Dibattito sul Nicaragua: Precisazioni&Risposta

Articolo comparso su Umanità Nova, 17 Novembre 2019. Firmato Mauro de Agostini e LaHyena.

Precisazioni di Mauro de Agostini
Nell’articolo (per altri versi ottimo) di LaHyena, “Nicaragua-Cile La democrazia in azione” (Umanità Nova 31/2019) leggo alcune semplificazioni sul Nicaragua che richiedono di essere precisate.
“Con l’affermazione di Ortega Saavedra e del Frente Sandinista de Liberaciòn Nacional – scrive infatti LaHyena – nelle lezioni del novembre 1984, il Nicaragua ha avviato un processo di ripresa economica dopo i disastri provocati dalla dittatura dei Somoza”.
Un lettore poco attento o poco informato sulla storia di quel paese potrebbe pensare che il passaggio dalla dittatura all’attuale governo del FLSN sia avvenuto nel 1984. La realtà è però decisamente molto più complessa.
Il regime dittatoriale di Anastasio Somoza (ultimo esponente di una vera e propria dinastia) venne abbattuto da una rivoluzione popolare guidata dal FSLN nel lontano 1979. Il Frente Sandinista (che si richiamava nel nome al guerrigliero antimperialista Augusto Sandino, assassinato negli anni trenta del Novecento) una volta al potere avviò diverse riforme: una riforma agraria con la redistribuzione di parte dei latifondi, un ampio processo di alfabetizzazione, la riforma sanitaria.
Umanità Nova dell’epoca dà conto in diversi articoli delle contraddizioni di questa rivoluzione: da una parte un ampio consenso popolare, dall’altra una strutturazione verticistica del potere in cui tutte le decisioni erano assunte dal ristretto nucleo dei “Comandanti della Rivoluzione”. Ovvia l’ostilità delle classi dominanti e l’intervento degli USA che si impegnarono a fondo per abbattere il nuovo governo. Venne imposto l’embargo economico e finanziata una contro-guerriglia (i “Contras”). Altrettanto ovvio l’appoggio di Cuba al FSLN.
Dopo aver vinto alla grande le elezioni del 1984 il FSLN perse di misura le elezioni del 1990 vinte da una coalizione di partiti sostenuti dagli USA e guidata da Violeta Chamorro. Vale la pena di ricordare che la Chamorro, proprietaria del quotidiano La Prensa era vedova di un giornalista assassinato da Somoza ed aveva partecipato all’opposizione al dittatore, senza però condividere le tinte “socialisteggianti” del FSLN.
Ovviamente il nuovo governo si affrettò a smantellare le riforme sandiniste, aprendo il paese agli USA ed al capitale straniero. Arriviamo così alle elezioni del 2006 quando il FSLN, ora guidato dal solo Daniel Ortega Saavedra (ultimo rimasto degli antichi “Comandanti della Rivoluzione”) torna al potere.
Il FSLN del 2006 è però ben diverso da quel che era stato oltre venticinque anni prima! Ormai la sete di potere ha prevalso su tutto, i vecchi ideali sono stati accantonati, la lezione è stata ben appresa. Per rimanere al governo bisogna genuflettersi alla volontà degli Stati Uniti e del capitale internazionale.
Particolarmente vistosa la trasformazione di Ortega, da coraggioso guerrigliero a tirannello disposto a massacrare il suo stesso popolo pur di mantenersi al potere. Una trasformazione che non sorprende certo gli anarchici che l’hanno denunciata in centinaia di casi simili e che è la normale conseguenza della gestione del potere statale. Ormai, come ben ricorda LaHyena “Ortega y Somoza son la misma cosa”.

Risposta di LaHyena
Ringrazio Mauro per le precisazioni riportate nel suo breve articolo; spiegherò adesso alcuni passaggi che mi hanno portato a “semplificare determinate cose”,
Quando riporto che il FSLN e Ortega Saavedra avviarono un processo di ripresa economica, mi rifaccio in particolare ai dati economici – specie storici – riportati dal Fondo Monetario Internazionale (vedasi nota 3). Qualcuno – compreso Mauro – può storcere giustamente il naso per l’utilizzo di tale fonte. Però questi dati economici storici sono una mera indicazione del lavoro di ristrutturazione economica borghese dei tempi (cominciato con la Junta de Gobierno de Reconstrucción Nacional (1979-1985)).
Come scritto nella nota 11: “Il varo di leggi contro lo sciopero e di potenziamento dell’esercito (grazie ai contributi sovietici e cubani) servirono, ufficialmente, per impedire agli Stati Uniti di Reagan e i suoi alleati Contras di abbattere il governo democratico. In realtà questi leggi servirono per dare linfa vitale alla borghesia, anche a costo di passare sulle popolazioni native e sui/sulle lavoratori/lavoratrici.”
Le leggi che ho citato sono per la precisione la “Ley de Estado de Emergencia Economica y Social”[1] e la “Ley del Servicio Militar Patriòtico” (SMP) n. 1327 del 13 Settembre 1983.[2]
Questi due esempi servono a comprendere la virata che avevano preso non solo i sandinisti ma tutti quelli che erano dentro il governo di transizione. Una virata dettata dalle azioni dell’amministrazione Reagan e dei Contras nel destabilizzare il Nicaragua – e sottolineo “ovviamente” perché sarebbe da stupidi negare le azioni statunitensi – ma anche, ripeto, nel ricostruire l’economia di un territorio depredato e distrutto dalla famiglia Somoza in 40 anni di dominio. Le contraddizioni così manifestate – giusto per citare Mauro – vennero riportate su Umanità Nova e anche in giornali e riviste come Volontà (con un numero specifico nel 1985), Le Monde Libertaire, Courant Alternatif e Anarchismo Rivista.
Riguardo Umanità Nova, riporto quello che scrisse nel 1987 Xavier Melville (all’epoca membro del Gruppo Pierre Besnard di Parigi) nell’articolo “Effervescenza in Nicaragua. Speculazione e mercato nero spingono i lavoratori all’autoorganizzazione nelle città e sui posti di lavoro”:[3]
“(…) Il presidente Ortega ha indicato le posizioni del FSLN in campo economico per il 1987 in un incontro con gli organismi interessati (29 Gennaio). ‘Ci sono compagni che pensano che non c’è rivoluzione in Nicaragua perché esiste un settore privato. Per essi bisogna farla finita con i padroni e confiscare le proprietà di tutti i produttori privati, ma questa è una posizione equivoca, estremista (…) le rivoluzioni non si compiono meccanicamente. Noi facciamo una rivoluzione che corrisponde alla nostra specifica realtà. I padroni hanno le loro posizioni ed il diritto di esprimerle come stanno facendo oggi. Noi abbiamo stabilito nella Costituzione il pluralismo politico, l’economia mista e il non allineamento. Noi rispettiamo ciò e non per opportunismo. Se i problemi economici di questo paese si potessero risolvere con la semplice eliminazione dei produttori privati, noi lo avremmo fatto. (…)”
Alla luce di questo report di Melville sono passati solo 2 anni da quando Ortega Saavedra vinse le elezioni, confermando, insieme alle due leggi citate in precedenza, l’andazzo che vi era all’epoca ed è per questo che non mi trovo d’accordo su questo pezzo della precisazione di Mauro:
“Ma il FSLN del 2006 è ben diverso da quel che era stato oltre venticinque anni prima! Ormai la sete di potere ha prevalso su tutto, i vecchi ideali sono stati accantonati, la lezione è stata ben appresa. Per rimanere al governo bisogna genuflettersi alla volontà degli Stati Uniti e del capitale internazionale.”
Pur non avendo vissuto quel periodo storico – io sono nato nel 1986 – capisco come molti compagni, ai tempi, sostennero la lotta sandinista contro un regime clientelare, militare e familistico come quello dei Somoza – regime denunciato a più riprese ne L’Adunata dei Refrattari o in Solidaridad Obrera tra gli anni ’50 e ’60. Non cadiamo però nell’errore di credere che il FSLN si sia genuflesso al FMI e alla Banca Mondiale solo nel 2006; come ho mostrato, il FSLN prima dentro la Junta e dopo “in solitaria” al potere, ha semplicemente normalizzato e pacificato un territorio, dando qualche contentino (riforma agraria ed alfabetizzazione) passando sulla pelle di lavoratori, lavoratrici, popolazioni native (come i Miskitos), donne e soggettività non eterosessuali.

Note
[1] Link: http://legislacion.asamblea.gob.ni/normaweb.nsf/($All)/FF9D498D7D9C8A91062570A10057CDC4?OpenDocument
Come riportato dal giornale comunista internazionalista El proletario. Partido Comunista Internacional nell’articolo “Nicaragua. Prohibido el derecho de huelga” (numero 12, Settembre-Dicembre 1981, pagg. 1 e 3), si denunciava come l’Articolo 3 f della Ley de Estado de Emergencia Economica y Social impedisse lo sciopero e, quindi, tenesse al laccio i/le lavoratori/lavoratrici.
[2] Link: http://legislacion.asamblea.gob.ni/normaweb.nsf/($All)/4316A8EDC3B3CC37062570D50076E915?OpenDocument
[3] L’articolo apparve su Le Monde Libertaire e tradotto e pubblicato in italiano su Umanità Nova del 17 Maggio 1987.

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