Fritz Brupbacher, «Introduction à la “Confession” de Bakounine»/ Introduzione alla «Confessione»

Presentazione
La “Confessione” di Bakunin venne pubblicata nel 1921 a Mosca dopo che i bolscevichi trovarono il manoscritto dell’anarchico russo negli archivi imperiali zaristi.
Undici anni dopo, venne pubblicato per la prima volta dalle Éditions Rieder; il testo fu tradotto dal russo al francese da Paula Brupbacher-Rajgrodski, con l’introduzione di Fritz Brupbacher e le note di Max Nettlau.
Nel testo che presentiamo, Brupbacher si sofferma su considerazioni politico-filosofiche riguardanti Bakunin e se stesso.
Fin dall’inizio, Brupbacher nota come il nome di Bakunin sia sconosciuto alla maggior parte dei contemporanei nonostante sia stato più popolare rispetto al nome di Marx. Nel film “La grande guerra” di Monicelli del 1959, Giovanni Busacca -uno dei protagonisti interpretato da Vittorio Gassman-, durante l’addestramento, cita l’anarchico russo quando parla della guerra al privilegio e alle gerarchie.
Brupbacher teorizza che la scomparsa del nome “Bakunin” dal proletariato sia dovuto all’evoluzione della società e della grande industria, portando l’individuo a perdere la concezione di libertà:
“via via che si è sviluppata la grande industria è scomparsa nel proletariato l’aspirazione alla libertà, alla personalità; le tendenze libertarie e anarchiche del bakuninismo si sono via via cancellate, insieme al ricordo di Bakunin […] La grande industria ha ucciso la volontà di essere liberi; la schiavitù ha generato nei proletari la volontà di potere, non soltanto la volontà di esercitare il potere politico a spese della borghesia, ma la volontà di potere in se stesso, la sete di imporre il proprio potere su tutto ciò che ha aspetto umano”.
La perdita del senso di libertà nel proletariato moderno “ridiventerà attuale il giorno in cui l’uomo comincerà a trovare insopportabile il dispotismo borghese e il dispotismo proletario”. E “quando l’abbondanza di viveri ed altre ragioni faranno di nuovo ricomparire le individualità, la lotta riprenderà tra il principio del perinde ac cadaver e la volontà di essere se stesso e di essere libero. Questo momento verrà e la nostra epoca medievale – perchè non è questo un altro Medio Evo? – dovrà lasciare il posto ad una nuova cultura”.
I pezzi citati sono la volontà dell’autore nel definire la libertà dentro il socialismo rispetto alle osservanze dogmatiche ottuse, centraliste e autoritarie del Partito Comunista.
Riportando l’esternazione di Karl Radek alla lettura della Confessione di Bakunin (“Bakunin era in prigione: voleva naturalmente uscirne ed è evidente che egli aveva il diritto di adottare lo stile più adatto a questo scopo”), Brupbacher spiega, razionalmente, come questa non sia una forma di pentimento allo zar ma, anzi, un modo irriverente e apparente di pentimento per ottenere la liberazione pur mantenendo vivi i suoi ideali -gli esempi furono la lettera clandestina alla sorella Tatiana durante la prigionia e la vita di Bakunin dopo la fuga dalla Siberia.
Nella presentazione che fece il giornale anarchico svizzero Témoins (1953 — 1967), viene sottolineato come Brupbacher, da sempre critico alle derive autoritarie del “centralismo democratico” dei Partiti Comunisti, venne escluso dal Partito Comunista Svizzero con l’articolo “Fritz Brupbacher s’exclut lui-même” -apparso sul giornale comunista “Der Kämpfer”.
In Italia questa Introduzione venne pubblicata nel Numero 9 di Volontà del Marzo 1956 e divisa in due parti nei numeri 3 e 4 di Volontà del 1977.
Nel Gennaio del 1977, “La Fiaccola” pubblicò la versione tradotta della “Confessione” di Bakunin.

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