediante la professionalizzazione voluta dai poteri citati prima, non sono stati in grado di scuotere la polvere elitarista e accademica fin dall’epoca dei Lumi; nonostante non operi in riferimento agli stessi valori, agisce, direttamente ed indirettamente, con quelli pertinenti all’economia di mercato ed al capitalismo. La comunità scientifica è una massa informe i cui movimenti non sono diretti da essa ma, come meduse, vengono inconsapevolmente portati via dalla marea degli interessi geo-strategici, aziendali e politici. La gestione della scienza, come i mezzi di produzione, sono nelle mani dei ricchi e dei potenti.
Che cosa è la scienza?
La scienza è, né più né meno, un modo di spiegare il mondo, stabilendo delle direzioni in cui muoversi in modo razionale, abbattendo le direzioni sbagliate e realizzandone altre nuove. Perciò la scienza è anche un metodo che può essere utilizzato in tutto il mondo per provare o smentire queste direzioni: non esistono gli assoluti nella scienza, ma solo teorie che funzionano o meno nella realtà. La scienza è anche una struttura della conoscenza ed un modo per esprimerla; le norme e i principi dovrebbero essere universali in modo che tutt* possano confrontare la loro veridicità e, a loro volta, comunicare i risultati confrontati in modo inequivocabile.
Tutto questo può essere facilmente spiegato da chiunque perché il modo, il metodo e la struttura sono costruzioni umane. Lungi dall’essere una conoscenza occulta -la cui comprensione potrebbe essere riservata solo a poche persone con abilità straordinarie-, la scienza è uno dei prodotti “più umani” che esistono e, pertanto, tutti sono in grado di apprenderla ed esercitarla (a meno che non vi sia una specie più evoluta dell’homo sapiens sapiens).
Tuttavia, le definizioni specifiche di questo modo, metodo e struttura della scienza sono tutt’altro che chiare? Abbiamo un sistema per comprendere il mondo attraverso dei funzionamenti privi di verità assolute? Questa dimensione di briciole banali definite Scienza, per tanto, dice categoricamente più e più volte di aver scoperto questo o quel pianeta, di aver realizzato “la cura infallibile a qualsiasi malattia terribile,” di discendere dalle scimmie: tutto questo è, per molti, indiscutibile. Ma la scienza non dice mai nulla di infallibile: non sa nemmeno come ha raggiunto le sue conclusioni in modo accurato, o se utilizza un metodo appropriato per la verifica delle informazioni… Si dirà: ma come può essere? Quindi la scienza è un vuoto di vuoto, una chimera! Sì e no. La scienza non è quel che appare, in quanto è un costrutto umano. Per quanto ci appassioni il lavoro scientifico della comunità scientifica, dobbiamo tenere a mente il suo stretto rapporto con la nostra umanità e, quindi, con la vita e le sue trasformazioni. Qualcosa che, nella maggior parte dei casi, sembra che vogliamo separare per una “difesa di un’obiettività assoluta.”
Pertanto, prima del lavoro scientifico, l’essere umano deve affrontare, in primo luogo, cosa sia la scienza e come funziona. Questo problema, sorvolato sempre dai trattati di filosofia, venne studiato all’inizio del XX° secolo. Il Circolo di Vienna degli anni ‘20 era costituito da un folto gruppo di scienziati e filosofi: costoro erano gli eredi della filosofia analitica di Wittgenstein e sostenevano un’unificazione del linguaggio scientifico. Tale linguaggio doveva essere libero da proposizioni non comprovati dall’esperienza, eliminando ogni possibilità di sviluppo di teorie e prevedendo solo quelle che potevano essere verificate nella realtà. Le verifiche successive davano luogo, successivamente, a delle teorie scientifiche. Si trattava, quindi, di un semplice processo induttivo: dal particolare al generale. Essendo il linguaggio della scienza alla base dello studio filosofico del Circolo di Vienna, non deve sorprendere che il suo obiettivo principale fosse il modo in cui le/gli scienziat* riferivano i loro risultati in forma di articoli o libri (Echeverria 1999). Per il Circolo di Vienna non era importante il modo in cui si era formata la scoperta scientifica, ma il suo risultato finale: la comunicazione. Ed era da qui che essi proponevano la sua unificazione al criterio scientifico.
Iniziava così l’emozionante avventura della filosofia della scienza, gemellando due conoscenze umane che dovevano camminare insieme. Il lavoro del Circolo di Vienna venne interrotto dalla crescita del fascismo in Austria e in tutta Europa. Tuttavia, il suo seme era rimasto in quello che divenne noto come Received View. (2)
La seconda pietra miliare importante nella filosofia della scienza è stata la pubblicazione nel 1934 della “Logica della scoperta scientifica” del filosofo Karl Raimund Popper. In questo lavoro, Popper criticava duramente la dimostrazione delle previsioni come funzione principale della scienza e proponeva questo: la scienza deve dimostrare che le previsioni sono false attraverso l’esperienza. Mentre una previsione o una teoria non può essere contraddetta, più previsioni possono risultare vittoriose e quindi più forti. Popper proponeva qualcosa che doveva essere preso in considerazione in ogni ricerca scientifica: confutare queste verità assolute attraverso la scienza. Basta una sola prova, in una determinata situazione, per la quale un ipotesi sia incapace di essere demolita.
Questo metodo venne chiamato “falsificazionismo. ”
Con il principio di falsificabilità, Popper era riuscito a sfuggire ai limiti del linguaggio scientifico imposto dal lavoro del Circolo di Vienna, costruendo, in alternativa, una teoria della struttura della scienza più ampia. In primo luogo, sottolineava l’importanza del problema del “criterio di demarcazione” su ciò che è scientifico e ciò che non lo è. Per Popper era chiaro: una teoria è scientifica se può essere falsificata e testata dall’esperienza; quanti più scenari coprono una teoria, quanti più pericoli possono abbattersi su di essa, maggiori informazioni sopra il mondo avrà.
E’ curioso che il falsificazionismo di Popper sottostà a strumenti statistici -attualmente utilizzati dalle scienze sperimentali-, per dimostrare i suoi risultati. Le analisi, spesso applicate ai dati ottenuti in un esperimento, sono costruiti sulla base di rifiutare una ipotesi, non di provarla! In essi si considera che l’ipotesi più probabilmente falsa sia improbabilmente vera. Così, se l’analisi ottiene un poco probabile risultato positivo, l’accettazione dell’ipotesi sarà più forte, perché sarà troppo poco possibile che l’analisi statistica sia capace di rilevare la sua importanza.
Nel 1962, il fisico e filosofo Thomas Samuel Kuhn aveva pubblicato “La struttura delle rivoluzioni scientifiche.” Questo lavoro rompe le barriere della logica che avevano fino ad allora gli studi sopra la filosofia della scienza, dando la sua dimensione sociologica e storica. In questo libro, Kuhn affermava che la scienza funzionava tramite grandi corpi teorici chiamati paradigmi. Questi paradigmi sono stati difesi a spada tratta da alcuni gruppi di scienziat*, i quali, durante il loro periodo di validità, non si erano dedicati a falsarli per mezzo del metodo di Popper, ma a verificarli in tutti gli ambiti a cui facevano riferimento. [Andando nello specifico] i paradigmi saranno incommensurabili tra loro quando si escluderanno a vicenda. All’apparire di un nuovo paradigma escludente con un altro in vigore, una lotta violenta sarebbe scoppiata tra i due gruppi, dando come risultato o la permanenza del vecchio paradigma e la morte del nuovo oppure la vittoria del nuovo paradigma e la morte del vecchio. In quest’ultimo caso, comincia una Rivoluzione Scientifica, causando un cambiamento di base nella visione del mondo e dei relativi problemi da risolvere, oltre che dei metodi da utilizzare da parte dei/delle scienziat*.
La teoria di Kuhn verrà ampiamente utilizzata nei decenni successivi, migliorando e perfezionando ulteriormente la sua struttura. Per esempio, il matematico e scienziato Imre Lakatos sostituì il paradigma con un concetto più ampio chiamato “programma di investigazione scientifica.” Tale programma ha un nucleo forte e una cintura attorno a esso, nel quale stanno tutte le assunzioni che non sono state testate dall’esperienza e di cui si sarebbe occupato nel difenderlo il gruppo scientifico.
Nel 1975, il filosofo Paul Feyerabend Karl aveva pubblicato il suo “Trattato contro il metodo,” in cui difendeva l’ “anarchismo epistemologico.” Molt* anarchic* di tutto il mondo avevano abbracciato questo lavoro, tanto che Feyerabend, nell’introduzione delle edizioni successive, spiegava che il concetto di “anarchismo epistemologico” non aveva nulla a che vedere con le teorie anarchiche sociali e preferiva presentarsi come un dadaista, per quanto riguardava la scienza, che come anarchico. Feyerabend criticava il razionalismo radicale applicato alla scienza. Affermava che la base della scienza è appunto l’irrazionalità, in cui l’applicazione dei principi non accettati o non vigenti erano fondamentali per poter avanzare. Feyerabend aveva chiamato questo metodo “Contrainduttivo”: stabilire non solo ipotesi razionali, ma anche assurde -ricorrendo ai miti-, riprendendo le teorie respinte dalla comunità scientifica. Feyerabend nel suo libro esplora numerosi e abbondanti esempi di questi casi nella storia della scienza; egli aveva dedicato particolare attenzione al lavoro di Galileo, il quale dovette elaborare le sue teorie -considerate come appartenenti alla mitologia secolare-, dimostrando la veridicità del movimento della terra intorno al sole. In realtà, da questi autori, la filosofia della scienza ha subito una grande frammentazione, molto probabilmente a causa della frammentazione che ha subito la scienza. Ora non si parla di scienza, ma di scienze; non si parla di metodo, ma di metodi. Sono diventati importanti gli studi etici nel campo della biologia, gli studi sopra la scienza e la tecnologia, gli studi sociologici della scienza, gli studi sulle donne e la scienza… In definitiva, tutta una vasta gamma su una questione che è tutt’altro che semplice. Alcuni addirittura mettono in discussione il significato della filosofia della scienza, sostenendo che la filosofia e la scienza sono incompatibili fra di loro.
Anarchismo e scienza
Come abbiamo visto, la scienza non è solo documentari sugli animali del Serengeti o la scoperta di una nuova stella o i libri di testo manipolati, banali e imbruttiti del sistema educativo.
C’è stato un tempo in cui la scienza non era una conoscenza umana parcellizzata ma era unita in stretta comunione con gli altri saperi. Era il tempo in cui un astronomo come Keplero si permetteva di trovare i modelli che collegavano le equazioni delle orbite dei pianeti con la musica o di un ragazzo in Italia che si dedicava sia a fabbricare macchine fantastiche osservando il movimento degli esseri viventi -cercando di svelare, allo stesso tempo, i misteri del corpo umano-, che a dipingere. Oggi si richiede ai/alle ricercatori/ricercatrici la specializzazione al massimo in una singola materia, ignorando non solo il resto della conoscenza umana, ma anche i progressi in altri settori molto vicini alle proprie discipline scientifiche. L’umanesimo che ha ispirato la ricerca scientifica dal mondo ellenico, è scomparso, lasciando il posto a una professionalità che risolva i problemi che riguardano lo Stato, l’esercito e le grandi aziende. Allo/alla scienziat* medi* non interessa svelare i misteri della natura e/o cercare la coesistenza tra essa e gli esseri umani, ma solo il voler ottenere -il più velocemente possibile-, un brevetto su un gene o una pubblicazione di un articolo su un’importante rivista scientifica (per questioni di prestigio) oppure la propria presenza all’interno della comunità scientifica, in modo da continuare ad ottenere i finanziamenti necessari per il proprio lavoro; si promuove la ricerca applicata piuttosto che quella di base; sono stati eliminate le relazioni tra analisi, ostacolando lo sviluppo di importanti teorie che cercano di spiegare il mondo che ci circonda. In breve, la tecnologia progredisce a discapito della scienza; l’uomo non viene “alimentato” e rimane bloccato nella riproduzione continua delle diverse sfumature che già sa.
D’altra parte, la scienza non ha alcun legame con la fonte che la ispira e la sostiene: la vita. Forse non l’ha mai avuto: fin dalla sua nascita avvenuta nel grembo della classe dei ricchi, il suo sviluppo è rimasto a questa classe, la quale gode con le opportunità economiche e temporanee di questa dimensione umana. La scienza, essendo un’astrazione della realtà, ottiene degli schemi che stanno in buona parte nella sua essenza: questo frutto del bene sociale trascina la ricerca scientifica all’isolarsi sempre più dalla vita. Questo è un ostacolo per il superamento basato sulla conoscenza dell’essere umano, poiché non vi è una vasta gamma di fenomeni, di variabili, di fattori generati dalla vita che la scienza, nel suo processo di astrazione, ignora. Anche il progresso sociale è influenzato dal divario tra la scienza e la vita, poichè il progresso scientifico raramente inverte, in modo reale, la popolazione o l’economia o la conoscenza. Una delle principali funzioni di un* scienziat*, dopo la comunicazione del suo lavoro alla comunità scientifica, dovrebbe essere quello di rendere disponibile alla società i risultati comprensibili e, al di là dei tecnicismi, utili per lo sviluppo quotidiano del suo lavoro. Allo stato attuale non vi è alcuna divulgazione effettiva. O per meglio dire: vi sono alcuni esempi degni di diffusione nella comunità scientifica, generate da poche persone con una visione umanistica della scienza, le quali:
-non sono in costante competizione con i loro colleghi;
-non credono che la divulgazione scientifica sia da premiare.
L’anarchismo classico affrontò la scienza in maniera secondaria, in quanto era necessario, fin da subito, gettare le basi della teoria sociale da sostenere e discutere sulle proposte del modello di gestione delle risorse naturali ed economiche. Ricordiamo che lo sviluppo della filosofia della scienza si sviluppò solo alcuni anni dopo la definizione di anarchismo -come teoria e pratica. Tuttavia, abbiamo trovato in Bakunin, nel suo “Dio e lo Stato,” un suo attacco al mito del Cristianesimo e al disegnare un contorno di una teoria della scienza e della sua gestione. Bakunin iniziava ad attaccare l’idea di una società governata dai cosiddetti “saggi,” vale a dire, da una tecnocrazia; più tardi stimò l’importanza dell’esistenza, all’interno di una società, di un gruppo di “saggi” o autorità nel campo della scienza. [Quel che sembra, in apparenza, una contraddizione, in realtà non lo è:] Bakunin ribaltava la presenza e l’influenza che hanno nella società queste autorità: l’accettazione sociale non sarà fatta tramite imposizione, ma con un atto di accettazione dell’individuo razionale. Questo perché Bakunin considerava impossibile il sapere assoluto, l’essere umano che sa tutto; era necessaria la divisione conoscitiva del lavoro. Bakunin stimava anche la forza liberatrice della scienza contro la superstizione e la dominazione. La scienza, per Bakunin, era una forza umanizzante che permetteva agli esseri umani di rompere le catene dell’origine animale. E, infine, Bakunin osservava come la scienza sia strettamente legata allo Stato, e di cui egli desiderava “mettere la scienza al suo posto,” abolendo la sua struttura gerarchica e la disconnessione dalla vita sociale.
Il principe e naturalista Petr Kropotkin, utilizzava una sorta di metodo scientifico per sostenere l’idea del sostegno reciproco. Riteneva che la scienza dovesse essere partecipativa dalla base, ovvero un’organizzazione popolare e collettiva del lavoro scientifico. Non considerava più l’esistenza di “saggi” o autorità nel campo della scienza, ma, al contrario, una partecipazione diretta ai lavori scientifici di tutta la società. Feyerabend, al contrario, era tornato all’idea del Bakunin de “La scienza in una società libera,” esortando che il ruolo della società, a prescindere dalla sua esperienza, sia quella della supervisione della scienza.
Ci è stato negato per troppo tempo la possibilità di decidere nel gestire la scienza e l’accesso ai suoi risultati; siamo stati derubati sia della produzione creata con le nostre mani che della gestione della ricchezza generata, oltre che delle decisioni sopra le nostre vite.
C’è un lavoro da fare, sia teorico che pratico, nello strappare dalle mani dei/delle potenti la gestione della scienza e metterlo nelle mani dei/delle loro legittim* proprietar*: l’umanità.
Bibliografia
Bakunin Michail, Dio e lo Stato.
Echeverría Javier, Introducción a la metodología de la ciencia.
Feyerabend Paul, Contro il metodo.
Kropotkin Petr, Il mutuo appoggio.
Kuhn Thomas Samuel, La struttura delle rivoluzioni scientifiche.
Popper Karl Raimund, Logica della scoperta scientifica.
Thorpe Charles e Welsh Ian, Beyond Primitivism: Towards a twenty-first Century Anarchist Theory and Praxis for Science and Technology. Anarchist Studies 16.
Libri consigliati
Coniglione Francesco, Popper addio. Dalla crisi della filosofia della scienza alla fine del logos occidentale.
Maturana Humberto e Varela Francisco, De máquinas y seres vivos, autopoiesis de la organización de lo vivo.
Lakatos Imre, La metodologia dei programmi di ricerca scientifici.
Lakatos Imre e Feyerabend Paul, Sull’orlo Della Scienza. Pro E Contro Il Metodo.
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Note
(1) Nel contesto presentato, parliamo di scienza olistica e non di olismo in senso generale. La scienza olistica è un modello di riferimento scientifico che raccoglie svariati approcci multidisciplinari; essa serve ad analizzare in maniera approfondita le parti di un sistema complesso, interessate da interazioni locali che cambiano la struttura della medesima.
(2) In “What Theories Are Not,” Hillary Putnam descrive la tesi del “Received View” come delle “teorie che debbono essere pensate come un “calcolo parzialmente interpretato” nel quale solo i “termini osservativi” sono “direttamente interpretati” (essendo i termini teorici solo “parzialmente interpretati” o, come anche anche si dice, “parzialmente compresi”).”